Banche, mina scadenze fiscali da 70 miliardi: prelievi correntisti drenano la liquidità degli istituti più a rischio come Mps, BPVI e Veneto Banca
Mercoledi 30 Novembre 2016 alle 08:57 | 0 commenti
				
		
		di Andrea Greco, da la Repubblica
Inizia un dicembre molto delicato per la liquidità delle banche italiane più fragili: che per non fare nomi nuovi sono Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, le quattro "good bank" e le Casse di Cesena e Rimini; tutte chi più chi meno con piani di salvataggio in corso. Detto che la liquidità è quasi sempre la vera e sola ragione per cui una banca chiude bottega (alle carenze patrimoniali ci sono vari rimedi, ben pochi invece quando i flussi si asciugano per mancanza di fiducia dei depositanti), ci sono un fattore stagionale e uno contingente che in queste ore mettono sul chi vive alcuni banchieri e la vigilanza. Il motivo stagionale sono i "riversamenti fiscali": novembre e dicembre sono i mesi in cui più alti sono i deflussi dai conti correnti per onorare le scadenze fiscali.		
Tra Iva, acconti Irpef, Irap, Ires, addizionali Irpef e ritenute di  imposta la Cgia di Mestre ha stimato che l'erario incasserà 55,3  miliardi di euro solo a novembre; nel mese che inizia invece la prima  voce è rappresentata dalle tasse sulla casa, che con il saldo di Tasi e  Imu l'anno scorso hanno portato al fisco 13 miliardi. Una cifra di circa  70 miliardi che generalmente aziende e privati ritirano dai loro  depositi: ma in questi giorni ci sono banchieri che vedono i denari per  il fisco involarsi dagli istituti considerati più fragili, salvo poi non  essere ricostituiti.
A Siena, Vicenza, Montebelluna e altrove  nessuno ha voglia di parlare di liquidità: un vero tabù nel mondo  bancario, specie nelle fasi calde. Basta guardare le politiche  commerciali di questi istituti per capire che da mesi tengono a bada il  rischio liquidità strapagando la raccolta. Così è per le quattro good  banks e Widiba (Mps), mentre Vicenza ha anche aumentato repo,  cartolarizzazioni e consegna di crediti presso la Bce in cambio di  contanti. Dietro le quinte i movimenti degli ultimi giorni, pure  rilevanti, non destano particolare preoccupazione, e non hanno alterato  né l'eccesso di liquidità del sistema monetario italiano - attorno ai  1.150 miliardi oggi - né i tassi a brevissimo, incollati sul minimo  stabilito dalla Bce per il parcheggio notturno di fondi (-0,40%). E qui  veniamo al secondo fattore, contingente. La liquidità nel sistema sale  perché l'esito del referendum di domenica è considerato un bivio tra la  turbolenza e stabilità. Nelle analisi, ormai giornaliere, dei flussi che  le banche più esposte ai rischi di liquidità compiono, si notano i  denti di sega legati ai riversamenti fiscali, ma ciò che preoccupa è  come fronteggiare l'eventuale choc sui mercati che la vittoria del no e  la caduta del governo dovrebbero produrre. Si mormora che in tutte le  banche fragili siano da tempo predisposti piani di emergenza: il  problema è che questi dipendono dalla «stabilità finanziaria del  sistema» ossia da uno spread sul Btp, un rating paese e un mercato  interbancario sotto controllo e funzionanti. Da lunedì le cose  potrebbero mettersi diversamente: cosa sarebbe di quei piani? Nessun  banchiere cita la famigerata Ela, la linea urgente di liquidità curata  dalla Bce che per mesi ha puntellato le banche greche; da capire se per  scaramanzia o perché l'ipotesi è troppo remota.
Dove si lotta con più  furore è a Siena, dove una squadra di banche d'affari cerca di  convincere gli obbligazionisti subordinati a consegnare almeno un  miliardo dei 4,2 cui sono offerte in cambio azioni fino a venerdì.  L'azione, sempre irrequieta, ieri ha recuperato un 17,46% tornando a  20,25 euro. Oggi il cda Mps deciderà se estendere la conversione anche  al bond Fresh 2008 da un miliardo, che farebbe crescere le nuove azioni e  ridurre l'aumento sul mercato.
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