Armiamoci e partite: dall'ISIS ci possono difendere le mafie. O la Base Usa?
Domenica 1 Marzo 2015 alle 00:24 | 0 commenti
ISIS è alla porte. Quelle scardinate delle nostre coste su cui quotidianamente approdano, ormai inarrestabili, i barconi carichi di immigrati in fuga dalla guerra e dalla fame. Bande di disperati in cui si potrebbero annidare, stante la precarietà dei controlli, le avanguardie terroristiche del Califfato Nero. Una minaccia concreta ed imminente su cui il nostro eterogeneo Governo, in persona del suo Ministro degli Esteri Gentiloni, interviene con la roboante retorica dei suoi plurali maiestatis, tuonando che "siamo pronti a combattere!"
Anche se, come, quando, con e contro chi, non ci è consentito al momento comprendere, salvo che tale ennesima emergenza nazionale verrà rimessa alla solita maniera dell' "armiamoci e partite", al sangue residuo del nostro popolo, già annientato dai letali ed esclusivi sacrifici imposti dalla crisi. Una risolutezza che, tra l'altro, non appare molto credibile, considerata la dissestata situazione in cui versano le nostre Forze Armate, a causa dei tagli ad armamenti, mezzi e personale, operati a loro carico in questi ultimi anni, e soprattutto in ragione delle comprovate incapacità strategiche dei nostri condottieri governativi, che sebbene dopo tre anni non siano ancora riusciti a risolvere la vergognosa vicenda dei nostri due Marò del San Marco sequestrati in India, ora vorrebbero fare la guerra alle legioni di tagliagole dell'Isis. Un nemico a cui ci potremmo contrapporre più efficacemente solo facendo ricorso ai killer professionisti dei califfati criminali nostrani - Mafia, Camorra, 'Ndrangheta ed ex Sacra Corona Riunita - con cui, a questo punto, c'è da auspicarsi, che lo Stato appronti un "nuovo" patto di mutuo soccorso, possibilmente d'interesse più collettivo...
In alternativa, infatti, per fermare il ritorno del Feroce Saladino, non ci resterebbe che sperare nell'intervento dei nostri storici liberatori: gli Americani (per altro principali responsabili di quanto sta accadendo), le cui basi militari sul territorio italiano hanno avuto una prolificazione a dir poco pari alla smilitarizzazione delle nostre stesse Forze Armate. Come lo dimostra la rapida realizzazione a Vicenza della mega base Dal Molin, in aggiunta a quella della preesistente Ederle, avvenuta di pari passo col radicale smantellamento in città e provincia di ogni presidio e caserma del nostro Esercito ed Aeronautica.
C'è però da chiedersi se vi sia da parte nei nostri "pacifici" e super armati Alleati, un uguale interesse a provvedere alla nostra protezione, e quanto ciò può ancora costarci in aggiunta a quanto ci è finora inutilmente costato Ma ciò probabilmente lo scopriremo solo dopo che suoneranno le trombe e le sirene di questa nuova guerra mondiale, ufficializzata per il momento esclusivamente da Papa Francesco.
Una cosa comunque è certa: Vicenza è destinata a risentire di questa difficilissima ed allarmante situazione più di tante altre città italiane , proprio a causa di tale imponente presenza militare straniera. Una base che in aggiunta alla insostenibile crisi e dilagante immigrazione locale, crea un cocktail mortale per la nostra città , trasformatasi da Eldorado del Nord-Est, in bersaglio immobile di un nemico invisibile. Un bersaglio con al centro noi.
Così la chiusura delle moltissime aziende , l'abbandono dell'area industriale ed il commercio ai minimi rischia di ridurre la fascia urbana di Vicenza ad un grigio contorno di tale base, capace, a differenza della stessa città , di godere di una propria autonomia difensiva e logistica. Un sinistro ma attrezzato maniero di questo nuovo medioevo, circondato dalle riemerse e minate
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