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Bankitalia: in Banca Popolare di Vicenza 7 ispezioni in 10 anni
Martedi 27 Ottobre 2015 alle 20:35 | 0 commenti
Via Nazionale ha pubblicato oggi cinque pagine di “Chiarimenti sulla Banca Popolare di Vicenzaâ€. Si legge che il regolatore ha sempre contestato il prezzo troppo alto delle azioni fissato in assemblea (ma non aveva il potere di abbassarlo) e che scoprire le irregolarità sul computo a patrimonio delle azioni acquistate da clienti finanziati non era facile.
Non sciolgono i dubbi su tutti i punti oscuri e non entrano molto nei dettagli i “Chiarimenti sulla Banca Popolare di Vicenza†pubblicati oggi dalla Banca d’Italia, che sull’argomento si è sentita «più volte chiamata in causa nel dibattito pubblico, sulla base di presupposti sbagliati o di malintesi». Su due punti però la replica di Palazzo Koch agli attacchi è chiara: via Nazionale sostiene di non avere mai avallato il prezzo stratosferico delle azioni fissato in assemblea, affermando all’opposto di avere contestato a BpVi la mancanza di consulenze esterne «fin dal 2001» (su questo tema del prezzo delle azioni Bankitalia afferma pure di non aver avuto i poteri per censurare nel merito le valutazioni gonfiate, potendo muovere soltanto rilievi sul metodo), e la vendita di azioni proprie ai clienti «non è vietata».
I finanziamenti che possono essere accordati da una banca a un cliente in coincidenza con l’acquisto da parte sua di azioni della banca stessa – dice il regolatore – sono legittimi se autorizzati dall’assemblea straordinaria». «Il punto – prosegue Bankitalia – è un altro: le azioni acquistate grazie a un finanziamento della stessa banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Così stabiliscono specifiche regole prudenziali. La ragione è evidente: il patrimonio è considerato da quelle regole come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; esso deve essere quindi costituito da risorse vere, non a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito». Ecco perché dopo le ispezioni più recenti, l’ad Francesco Iorio ha dovuto scomputare dal patrimonio i famosi 975 milioni di euro.
Nelle cinque paginette di “Chiarimenti†pubblicate oggi, Bankitalia dice in sostanza di avere svolto il proprio compito fino in fondo, ma di non aver potuto evitare il patatrac degli ultimi mesi a causa delle vecchie norme (troppo blande a quel che si capisce, e che non a caso ora sono state superate da quelle più severe imposte dal sistema bancario unico europeo), e per l’ostacolo alla vigilanza attuato dal vecchio management di BpVi: quest’accusa non è esplicita ma oltre a far parte dei rilievi mossi dalla procura di Vicenza agli indagati, è la conseguenza logica di alcuni punti su cui si soffermano i “Chiarimentiâ€.
«Nel 2014 – scrive infatti Bankitalia – emerse da varie evidenze che la BPV acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l’autorizzazione alla Vigilanza». Poco prima il documento spiega che l’autorizzazione fino al 2013 andava chiesta se il riacquisto superava il 5% del capitale, mentre dal primo gennaio 2014 va chiesta in ogni caso. «In quella fase – prosegue la nota – eravamo impegnati nell’esercizio di comprehensive assessment e ci preparavamo al passaggio al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) europeo, che ha avuto avvio a novembre 2014. D’intesa con le nuove strutture europee di vigilanza, inserimmo tra gli obiettivi di una ispezione programmata per l’inizio del 2015 la verifica delle modalità di negoziazione delle azioni proprie».
La verifica però portò alla luce una sorpresa: «L’ispezione in loco – spiega via Nazionale – rivelò come la BPV non avesse dedotto per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa BPV ai sottoscrittori delle sue azioni senza comunicarli alla Vigilanza.  Va considerato che qualora una banca non effettui le segnalazioni prescritte dalla legge, il legame fra l’acquisto di un’azione e un finanziamento ricevuto a fronte di esso non è rilevabile su base cartolare (ossia con verifiche “a distanzaâ€); solo un’ispezione in loco, e solo se mirata, può rivelarlo».
Ma mandare gli ispettori negli uffici a volte non basta: «Peraltro – prosegue Palazzo Koch – ispezioni della Banca d’Italia sul rischio di credito della BPV non avevano fatto emergere finanziamenti irregolari per l’acquisto di azioni. Ciò è da attribuire al fatto che, in linea con le prassi di vigilanza, nelle ispezioni sul rischio di credito delle banche ci si concentra – spiega Bankitalia – su un campione di clienti in peggiori condizioni, mentre finanziamenti quali quelli concessi da BPV per l’acquisto di azioni proprie e non segnalati alla Banca d’Italia si riferiscono, di norma, a clienti con positivo merito creditizio». Insomma: non era facile per gli ispettori accorgersi del trucco se il management della banca taceva informazioni che invece avrebbe dovuto dare.
La conclusione di Bankitalia è che «Negli anni, BPV è stata sottoposta dalla Banca d’Italia a un’intensa attività di vigilanza, anche mediante numerose ispezioni (sette nell’ultimo decennio) che hanno riguardato vari aspetti, tra cui l’area finanza, l’area credito, la trasparenza e l’antiriciclaggio. Diversi problemi sono stati risolti, senza che la Vigilanza potesse darne pubblica evidenza, in ossequio alle norme vigenti sul segreto d’ufficio. Per un periodo la Banca d’Italia ha anche adottato nei confronti della BPV misure restrittive relative alla dotazione patrimoniale e alla struttura del gruppo. Negli ultimi anni – conclude il documento – la banca ha posto all’attenzione della Vigilanza numerose ipotesi di acquisizione di altre banche, ma nessuna di esse ha avuto corso».
Non solo: secondo Bankitalia il lungo lavoro ispettivo sta ora portando i suoi frutti. «Il risultato dell’ispezione di quest’anno presso BPV e le conseguenti decisioni del Consiglio di Vigilanza del MVU – dice via Nazionale – hanno imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. L’alta dirigenza di BPV è stata rinnovata. La banca ha recentemente deliberato la trasformazione in S.p.A., un aumento di capitale e la quotazione delle azioni; ciò assicurerà trasparenza alla formazione del prezzo e liquidità all’investimento in azioni». La distruzione di ricchezza per chi ha acquistato a 62,5 euro azioni che prezzeranno – così si calcola – tra i 10 e i 15 euro non è oggetto specifico di chiarimento. La nota infatti elenca le molteplici ispezioni (2001, 2007-8, 2009) in cui Bankitalia mosse rilievi sul valore troppo alto, ma intervenire in modo più incisivo pare non fosse possibile: «La Vigilanza – si legge – non ha un potere diretto di determinazione del prezzo» delle azioni. Al netto dei temi non affrontati la replica di Bankitalia agli attacchi è perciò chiara, ma la duplice tesi “Avevo le mani legate†e “Mi nascondevano la marmellata†difficilmente estinguerà le polemiche.Â
Nelle cinque paginette di “Chiarimenti†pubblicate oggi, Bankitalia dice in sostanza di avere svolto il proprio compito fino in fondo, ma di non aver potuto evitare il patatrac degli ultimi mesi a causa delle vecchie norme (troppo blande a quel che si capisce, e che non a caso ora sono state superate da quelle più severe imposte dal sistema bancario unico europeo), e per l’ostacolo alla vigilanza attuato dal vecchio management di BpVi: quest’accusa non è esplicita ma oltre a far parte dei rilievi mossi dalla procura di Vicenza agli indagati, è la conseguenza logica di alcuni punti su cui si soffermano i “Chiarimentiâ€.
«Nel 2014 – scrive infatti Bankitalia – emerse da varie evidenze che la BPV acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l’autorizzazione alla Vigilanza». Poco prima il documento spiega che l’autorizzazione fino al 2013 andava chiesta se il riacquisto superava il 5% del capitale, mentre dal primo gennaio 2014 va chiesta in ogni caso. «In quella fase – prosegue la nota – eravamo impegnati nell’esercizio di comprehensive assessment e ci preparavamo al passaggio al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) europeo, che ha avuto avvio a novembre 2014. D’intesa con le nuove strutture europee di vigilanza, inserimmo tra gli obiettivi di una ispezione programmata per l’inizio del 2015 la verifica delle modalità di negoziazione delle azioni proprie».
La verifica però portò alla luce una sorpresa: «L’ispezione in loco – spiega via Nazionale – rivelò come la BPV non avesse dedotto per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa BPV ai sottoscrittori delle sue azioni senza comunicarli alla Vigilanza.  Va considerato che qualora una banca non effettui le segnalazioni prescritte dalla legge, il legame fra l’acquisto di un’azione e un finanziamento ricevuto a fronte di esso non è rilevabile su base cartolare (ossia con verifiche “a distanzaâ€); solo un’ispezione in loco, e solo se mirata, può rivelarlo».
Ma mandare gli ispettori negli uffici a volte non basta: «Peraltro – prosegue Palazzo Koch – ispezioni della Banca d’Italia sul rischio di credito della BPV non avevano fatto emergere finanziamenti irregolari per l’acquisto di azioni. Ciò è da attribuire al fatto che, in linea con le prassi di vigilanza, nelle ispezioni sul rischio di credito delle banche ci si concentra – spiega Bankitalia – su un campione di clienti in peggiori condizioni, mentre finanziamenti quali quelli concessi da BPV per l’acquisto di azioni proprie e non segnalati alla Banca d’Italia si riferiscono, di norma, a clienti con positivo merito creditizio». Insomma: non era facile per gli ispettori accorgersi del trucco se il management della banca taceva informazioni che invece avrebbe dovuto dare.
La conclusione di Bankitalia è che «Negli anni, BPV è stata sottoposta dalla Banca d’Italia a un’intensa attività di vigilanza, anche mediante numerose ispezioni (sette nell’ultimo decennio) che hanno riguardato vari aspetti, tra cui l’area finanza, l’area credito, la trasparenza e l’antiriciclaggio. Diversi problemi sono stati risolti, senza che la Vigilanza potesse darne pubblica evidenza, in ossequio alle norme vigenti sul segreto d’ufficio. Per un periodo la Banca d’Italia ha anche adottato nei confronti della BPV misure restrittive relative alla dotazione patrimoniale e alla struttura del gruppo. Negli ultimi anni – conclude il documento – la banca ha posto all’attenzione della Vigilanza numerose ipotesi di acquisizione di altre banche, ma nessuna di esse ha avuto corso».
Non solo: secondo Bankitalia il lungo lavoro ispettivo sta ora portando i suoi frutti. «Il risultato dell’ispezione di quest’anno presso BPV e le conseguenti decisioni del Consiglio di Vigilanza del MVU – dice via Nazionale – hanno imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. L’alta dirigenza di BPV è stata rinnovata. La banca ha recentemente deliberato la trasformazione in S.p.A., un aumento di capitale e la quotazione delle azioni; ciò assicurerà trasparenza alla formazione del prezzo e liquidità all’investimento in azioni». La distruzione di ricchezza per chi ha acquistato a 62,5 euro azioni che prezzeranno – così si calcola – tra i 10 e i 15 euro non è oggetto specifico di chiarimento. La nota infatti elenca le molteplici ispezioni (2001, 2007-8, 2009) in cui Bankitalia mosse rilievi sul valore troppo alto, ma intervenire in modo più incisivo pare non fosse possibile: «La Vigilanza – si legge – non ha un potere diretto di determinazione del prezzo» delle azioni. Al netto dei temi non affrontati la replica di Bankitalia agli attacchi è perciò chiara, ma la duplice tesi “Avevo le mani legate†e “Mi nascondevano la marmellata†difficilmente estinguerà le polemiche.Â
di Davide Pyriochos da VeneziePost
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