Addio al liberale Valerio Zanone da Coviello, che lo fa ricordare dal comunista Langella. Il direttore di VicenzaPiù: questo è "liberale"
Sabato 9 Gennaio 2016 alle 00:48 | 0 commenti
Negli ultimi anni 60, appena diciottenne, ero liberale, di sinistra mi dicevano, visto che a Roma a Via Frattina "tifavo" Zanone e Bonea pur se da ragazzino a Castelforte (nel mio paese pontino ma... dell'Alta Borbonia) avevo avuto modo a metà anni 60 di propagandare e ascoltare i comizi del più "tradizionalista" Aldo Bozzi, che poi mio padre, segretario del locale PLI, Partito Liberale Italiano, invitava a cena a casa nostra. Ora, dicono, che sono di sinistra (bello, per inciso, ripetere questa vecchia parola col suo originario senso politico) anche se ancora mi piace essere soprattutto liberale, liberale non liberal please.
Da liberale, nel modo più moderno che a Roma, da giovane universitario, cominciavo a sentire e che oggi, oltre il "mezzo del cammin di nostra vita", vivo con la pienezza che al liberalismo dà la radice della parola (libertà , di idee e di azione), ora rendo un doppio omaggio a Valerio Zanone che ci ha lasciato
Uno diretto glielo faccio ripubblicando l'intervista, che, quando lo conobbi nel magico 68 a Roma, mai avrei pensato che un giorno gli avrei fatto ma che Zanone mi concesse il 27 ottobre 2012 a Vicenza in occasione del convegno Gobettiano di Nessuno Escluso (organizzato da Matteo Quero e Paolo Colla che, da liberale di "carriera" e fede, è ora partito per Torino per il suo funerale).
Se per Zanone «quella dei liberali di sinistra è una specie poco numerosa ma anche poco protetta» e se «col degrado della politica attuale farsi chiamare "onorevole" significa il rischio di essere presi a pomodorate», l'omaggio più "liberale" che gli posso fare è ospitare un commento su di lui che ho chiesto a Giorgio Langella, nostro opinionista esperto di lavoro ma, soprattutto, segretario vicentino del PCd'I regionale (un uomo di sinistra doc, insomma...) .
Perchè liberali bisogna esserlo, non solo proclamarlo usurpandone il significato, parola di un liberale come me... poco protetto.
E ora, quindi, parola a un "comunista, su Valerio Vanone.
Ho appreso della morte di Valerio Zanone e penso sia doveroso un breve ricordo.
Lo desidero fare da avversario che non condivideva (e non condivide) gli ideali politici liberali che furono di Zanone, ben diversi da quelli che ho abbracciato ormai oltre quarant'anni fa. Ma credo che proprio nella parola "ideali" si racchiuda il rispetto che ho sempre portato e porto nei confronti di galantuomini come Zanone. Galantuomini proprio perché non hanno mai abiurato, per convenienza o furbizia, alle proprie convinzioni giovanili.
In questo essere conseguenti con se stessi, nel non aver inseguito strade più facili a destra (come fece il suo "amico" di partito Alfredo Biondi che fu suo successore come segretario del PLI e poi ministro con Berlusconi) risiede il rispetto che si deve a persone come Zanone. Si dirà che, con la sua morte, un altro pezzo della prima repubblica se ne va e che è nella logica delle cose. Ma un pensiero mi coglie. Quanti politicanti di oggi possono essere paragonati alla coerenza dimostrata da chi se ne è andato recentemente? Penso ad Armando Cossuta e a Valerio Zanone due persone con ideali e convinzioni completamente diverse ma sempre coerenti con se stessi. Due signori.
Anche l'adesione di Zanone al PD dimostra la sua coerenza, il suo aver capito come quel partito stava trasformandosi in un partito liberale, in un partito più rivolto a quella destra democratica che era parte del suo ideale.
Ecco, mi sembra giusto che un ricordo di Valerio Zanone venga anche da chi, come me, ha da sempre avuto ideali opposti ai suoi. Provo per lui un profondo rispetto proprio perché avversario leale e mai sopra le righe. Un politico che ha sempre rifiutato quella volgarità che oggi è caratteristica di tanti politicanti che governano o sgovernano il Paese.
Giorgio Langella
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