Bon ano, veneto mio: da Roberto Ciambetti
Martedi 1 Marzo 2011 alle 02:55 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Lega Nord - "Dio vi dia il bon dì" disse il vecchio colto di sorpresa nel vedere dinnanzi a sé quella ragazza. "Bon dì e bon ano", rispose la fanciulla chiedendo poi "dove steo n'dando bon omo"? Si era nella mattina del 9 marzo del 1510 nei pressi delle mura di Motta di Livenza, laddove l'anziano popolano Giovanni Cigana era solito andare a pregare al capitello della Vergine Maria. Inizia così la narrazione popolare tramandata di quel miracoloso incontro tra la Madonna e un popolano.Â
Parole semplici, "Bon dì e bon anno" sui quali vorrei farvi riflettere: si era nel pieno della Guerra di Cambrai e il Veneto di terraferma era ferito e devastato dagli Imperiali, per cui quella visione era chiaramente segno di Rinascita e speranza, legati appunto all'inizio dell'anno che all'epoca ricorreva al primo di Marzo. Ancora è la speranza ad essere fissata nel miracoloso tramonto che Maria aveva assicurato a Giovanni a dimostrazione della veridicità del loro incontro, un tramonto rosso sangue mai visto sino ad allora, chiaro segno di presagio: "pareva che fusse sta butà su el sangue con la palla" si legge nelle testimonianze di chi assistette all'evento. Un tramonto rosso, appunto segnale di tempi migliori, ma macchiato si sangue, quasi a voler preannunciare anche il dolore di quegli anni sconvolgenti. Ma sul dolore prevale comunque la speranza, la rinascita: il nuovo anno che avanza.
Il culto per Maria, a Venezia e nel Veneto era, com'è ancor oggi, radicatissimo: prima ancora che a Motta di Livenza, la Madonna era apparsa a donna Vicenza Pasini a Monte Berico, a Vicenza, il 7 marzo del 1426, anche in quell'occasione, un periodo tragico anche in quell'occasione e anche in quell'occasione la visita della Vergine coincide con la promessa di Rinascita e la riconquista della speranza, coincide con l'inizio dell'anno.
Sottolineo la coincidenza tra il Capodanno Veneto e la figura mariana, carica di speranza e genitrice di vita che ci riporta a riti antichi ancor oggi presenti e vissuti nella Terraferma, dallo Schella Marz cimbro dell'Altipiano dei Sette Comuni al Ciamar Marso recoaerese, con le notti dei fuochi della Pedemontana, lungo quell'antico itinerario del "Chalandamarz" che ci porta nelle Alpi sino al cuore europeo e che tende a confluire, e a confondersi in alcuni casi, in alcuni riti del Carnevale. Si tratta di feste tipiche del rinnovamento, con precise cadenze e presenze: i demoni, le anime dei morti, i riti propiziatori, il coinvolgimento collettivo, il rumore, il fuoco con il momento centrale della festa che vede l'eliminazione del male e il preparare la strada agli eventi favorevoli e, possibilmente fausti, del nuovo che avanza, come già , a gennaio, avevano indicato i roghi del Pan e Vin trevigiani e veneziani.
Vita, speranza, rinnovamento, primavera e nascita dell'anno: il tutto, grazie alla straordinaria immagine della Vergine, si carica di mistero e ci riporta all'antico mito di Venere, personificazione della grande dea del Mediterraneo e tramite essa ai cicli naturali della vita.
Nel calendario Veneto che inizia a Marzo confluisce una straordinaria ricchezza, una sapienza per molti aspetti commovente, un legame potente con la natura, le sue forze, la sua armonia e bellezza, sintetizzate appunto dalla figura della Vergine-Dea Madre. Dietro quel "Bon anno" di mariana memoria, detto in Veneto e vissuto nel Veneto con la forza di chi è legato ai riti (e non a caso qui persiste appunto il Calendimarzo mentre il carnevale è ancor oggi festa di popolo) batte il cuore del mistero, quando il mistero si fa storia e si rinnova chiedendo a ciascuno di noi di continuare, nel suo impegno quotidiano, questo percorso, tramandandolo alle generazioni future, con sincerità e amore. Lo stesso amore semplice ma intenso con cui Maria saluta Giovanni Cigana perpetuando così l'enigma arcano che chiamiamo vita e che oggi rinasce. Viviamo anni difficili, il periodo storico è drammatico, ma non abbiamo paura: bon ano, Veneto mio.
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