Banco Tre Venezie, avanza l’espansione: tra Verona e Vicenza raccolti 70 milioni
Venerdi 19 Agosto 2016 alle 09:54 | 0 commenti
Realtà tutta in controtendenza la spa nata a Padova, che ha trovato il suo percorso di crescita, mentre il Veneto fa i conti con la crisi epocale delle sue banche. «In questa regione - sostiene il direttore generale, Fabrizio Tofanelli - ci sono spazi enormi di crescita, identificando aree precise di business in cui operare».
Così, dopo aver superato bene l’ispezione di Banca d’Italia a fine anno, il Tre Venezie, con 60 dipendenti, ha chiuso il 2015 aumentando del 12% le commissioni nette, a 1,7 milioni, e persino del 28% il margine d’interesse, a 9 milioni di euro, pur se i conti sono penalizzati da un margine di intermediazione che scende da 24,3 a 17,3 milioni di euro, anche per ricavi non ricorrenti nel 2014 di 15,7 milioni, a fronte di 6,5 del 2015, e rettifiche sui crediti di 7,3 milioni. L’utile d’esercizio è di 1,3 milioni di euro (6,2 l’anno precedente).
Il cammino di crescita non si arresta. La raccolta diretta, dai 509 milioni di fine 2015 è salito a 542 a fine giugno, +6,4%, e a 596 a fine luglio, +10% in un solo mese, ben oltre i 40 milioni in più preventivati per l’anno. Sul fronte impieghi, per il 75% di medio-lungo termine, il dato di fine 2015, 333 milioni, è salito a 356 a fine giugno, +6,9%, e a 363 a luglio, +9% in sette mesi, già vicino ai 378 milioni stimati per il 2016. La progressione si è tradotta nell’apertura di 500 nuove posizioni in sei mesi, rispetto alle 2.004 di fine 2015. Frutto, oltre le piazze consolidate (a Treviso la filiale realizza 138 milioni di raccolta e 108 di impieghi, a Mestre 170 e 54), della rapidità con cui crescono le nuove filiali, già a break-even. Vicenza, aperta da meno di un anno e mezzo in Corso Palladio, realizza già 60 milioni di raccolta diretta e 54 di impieghi, Verona, aperta a gennaio in vicolo Ghiaia, è già a 11 di raccolta e 21 di impieghi. Il trend di utile netto nella semestrale è già vicino al milione di euro.
Cammino che il Tre Venezie ha ora tradotto in un piano industriale 2016-’18, che vede i prestiti salire a 450 milioni nel 2017 e a 520 nel 2018, mentre la raccolta diretta viene collocata a 599 e 644 milioni. È su queste basi che la banca ha impostato un aumento di capitale da 22 milioni di euro. Niente ancora di approvato, ma l’idea è di attuare un aumento scindibile in due tranche da 11 milioni ciascuna, da chiamare, se necessarie, nel 2017 e 2018. «Con una dotazione patrimoniale pari al 14,1% sull’indice Cet1, una riserva di 200 milioni e crediti in sofferenza accantonati per il 50% - aggiunge il direttore generale -, pensiamo a un aumento di capitale certo non per coprire perdite, ma per sostenere con più tranquillità i nostri piani di crescita. Pensiamo di poter chiudere l’operazione senza problemi».
Intanto arriva al passaggio decisivo l’altro snodo cruciale. Novo Banco, il colosso bancario portoghese nato sulle ceneri del Banco Espirito Santo, nazionalizzato dopo il default di due anni fa («vicenda che non ci ha toccato - specifica Tofanelli - non avendo, oltre la loro partecipazione societaria, né noi esposizioni nei loro confronti né loro fondi qui») è stato obbligato dallo Stato a vendere le partecipazioni non strategiche. Tra queste anche il 23% in Banco Tre Venezie.
La vendita della partecipazione (valutata tra i 14 e i 15 milioni, con un capitale della banca di 44 milioni e un patrimonio di 52) è destinata a movimentare l’assetto proprietario del Tre Venezie. Sia che avvenga entro fine anno, entro le regole del patto di sindacato, con le prelazioni offerte a Cassa Cento e poi agli altri soci (con il nodo, per il partner ferrarese, di superare la soglia del 30% che obbligherebbe a costituirsi in gruppo bancario), trovando un equilibrio rinnovato entro i vecchi confini. Sia che la vendita vada a dama a schema libero, una volta scaduto a fine anno il patto. Di certo fuori dalla porta, si capisce a Padova, quel che non manca è l’interesse di fondi istituzionali, banche e assicurazioni, sia italiani che stranieri, di metter piede in un’iniziativa bancaria che funziona in un’area appetibile. «L’importante è che funzioni il modello di business - chiude Tofanelli -. E semmai di cosa fare insieme con il nuovo partner, per poterci rafforzare sui nostri fronti propri dei servizi alle imprese, specie sull’estero, e della gestione dei patrimoni».
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