Antonacci saluta Il Giornale di Vicenza
Domenica 13 Dicembre 2009 alle 12:31 | 1 commenti
Nella tradizione di pluralismo e trasparenza, che, pur nella chiarezza e fermezza delle sue prese di posizione, delle sue opinioni e delle sue inchieste, sempre documentate, contraddistingue il settimanale indipendente VicenzaPiù dalla sua nascita (il n. 1 è del 25 febbraio 2006, il n. 175 è di ieri, 12 dicembre 2009), pubblichiamo l'editoriale di oggi su Il Giornale di Vicenza di Giulio Antonacci, che annuncia il passaggio delle consegne, fra una settimana, del maggiore quotidiano cittadino al nuovo direttore Ario Gervasutti.
All'uno e all'altro auguriamo, intanto, buon lavoro per i loro impegni futuri nell'interesse della libera stampa, l'unico interesse per cui da sempre vive il nostro pur giovane settimanale.
Editore, direttore, redazione e collaboratori di VicenzaPiù
È stato bello fare questo giornale con voi
di Giulio Antonacci
Cari amici lettori, questo è il penultimo colloquio fra me e voi. Come sapete, fra una settimana passerò la mano a un valente collega, Ario Gervasutti, al quale invio pubblicamente i miei complimenti e gli auguri sinceri.
Permettetemi, allora, una piccola riflessione su quel che è stato fatto in questi sette anni e più, prima dell'arrivederci definitivo di domenica prossima. La prima cosa certa è questa: voi e noi, cari lettori, questo giornale lo abbiamo fatto insieme. In questi giorni mi state dando atto dell'amore che avete avuto per il vostro giornale. Mi state dando atto con le vostre attestazioni di affetto che il Giornale di Vicenza non è stato solo un giornale da vendere a voi, ma "costruito" da voi. Penso che il segreto di un giornale che cerca di essere vero è proprio questo.
La formula del successo di un giornale resta questa. La crisi dell'editoria, il fatto che l'Italia sia al 126° posto nella graduatoria di vendita e lettura di giornali, si spiegano anche con l'incapacità di capire le esigenze di chi legge, con l'incapacità di offrire alla gente, senza compiacenza, il prodotto che la gente chiede. Per un giornale che non ha avuto matrice politica né ta bù ideologici come il nostro, mettersi in sintonia con la gente è stata una ricerca assidua, costante, quotidiana.
Una sfida vissuta da tutti i giornalisti sulla scia dell'entusiasmo, con la gioia di far ricevere ogni mattina all'esercito di lettori un giornale mai improvvisato, mai superficiale, curato sempre come fosse il primo giorno e l'ultimo giorno, con il timore di un giudizio sempre affettuoso ma anche sempre severo. Per me, questi sette anni e mezzo alla guida di un giornale che ho molto amato hanno significato proprio questo: vedere nei lettori una famiglia allargata, far sentire il giornale ai lettori come ! la loro casa dalle porte sempre aperte.
Del resto un giornale locale, un giornale di provincia, pur dovendosi oggi dotare di tutte le tecnologie proprie dei giornali di grande tiratura nazionale e internazionale, in un'epoca in cui Internet, tv, telefonia hanno trasformato rapidamente tempi, modi di accesso, tecniche e caratteristiche dell'informazione, deve essere legato profondamente al proprio territorio.
Abbiamo raccontato, sbagliando più di qualche volta, la storia, la vita, le tradizioni, le attese, le speranze, gli umori, le contraddizioni, i valori, i personaggi, le luci e le ombre, diventando punto di riferimento informativo e culturale, veicolo di partecipazione popolare, rete di collegamento, strumento di identificazione di una comunità che sente il giornale come proprio e come necessario al suo presente e al su! o futuro.
Questo giornale ha cercato perciò di essere il giornale di tutti. I miei giornalisti ed io abbiamo creduto nel giornale che sa entrare in contatto diretto con i lettori, ascoltarli, far capire perché un fatto è accaduto, senza pretendere di cambiare il mondo ma senza ingannare mai nessuno, senza essere mai fuorviante, senza inseguire il pettegolezzo, il gossip, la sensazione, ma trovando nella semplicità e nella chiarezza la chiave per spiegare anche le vicende più complesse, cercando di non trascurare mai nulla, perché, come scrive Terzani, è stata sempre l'idea che con ogni piccola descrizione di una cosa vista si può lasciare un seme nel terreno della memoria, che ci ha legati alla nostra professione.
In questo senso non abbiamo voluto essere, come dice invece Camus, storici dell'istante.
Un giornale come il nostro e il vostro è una storia che continua, una storia moderna, perché non può essere solo un organo di informazione, ma deve creare continuità ! , avere sintonia, esprimere un tono, temperare sull'obiettività la vis polemica, ricorrere all'esercizio della critica costruttiva e civile, stimolare dibattiti, idee, confronti, critiche, programmi, approfondire, senza essere mai noioso, dando argomenti, ragioni, curiosità , motivi per riflettere ed emozioni a tutto il ventaglio dei lettori. Per questo sono cresciute le rubriche, gli appuntamenti, gli inserti, variando tematiche, impaginazione, linguaggio, titoli.
E per questo anche non abbiamo mai avuto paura di lanciare battaglie vere, senza cedere alla demagogia, senza ambizioni di far crescere consenso e potere, ma mettendoci ogni volta dalla parte del lettore, di chi chiedeva aiuto, di chi chiedeva giustizia, di chi chiedeva ascolto, cercando la sincerità , senza preclusioni per nessuno, facendo dei lettori, di tutti i lettori, i nostri preziosi interlocutori e consiglieri, facendo crescere in misura esponenziale il nostro impegno per il sociale, per ! gli umili, per i più deboli, per i più fragili, ampliando le cronache e le inchieste nella sanità in una costellazione della salute che riguarda e coinvolge tutti, per non far sentire sola la gente, per difenderla, proteggerla, accompagnarla, per far migliorare servizi e prestazioni, per far migliorare la comunità .
L'idea e l'obiettivo sono stati quelli di costruire qualcosa, favorendo una libera circolazione di idee, cercando di essere seri con la vita, perché non basta parlare, bisogna parlare seriamente.
Arrivederci alla settimana prossima.
Giulio Antonacci
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