Anche le coop piangono
Domenica 26 Luglio 2009 alle 08:00 | 0 commenti
Il mondo della cooperazione è colpito duramente dalla crisi, e ad aggravare la situazione si aggiungono le false cooperative che frodano fisco e lavoratori. La novità positiva: da marzo la cassa integrazione vale anche per le cooperative
Il vademecum dei raggiri che vengono usati, troppe volte, per trasformare una cooperativa in uno strumento per opprimere lavoratori prevalentemente stranieri, e truffare l'erario. Ne parla un sindacalista del settore, Matteo Adami della Fit Cisl, che indica la strada per evitarli, e spiega l'innovazione - tutta veneta - della cassa integrazione in deroga per i soci lavoratori coop che rimangono senza lavoro a causa della crisi. L'informazione sulla presenza dell'ammortizzatore sociale è tanto più importante in quanto, ad oggi, la possibilità di ottenerlo è quasi sconosciuta: si contano sulle dita di una mano le società mutualistiche che l'hanno chiesto alla Regione per i propri soci lavoratori, rimasti a casa senza lavoro e senza stipendio.
Assemblee fantasma
La premessa è necessaria, per capire le difficoltà che si hanno nel tutelare in qualche modo i soci delle cooperative. «Fino al 2001 - precisa l'esponente sindacale - le società mutualistiche pagavano gli stipendi facendo un'assemblea dei soci, e decidendo lì le quote per ognuno. Era chiamato compenso. Le legge 142/2001 ha disciplinato la figura del socio e quella del lavoratore, la grande novità è stata che si è passati a un contratto normale, con tutele». L'innovazione era importante, e tesa ad evitare abusi nella distribuzione dei compensi: se infatti nella prima convocazione dell'assemblea in cui si fissa il compenso le decisioni devono essere prese con una maggioranza del 51 %, lo stesso non vale per la seconda convocazione, in cui decide la maggioranza dei presenti: «Il rischio era, ed è ancora, di avere convocata la seconda assemblea a Tripoli, in spiaggia, di notte... - spiega ironicamente l'esponente sindacale -, in sostanza in modo da escludere la maggioranza dei soci, per prendere decisioni gravose che poi coinvolgono tutti: ad esempio un compenso bassissimo».
Con la 142 si è cercato in parte di porre rimedio a queste situazioni. Subito dopo, nel 2002, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un protocollo d'intesa con le principali associazioni datoriali (Legacoop, Confcooperative, Agc): il testo consentiva, visti gli aumentati oneri che il contratto di lavoro introduceva per le società mutualistiche (quali ad esempio la tredicesima), di scaglionare negli anni gli istituti contrattuali. In pratica estenderli un po' alla volta, dal 2001 al 2008. «La 142 ha finalmente spiegato come normare la parte del socio e la parte del lavoratore, e introdotto il contratto di lavoro. Da quel momento, quindi, ad esempio per le cooperative di trasporto e facchinaggio, di cui ci occupiamo, il testo di riferimento è diventato il contratto dei trasporti. Una delle cose che la 142 non ha detto, e che ha creato grandi problemi per motivi giuridici in seguito, è se nella società mutualistica, in caso di socio lavoratore, sia prevalente la figura del socio o quella del lavoratore».
Fatta la legge, trovato l'inganno
«Purtroppo oggi un tipo di società come la cooperativa, massima espressione della solidarietà e libertà nel lavoro presente nell'ordinamento italiano, viene spesso impiegata, all'opposto, per privare di diritti i lavoratori. Le coop di questo tipo sono moltissime, per fare un esempio, a Vicenza si contano sulle dita di due mani le società mutualistiche di facchinaggio che fanno vere assemblee fra i lavoratori». Quando un socio lavoratore di una cooperativa si presenta negli uffici Fit di Vicenza per chiedere aiuto, per contributi non pagati o tutele non rispettate, «la prima cosa che facciamo è andare a guardare da quanto la sua società è iscritta nel registro delle imprese. Recuperiamo due o trecentomila euro l'anno di contributi, ma è difficile perché il settore è una vera giungla».
Sotto i due anni di iscrizione al registro, il rischio di frodi è molto elevato. Il primo sistema per aggirare i controlli è proprio questo: «Le coop che fanno assemblee sono poche, le altre sono "società " a tutti gli effetti: durano due anni, il tempo del primo bilancio, poi chiudono. Chiudono "prima" del bilancio, per la precisione: lo possono fare, e non succede nulla. E se ci sono contributi non versati per i soci lavoratori, dopo sono problemi dei lavoratori stessi. Che in genere sono stranieri e non sono informati a sufficienza». Succede quindi che i soci, ignari di tutto, siano convinti di versare regolarmente i contributi, mentre questo non viene fatto dalla società . I controlli? «L'Osservatorio sulla cooperazione a Vicenza è fermo da due anni, non se ne fa nulla. I controlli sono affidati al ministero del Lavoro, ma quand'anche la società disonesta venga multata, chiude subito dopo, senza neanche aspettare i due anni, e a rimetterci sono nuovamente i lavoratori».
Licenziamenti lampo e crisi a sorpresa
L'assemblea, nella società disonesta, diventa strumento di raggiro. «Il lavoratore straniero, spesso non a conoscenza delle proprie prerogative e diritti, non partecipa alla prima assemblea. La seconda viene convocata in modo che vi partecipi un numero ristretto di persone, magari un solo socio, e lì si delibera a maggioranza dei presenti quel che si vuole». Un altro abuso che spesso si riscontra è la durata del periodo di prova, arco di tempo in cui ogni lavoratore può essere licenziato senza preavviso: «Purtroppo, ed è stato un errore anche del sindacato, nell'intesa stipulata con le associazioni datoriali nel 2002 si è prevista una deroga ad alcuni articoli del contratto di lavoro nazionale. Per esempio alla durata del periodo di prova del socio lavoratore: così si hanno abusi come statuti di cooperative con periodi di prova di 180 giorni, sei mesi in cui il lavoratore può essere licenziato seduta stante con tutte le conseguenze del caso».
Un altro sistema per aggirare le normative, scaricando sui lavoratori costi e oneri, è la dichiarazione dello stato di crisi. «Esiste anche nelle società mutualistiche, ma ancora attraverso il sistema dell'assemblea in seconda convocazione viene dichiarato senza che ne siano a conoscenza i soci lavoratori. Quindi succede che il lavoratore scopre in busta paga che è stato dichiarato lo stato di crisi, e dal cedolino scopre che nell'assemblea sono state prese decisioni importanti come, ad esempio, togliere la tredicesima e la quattordicesima a causa della crisi. O ridurre il compenso dei soci di qualche centinaio di euro. Purtroppo proprio a causa della non definizione della preminenza della figura di socio o di quella di lavoratore nell'ordinamento giuridico, quando la società mutualistica riduce il compenso del socio la causa che si può intentate è solo civile, niente giudice del lavoro. Con tutti i tempi del caso». Infine le società mutualistiche, se lo vogliono, possono derogare alla norma che prevede che, in caso non ci sia lavoro, il lavoratore riceva comunque la paga. È previsto dalla normativa, e viene fatto spesso.
La novità : la Cig in deroga
Secondo il sindacato, il rimedio a queste situazioni deve essere anzitutto una reale conoscenza dello strumento cooperativo da parte dei soci-lavoratori stranieri. «Educare i soci ai loro diritti è la cosa più importante. Quando andiamo nelle cooperative in cui ci rendiamo conto di aver a che fare con situazioni strane, la prima cosa che facciamo è dire ai lavoratori di convocare un'assemblea con il 51 per cento dei voti, ed eleggersi il presidente che vogliono loro. Spesso non si rendono conto di poterlo fare. La disonestà di alcuni va a danneggiare l'attività delle società mutualistiche oneste, come ad esempio, a Vicenza, Eurocoop». Una novità introdotta recentemente in Veneto è la cassa integrazione in deroga anche per i soci lavoratori delle cooperative di trasporto. Dal 31 marzo 2009 possono chiedere, in caso non ci sia lavoro, la cassa integrazione per 180 giorni: «E' una novità assoluta, come Cisl ci siamo impuntati perché venisse esplicitamente inserita la dicitura "soci lavoratori". Così non possono esserci dubbi. Purtroppo ad oggi solo poche cooperative hanno chiesto l'ammortizzatore sociale». Un po' di numeri: alla fine di giugno a Venezia risultavano autorizzate richieste di Cig in deroga per un milione e 144mila euro, per società mutualistiche. Avevano fatto richiesta in sedici, per lo più grosse cooperative dell'area portuale: la differenza con le società artigiane e industriali è abissale, considerando che nel complessivo erano state autorizzate Cig per 57 milioni 382 mila euro. Soprattutto, negli stessi giorni non risultava in lavorazione nessun'altra pratica per richieste di Cig da parte di società mutualistiche. «Questo nonostante la crisi le abbia colpite duramente, e molte siano senza lavoro. La realtà è che spesso la richiesta di Cig è solo una seccatura burocratica per la società , quindi non la fanno nemmeno tanto i soci lavoratori non sanno di averne diritto. Quello che ci vuole e per cui stiamo lottando - conclude Adami - è più informazione, e più formazione ai propri diritti da parte dei soci».
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