A proposito di bassi salari. E a proposito di comunicati stampa e articoli
Giovedi 1 Marzo 2012 alle 14:29 | 0 commenti
Riceviamo da Marina Bergamin, Segretaria generale Cgil Vicenza, e pubblichiamo di seguito volentieri, e come facciamo con tutti, la sua nota con qualche considerazione iniziale.
La filosofia dei quotidiani web che ruotano intorno al "capostipite" Vicenzapiu.com e quella del periodico VicenzaPiù (pur con le ovvie limitazioni di quest'ultimo legato alle pagine stampate e non a quelle immesse nell'oceano della rete), è sempre stata, è e sarà quella di rispettare al massimo tutti i gruppi: partiti, movimenti, confessioni religiose, associazioni "datoriali", sindacati, eccetera.
E di pubblicare, esplicitando fin dall'inizio che sono da loro scritte, tutte le loro note a meno che non contengano palesi infrazioni della legge, cosa ad oggi mai o quasi mai avvenuta a conferma che c'è un senso civico, sociale e democratico ancora diffuso in un ambiente maleodorante per compromessi e corruzione.
Ma abbiamo anche, e soprattutto, un grande rispetto dei lettori a cui quelle note e il nostro lavoro di diffusione è destinato. E i nostri lettori, ma, pensiamo, anche i lettori di ogni mezzo, devono sapere sempre chi firma: è un'informazione, deontologica, indispensabile. Per noi, che difendiamo la libertà di stampa e il diritto all'informazione. Tutto questo per fare un distinguo, che saranno, poi, i lettori a condividere o meno. Noi quello che dice Marina Bergamin, una delle sindacaliste più impegnate, lo sottoscriviamo in gran parte e a breve le faremo, come varie volte facciamo, un'intervista che firmeremo, con le nostre domande e le sue risposte. Le sue note, come preannunciato, le pubblichiamo a sua firma, però, non a firma Ma.Sm. come ha fatto, e non solo oggi, Il Giornale di Vicenza. Non si fa un buon servizio ai lettori non solo quando, il più delle volte, si passano firmate le veline degli imprenditori della proprietà , ma neanche quando, molto meno volte, si fa lo stesso con chi ne sarebbe la controparte naturale.
Il DirettoreÂ
Marina Bergamin, Segretaria Provinciale Cgil Vicenza - Bassi salari? E' la somma tragica di tre fattori: la difficoltà - soprattutto in periodo di crisi - di fare robusta contrattazione, nazionale e aziendale; l'impressionante pressione fiscale (giunta nel 2012 al 44% dei salari e che diventerà del 44,8% nel 2013); il mancato controllo di prezzi e tariffe. Ma va fatta, prima di tutto, una sottolineatura: negli anni alle nostre spalle c'è stato un brusco spostamento della ricchezza dai salari ai profitti, fenomeno peraltro non solo italiano. Se nel 1983 ai primi andava il 77,8% del pil e ai secondi il 23% del pil, nel 2005 la percentuale scendeva per i salari al 68% e cresceva per i profitti al 31%. Sono otto punti di pil transitato da un capitolo all'altro, per una cifra pari a 120 miliardi di euro. Sono state oculatamente impiegate, almeno, queste risorse? I dati ci aiutano ancora. Fatto 100 i profitti messi in investimenti produttivi nell'80, sono 70 quelli investiti ad inizio 2000. Negli anni successivi le cose non sono andate molto meglio, l'attrazione esercitata dalle rendite finanziarie e immobiliari è stata potente e questo spiega, in parte, perché c'è stata una lenta ma tenace retrocessione della produttività , anche nel sistema vicentino. Migliori investimenti avrebbero potuto collocare l'Italia nei punti forti della competizione globale. Ora soffriamo e la Germania va! Qualcuno dovrebbe fare un po' di autocritica! Tornando a stipendi e salari: da una recente ricerca di Ires nazionale emerge che in 10 anni ogni lavoratore dipendente ha perso in media oltre 5mila euro di potere d'acquisto. In particolare, nel decennio tra il 2000 e il 2010 l'irrisolta questione salariale ha generato una perdita cumulata di potere d'acquisto dei salari lordi di fatto di 3.384 euro che, sommata alla mancata restituzione del fiscal drag si traduce in 5.453 euro in meno per ogni lavoratore dipendente alla fine del decennio. La perdita cumulata calcolata sulle retribuzioni equivale a circa 44 miliardi di maggiori entrate complessivamente sottratte al potere d'acquisto dei salari. Con grande senso di responsabilità , il Sindacato confederale, per evitare il crack del paese (anni 90) e consentire l'entrata in Europa ha messo la sua faccia in una politica di moderazione salariale che doveva essere compensata da uno stretto controllo di prezzi e tariffe, dall'espansione della contrattazione aziendale e da un riequilibrio della pressione fiscale. Come è andata con il cambio Lira/Euro è noto a tutti. E oggi, a inflazione crescente (vedi i prezzi di benzina, generi di consumo, assicurazioni, imposte) i contratti non riescono a tenere il passo. Molti contratti nazionali sono fermi da anni (dal 2010 nella scuola e nel pubblico impiego, da 39 mesi nella vigilanza privata, solo per fare tre esempi) o si rinnovano tardi e solo in poco più del 30% delle imprese si riesce a sviluppare una contrattazione di secondo livello con redistribuzione della produttività . Quindi se si vuole davvero intervenire sullo ‘sconcio' dei bassi salari - ripetiamo - le strade sono tre: contrattazione, fisco, controllo di prezzi e tariffe. E' quanto il sindacato chiede da anni.
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