A Vicenza si fa finta di niente, bisogna andare a Varese per ricordare Mario Dal Pra
Domenica 2 Novembre 2014 alle 15:20 | 0 commenti
L’Università dell’Insubria a Varese e il Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo†e “Giulio Pretiâ€, La Società Filosofica Italiana, la Regione Lombardia, la Provincia di Varese e il Comune di Varese hanno dedicato in questi giorni un importante Convegno di studi sulla figura del filosofo vicentino Mario dal Pra di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Ben 34 studiosi italiani e stranieri hanno messo in luce tutta l’attività del pensatore fin dagli anni in cui giovane docente nell’Istituto Magistrale “Don Giuseppe Fogazzaro e nel Liceo classico “A.Pigafetta†iniziava la sua carriera di ricercatore, sempre attento però al grande valore della didattica, anche quando divenne professore all’Università Statale di Milano. Il Convegno, organizzato dal prof. Fabio Minazzi, allievo di Dal Pra, nell’evidenziare il valore dell’eredità di studi, ricerche e formazione di giovani, ha posto in luce che l’importanza di un maestro è anche nel saper individuare negli allievi le loro capacità e di saperli indirizzarli nel vasto mondo della ricerca. Gli studiosi presenti, alcuni dei quali colleghi di Dal Pra, hanno concordemente affermato il grande rigore dello studioso che era sotteso da un’autentica tensione morale, che lo accompagnò sempre anche nelle difficili scelte di vita. Proprio questa caratterizza l’uomo nel suo impegno personale e civile. Dal Pra sia adoperò proprio per questo tra il 1943 3 il 1945 e nel corso della sua vita sostenne che una dimensione di ragione, capace di analisi, critica quindi, può con attenzione proporre vie efficaci per edificare una società giusta, dove tutti siano autenticamente responsabili. Non è una via utopica, frutto spesso delle ideologie, ma reale, ossia capace di far vivere nella quotidianità i valori perenni dell’uomo, la sua dignità , la giustizia, il benessere, che non sono frutto di sola quantità , ma della qualità e dell’impegno che ciascuno di noi può consapevolmente dare alla vita della società , dello Stato.
 Una lezione quella di Dal Pra posta in luce dai relatori che hanno coinvolto giovani studenti delle scuole di Varese che proprio dai pensieri del passato possono trovare spunti e prospettive anche per la loro stagione e dell’impegno che porranno sia nei loro studi sia nella vita che costruiranno per una società ed uno Stato. A Significare l’importanza di far sempre germogliare le idee che debbono hanno vita se hanno radici, all’inaugurazione, avvenuta nei giorni del Convegno del Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo†e “Giulio Pretiâ€, è stata posta a dimora, come già facevano i filosofi antichi, una pianta, una quercia, a simbolo vivente della prospettiva di un pensiero vivente. Questo deve saper legare tra loro, con amore, – sosteneva Dal Pra – tutte le scienze e questa è “una scienza speciale che studia il fondamento comune delle cose e delle idee, per raccogliere ad unità i risultati di tutte le scienze e per darci la visione più ampia e più completa possibile di tutta la realtà . Questa scienza è appunto la filosofia.†(Amore di sapienza, Vicenza, Tip. Commerciale Ed. 1941) che si accompagna sempre alla attenzione ai valore morale di ogni nostra azione che non deve consumarsi, come spesso si è consumata, lo diceva il filosofo proprio prima di morire, nel 1992, quando vede, con dolore, il restringersi contemporaneo della visione politica in lotta per interessi, che certamente non aprono ad una prospettiva morale da cui nasce la politica con una più ampia visione, come fin da giovane, ancora legato al mondo e alla visione cristiana, aveva sperato.
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Appendice
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Mario Dal Pra, nato a Montecchio Maggiore (VI) il 29 aprile del 1914 e morto a Milano il 21 gennaio 1992. La sua figura e la sua riflessione destano ancora interesse. In anni difficili, 1943/44, il filosofo prese una decisione non facile non vantaggiosa, la partecipazione alla resistenza al fascismo, che era il frutto della sua tensione per la ricerca non fine a se stessa ma destinata anche alla proposta civile. Si era formato da giovane nell’ambiente del Seminario vicentino, allora di grande prestigio anche culturale, sotto la guida paterna del vescovo mons. Ferdinando Rodolfi, Laureatosi a Padova in Filosofia intraprese la via dell’insegnamento e della ricerca. I suoi allievi dell’Istituto “d. Giuseppe Fogazzaro†e del Liceo “A. Pigafettaâ€, dopo anni lo ricordavano per il rigore e la passione che poneva nelle lezioni, cercando sempre il contatto diretto con i filosofi attraverso le loro opere. La sua carriera accademica iniziò presso l’Università Statale di Milano, Facoltà di filosofia e qui maturò il suo pensiero continuando gli studi intrapresi fin da giovane nell’ambito della filosofia medioevale, moderna e contemporanea. Difficile anche ricordare tutti saggi, gli articoli anche a valenza didattica proposti da Dal Pra. Alcuni sono importanti ancor oggi e tra essi segnaliamo Necessità dell’universalismo cristiano (ed. recente Vicenza, Editrice Veneta, 2005) che fu la risposta al testo di B. Croce: Perché non possiamo non dirci “cristiani†(“La Critica†40 (1942) fasc.VI, 20 novembre 1942, pp.289-297). Un saggio di notevole importanza fu la Dialettica in Marx (Laterza, Bari, 1965) dove esaminò l’apporto innovatore del pensatore di Treviri alla riflessione hegeliana. Testimonianze poi del suo impegno a favorire la conoscenza dei testi fu la traduzione del primo catechismo della chiesa cristiana, la Didaché (Tip. Com.Le Editrice, Vicenza 1938). Certo Dal Pra si allontanò dall’istituzione Chiesa cattolica, ma il suo impegno per una società migliore fu mantenuto anche nelle nuove prospettive del Partito D’Azione e di quello Socialista e non esitò mai a denunciare gli aspetti negativi della ricerca filosofica che si chiude nel dogmatismo, divenendo mera ideologia e della politica come “appetito per il potereâ€. Prima di morire, nel 1990, denunciò in Pensare Milano, una cultura irrigidita nello stalinismo e chiusa, come in parte lo è ancor oggi, nelle angustie dello hegelomarxismo miniaturizzato ed estenuato in slogan, ma soprattutto degli intellettuali più servi del sant’oro che non della visione del bene comune. Apprezzava la tensione verso il nuovo, ma aveva compreso che la politica andava verso una lotta di carriere, di interessi materiali, dove il protagonismo vociante, ma spesso incompetente, misurava la ricerca di successo.
 La personalità , le riflessioni del filosofo vicentino destano ancora spunti di ripensamento perché mostrano come il verso intendimento del pensatore sia sempre quello di una cultura al servizio del bene e non di se stessi.Accedi per inserire un commento
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