Alle ex province una dote di 9 miliardi: ma la spending review...
Lunedi 13 Ottobre 2014 alle 08:48 | 0 commenti
di Antonello Cherchi, Valeria Uva
Appena archiviato il capitolo delle elezioni, per le nuove province e le neonate città metropolitane si apre la partita vera: quella delle risorse finanziarie. Una partita necessaria per far funzionare le nuove realtà , a sua volta strettamente connessa con i compiti che a queste saranno assegnati. Con le elezioni di secondo livello nelle ultime 58 province si è chiusa ieri la prima e lunga maratona elettorale voluta dalla legge Delrio, che ha cambiato volto alle province e ha previsto la nascita di dieci città metropolitane.
Di diverso rispetto al passato ci sono sostanzialmente due fattori: a scegliere i rappresentanti delle istituzioni sono stati solo sindaci e consiglieri comunali dei comuni della provincia; i neoeletti, inoltre, non percepiscono alcuna indennità per il mandato (con un risparmio sulle indennità quantificabile in 100 milioni l'anno).
Anche se lavoreranno a titolo gratuito, i quattro presidenti di provincia, i 760 consiglieri provinciali e i 162 consiglieri metropolitani appena insediati si troveranno 9 miliardi di dote da gestire. A tanto ammontano, almeno sulla carta, le entrate delle province. Il dato si ricava dai bilanci 2013: è quello che ha fatto la Corte dei conti, che ha calcolato in 10,6 miliardi il totale delle entrate delle amministrazioni provinciali. Per il 2014 però la situazione è già diversa: i tagli della spending review hanno fatto scomparire 1,6 miliardi di euro. Restano, appunto, 9 miliardi, per metà (52%) frutto di entrate tributarie e un'altra buona parte (circa 40%) di trasferimenti da Stato e regioni.
In realtà la cifra esatta delle risorse da amministrare per i nuovi enti di area vasta non è ancora stabilita. Perché prima ancora del budget di spesa quello che manca al lento processo di riordino è definire nel dettaglio di cosa si occuperanno le nuove realtà . In altre parole, il riassetto è fermo a metà : la legge Delrio (la 56/2014) ha elencato solo le funzioni fondamentali che restano a province e città metropolitane: scuole superiori (edilizia scolastica), trasporti locali, strade di livello provinciale. Mentre è ancora del tutto aperta la partita delle funzioni cosiddette non fondamentali (e niente affatto trascurabili): cultura, turismo, trasporto scolastico, assistenza sociale.
L'accordo raggiunto in Conferenza unificata a inizio settembre assegna a ogni regione tempo fino al 31 dicembre per decidere come ripartire competenze e risorse sia economiche che umane. Compito che le regioni avrebbero, in realtà , dovuto concludere entro l'8 ottobre, come prevede la legge, ma che ha dovuto subire uno slittamento per il ritardo dell'intesa con gli enti locali, a sua volta prevista per inizio luglio.
La direzione del riordino sarà , con tutta probabilità , quella di un alleggerimento delle province a favore di comuni, città metropolitane o regioni, con uno sguardo al traguardo più lontano della riforma costituzionale del Titolo V, che sopprime le province. Traguardo che richiede, però, ancora tempo, perché il testo è stato licenziato a inizio agosto dal Senato ed è ora all'esame di Montecitorio, ma, come tutte le riforme costituzionali, è obbligato a un doppio passaggio presso ciascuna Camera.
Tornando alle risorse, quindi, una volta concluso il riordino anche i 9 miliardi di partenza sono destinati a diminuire.
I tempi sono molto stretti. Anzi, la tabella di marcia è già stata superata: sarebbe dovuto arrivare l'8 luglio, per esempio, il decreto del presidente del Consiglio con i criteri per la mappatura dei beni e delle risorse connesse alle funzioni oggi svolte a livello provinciale. Ma dopo il via libera in conferenza unificata, del testo definitivo si sono perse le tracce. Da quando il decreto sarà in vigore i nuovi "enti di area vasta" avranno solo 15 giorni per il censimento vero e proprio, da far visionare al proprio osservatorio regionale e poi a quello nazionale, nato il 7 ottobre proprio con il compito di coordinare il riassetto.
Per tutti la scadenza è il 1° gennaio 2015: tra meno di tre mesi, in teoria, province e città metropolitane dovrebbero ripartire con il nuovo assetto e la nuova dote. Ma certo non con i conti in ordine: da un lato, secondo i calcoli di Aida Pa, le vecchie gestioni lasciano in eredità una montagna di debiti (10 miliardi al monitoraggio 2012); dall'altra, già oggi le province rivendicano la mancanza di 8 miliardi di crediti, finiti ora tra i residui, assegnati ma mai arrivati a destinazione: tre dallo Stato e cinque dalle regioni.
Da IL Sole 24 Ore
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