Banco-Bpm a caccia di clienti a Vicenza. Pier Francesco Saviotti: in Veneto c’è già un’attività di crescita strutturale, saremo aggressivi
Martedi 17 Maggio 2016 alle 08:26 | 0 commenti
 
				
		«Non abbiamo fissato obiettivi. Ma ci dedicheremo con aggressività al Veneto». La partenza è l’attuale quota di mercato del 9,5% del Banco, terza forza in regione, con 299 filiali, 151 delle quali nel Veronese. Ed è evidente che il rafforzamento nel cuore del Nordest è tra le leve centrali del terzo polo bancario italiano che nasce dalla fusione Banco Popolare-Banca Popolare di Milano, per crescere e creare gli 1,1 miliardi di euro di utile netto promesso nel 2019. Il tema emerge alla presentazione, ieri a Milano, del piano industriale al 2019 - licenziato sabato dal tavolo sulla fusione e approvato ieri dai due cda - del colosso che nascerà a ottobre, con le ultime assemblee dei soci delle due popolari, che vareranno passaggio a spa e fusione.
L’obiettivo, al Nord, è giocarsela con Intesa e  Unicredit, rispettando la consegna dell’amministratore delegato di Bpm e  della futura banca, Giuseppe Castagna: «Non faremo i terzi, la  competizione sarà con i primi, sui ricavi».   A partire dal  Veneto, dove Banco-Bpm sfrutterà gli spazi aperti dalle difficoltà di  Bpvi e Veneto Banca. Il lavoro è già iniziato: «In Veneto - dice l’Ad  del Banco, Pier Francesco Saviotti - c’è già  un’attività di crescita  strutturale. Saremo aggressivi».  E se la rete in Veneto, dove non ci  sono sovrapposizioni, non dovrebbe esser granché toccata, oltre quanto  già previsto dal Banco, dal taglio di 335 filiali in 4 anni (da 2.417 a  2.082,  con risparmi per 110 milioni, potendo  scendere a 1.700-1.800,  se il Web  accelererà) e dai 1.800 prepensionamenti volontari  (da cui  arriveranno risparmi per 170 milioni), gli sviluppi passeranno non per  nuovi sportelli, ma per il rafforzamento delle task force di  acquisizione clienti su Vicenza, Padova e Montebelluna. Un centinaio di  persone già al lavoro, per portare a casa imprese e clienti affluent ,  con patrimoni  tra 50 mila e un milione di euro. «Risultati già  interessanti», dice a margine il condirettore del Banco, Domenico De  Angelis. 
Per il resto, se il nome del terzo polo non è ancora  scelto, la nuova banca, da quanto visto ieri, ruota su alcuni  punti-chiave. Con il prologo dell’uscita dalla prima linea di Saviotti,  che ieri ha lasciato la scena a Castagna e al futuro direttore generale  Maurizio Faroni, in un primo  passaggio di consegne. «Manterrò il mio  ruolo fino alla fine  - dice Saviotti -. Ma nel costruire il piano  industriale ho chiesto a Faroni di prendere la guida per il Banco,  perché i top manager si conoscessero».  
Poi il piano industriale,  con il quasi raddoppio  dell’utile netto, dai 593 milioni 2015 ai 1.070  2019, per il 40% in dividendi. Saviotti e Castagna non dicono in che  anno si vedranno. E replicano all’impressione di un dato deludente: «Il  40% non è indifferente per una banca nuova», dice il primo. Pur se la  Borsa ha premiato il piano, con un rialzo  del 3% per il Banco, a 4,6  euro, il dato però è in discesa rispetto al +9,35%  prima che i dettagli  fossero svelati.  Castagna lo definisce «serio, solido, ambizioso. Non  ci siamo fatti trasportare dagli eventi o da impressioni superficiali.  Questa fusione non nasce per caso, è un’opportunità fortemente voluta».  
Il  piano parte da un forte lavoro sugli accantonamenti sui crediti, punta  in 4 anni a vendere 8-10 miliardi di  deteriorati, anche con una task  force di 350 persone. Ma poi ci sono 460 milioni di sinergie, pur se i  costi della fusione saranno di 480,  con risparmi di costo per 320  milioni e sinergie per 138 sui ricavi, specializzando Akros sul  corporate  e Aletti  sul private . 
Il percorso va avanti. Il  primo atto sarà l’aumento di capitale del Banco: Saviotti punta a  chiuderlo entro metà giugno (in sovrapposizione a Veneto Banca): «Non  vorrei esser tacciato di superficialità, ma sono tranquillo». Mentre,  sulle ulteriori fusioni, Banco-Bpm vuol più essere un esempio,   che  giocare la partita: «Il mercato è in  fermento - dice Castagna -.  Speriamo che emergano altre aggregazioni Ma oggi siamo molto concentrati  sul nostro piano». Se Vicenza e Veneto Banca speravano in un aiuto, non  potrà venire dal terzo polo. 
 Di Federico Nicoletti, dal Corriere del Veneto
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