A Policarpo, martire delle prime ore dell'era cristiana, diedero fuoco
Lunedi 4 Giugno 2012 alle 14:39 | 0 commenti
Tratto da VicenzaPiù n. 235 (abbonati alla moderna versione online sfogliabile e dal prossimo numero con articoli leggibili anche in formato testo: VicenzaPiù Edicola è ora disponibile in abbonamento con due modalità . Abbonamento standard: 18 Euro all'anno Iva di legge inclusa. Abbonamento sostenitore: 30 Euro all'anno Iva di legge inclusa). Di Don Marco Pozza
Al ragazzo canadese è andata anche bene. A Policarpo, martire delle prime ore dell'era cristiana, diedero fuoco, ma le fiamme composero una specie di vela come protezione. Dovettero usare una daga per colpirlo nel petto: il getto di sangue estinse il fuoco e Policarpo morì.
La Chiesa nascente conobbe il martirio del fuoco, della decapitazione, delle frustrate. Era l'epoca delle grandi passioni, dei forti sentimenti e degli ideali giganti. Nell'epoca odierna, epoca dell'intelligenza e dei lumi, il martirio è far apparire offensivo e democraticamente scorretto l'entusiasmo della propria fede. Che cos'afferma di così fastidioso quel ragazzo se non la sua convinzione certa che senza Cristo la sua vita sarebbe inutile? Problematico se avesse affermato il contrario, o taciuto la sua convinzione: oggi chi crede deve possedere la follia e il coraggio di urlare sui tetti ciò che ha udito all'orecchio: è parola del Vangelo. Più che offendere il credo altrui è una professione del suo credo, di quell'incontro con il Gesù di Nazareth che ha dato stile e sapore nuovo alla sua vita. Il Vangelo narra di apostoli e discepoli dal cuore innamorato che al proselitismo della Chiesa seguente hanno preferito il martirio e la derisione per difendere uno stile di vita ambizioso e paradossale: amare il nemico e dare la vita per lui. Che una scuola sospenda un ragazzo è tanto ridicolo quanto affannoso: meglio sarebbe stato l'invito ad ognuno di professare con coraggio e credibilità le sue convinzioni. In fin dei conti l'Amore chiede d'essere cantato e celebrato, condiviso e proclamato: mai zittito. Fosse successo nel nostro paese - che ancora s'ostina a dirsi democratico e di matrice cristiana - la risposta sarebbe stata forse uguale, con annessa magari la presa di posizione di qualche alto prelato sdegnato per una fede così esplicita. Per chi crede in un cristianesimo dell'innamoramento, quella maglietta rappresenta oggi il benvenuto più ardito nell'avventura cristiana: perchè se l'uomo di fede non infastidisce più nessuno, significa che il messaggio che porta è vuoto; ma se è vuoto è destinato a morire in fretta. Il vero problema è che i credenti non sono più un problema per nessuno. Almeno quel ragazzo è stato un problema per la sua scuola. Che, guarda caso, ha dovuto riammetterlo con la possibilità di indossare la maglietta. Come a dire: scusate la gaffe, abbiamo sbagliato mira.
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