Bossi, meglio le elezioni che un governo tecnico. Berlusconi, tranquillo. Gli italiani, molto meno.
Domenica 1 Agosto 2010 alle 00:32 | 0 commenti
Secondo Umberto Bossi, segretario della Lega Nord, non c'é per ora il rischio che cada il governo, anche dopo il 'divorzio' tra il Pdl e Gianfranco Fini, ma il problema è spostato a settembre, dopo il guado estivo, che pure nel passato ha regalato all'Italia tanti 'governi balneari'.
"Il presidente della Repubblica - ha detto il senatur da tempo attento alle Istituzioni nazionali, che, pure, populisticamente, sembra osteggiare -, che è la chiave di volta, non manda adesso a elezioni. Il problema, magari, si pone a settembre ... Ad agosto staranno a trafficare per vedere come uccidere Berlusconi e a settembre scopriranno le carte. Cercheranno di dare la sfiducia a Berlusconi. Non staranno fermi e cercheranno di puntare su un governo tecnico".
Ipotesi a cui la Lega Nord si oppone: "Noi - ha detto Bossi dal palco di Colico in provincia di Lecco dove era presente per inaugurare una nuova sezione - preferiamo andare ad elezioni piuttosto che a un governo tecnico", che nascerebbe essenzialmente per "mettere mano alla legge elettorale, cercando di falsificare il più possibile il voto popolare. Ma la Lega fortunatamente ha qualcosa come 20 milioni di uomini pronti a battersi fino alla fine. Se non c'é democrazia nel paese, la riportiamo noi ... Milioni di uomini pronti a battersi per la libertà : ci muoveremo tutti assieme. Prima i dirigenti, poi io, poi gli altri. So che posso contare su di loro".
Sulla legge elettorale Bossi continua, però, a dimenticare la definizione, Porcellum, che ne diede il suo ideatore nonchè uomo della Lega Nord e ministro della Repubblica, Calderoli.
E' sul federalismo che, poi, Bossi è tornato dicendosi sicuro che col governo tecnico il federalismo non verrebbe attuato: "il federalismo ce lo dà Berlusconi o non ce lo dà nessuno. Tutti gli altri sono contro. Non penso che un governo tecnico ce lo darà ". Federalismo, la parola magica su cui tutti convergono e su cui pochi, sembra, che realmente lavorino salvo evocarlo, irresponsabilmente, come la panacea di tutti i mali.
Che Fini e Berlusconi siano arrivati alla rottura per Bossi non è una buona situazione: "Da una parte Fini stava limando la forza del Pdl con le sue uscite", però, ora bisogna verificare se la maggioranza ha i numeri per governare senza i finiani: "Dipende se abbiamo i numeri. Berlusconi è convinto che li abbiamo".
E Berlusconi? Secondo Rassegna.it "Grazie a questa scelta sofferta ma necessaria, siamo nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza. Abbiamo davanti tre anni nei quali, superate le emergenze e accantonate le polemiche inutili, ci dedicheremo con determinazione alle riforme". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi in un video messaggio ai promotori della libertà , che continua, però, a sapere tanto di spot propagandistico o pre elettorale.
Ma Berlusconi ribadisce: "Abbiamo i numeri per andare avanti, così come abbiamo ben chiaro il programma da completare e, grazie a questa scelta sofferta ma necessaria, siamo nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza".
In questo intento, se verrà realizzato, non può non trovare consensi generali un premier ora, però, sotto tiro non solo da parte di Fini e delle opposzioni, ma anche da parte di molti dei pidiellini. Sono in tanti ex azzurri e ex An a preparare le mosse per la successione a un leader, che, è nel senso comune, se dovesse venir meno porterebbe alla frantumazione di un partito troppo personalizzato come il PdL ed ora senza alternative alla sua guida, una volta uscito Fini. Eppure la coppia Fini Berlusconi era quelle preconizzata come formata dal futuro premier e dal prossimo Presidente della Repubblica, in base a logiche che, non basate su un minimo di ideali, ma su progetti 'spartitocratici', si sono dissolte nelle bufere delle leggi ad personam e delle differenti sensibilità istituzionali di un leader imprenditore e di un altro politico.
"Fini e quei deputati che l'hanno seguito - conclude il premier - hanno dimostrato di essere lontanissimi dalla nostra cultura liberale. Nello stesso tempo, con il pretesto del diritto di critica, un diritto scontato nel nostro movimento perché davvero non c'è altra compagine in cui sia più libera la discussione e la proposta, hanno cercato di riportare in vita i metodi peggiori della Prima Repubblica, dalla divisione in correnti fino alla mediazione continua che paralizza tutto, e hanno iniettato nel nostro movimento il virus della disgregazione". Tutto giusto, se veramente alle voci di critica si fosse dato uno spazio che non fosse quello, prima, del loro 'sputtanamemto', ora  del loro silenziamento in un partito-impresa in cui la voce del capo è, a priori, non quela più autorevole e di sintesi delle varie pulsioni di un vero partito liberal democratico ma quella predominate se non l'unica depositaria del verbo.Â
Fatto sta che in un momento in cui il Paese avrebbe bisogno di una guida certa e la più unita e larga possibile per trovare sbocchi alla crisi vera, che è quella economica, delle imprese, sociale e del lavoro, le pagine dei media continuano a doversi riempire di liti e beghe.
Sarebbe ora che chi governa si assumesse le sue responsabilità cessando di impegnare risorse mentali e non solo su battaglie che sanno di protezione della casta e di difesa del potere e del malaffare.
Se lo 'strappo' (suo o di Berlusconi, ora non importa) di Fini avrà un pregio è che ora si giocherà a carte scoperte e senza più alibi, per la maggioranza e per l'opposizione, ammesso (e questo è il dubbio peggiore) che entrambe esistano.
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