2013, la Dal Lago sindaco
Sabato 26 Settembre 2009 alle 08:00 | 0 commenti
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Il disegno in sonno sta già cominciando a tessere la sua tela: una lista trasversale per candidare la leghista Manuela. Le contromosse di Variati
Parlarvi di Manuela Dal Lago potrebbe richiedere poche righe: consigliere comunale col Partito Liberale Italiano nel 1990, tre anni dopo convertita alla Lega Nord, dal '95 al '98 assessore provinciale alla cultura, presidente della Provincia dal '98 al 2007, ex presidente dell'autostrada Serenissima Brescia-Padova, oggi capogruppo leghista in Sala Bernarda a Vicenza e vicecapogruppo del Carroccio alla Camera dei Deputati. Ma, naturalmente, sarebbe farle un torto. Manuelona nostra è molto di più. E', con Stefano Stefani, una delle due teste della diarchia che regge il movimento padano nel Vicentino. Ed è una bella testa politica: fine, machiavellica, scaltra. Sa muoversi bene fra interessi ed emendamenti, restando sempre una spanna sopra ai suoi colleghi di partito. E soprattutto, è ambiziosa. A 64 anni non teme l'invecchiamento e mira ad sogno antico: la poltrona di sindaco della città del Palladio.
La promessa
Se l'è già segnato in agendina. E lo ha già preannunciato urbi et orbi l'anno scorso, con Variati ancora fresco di elezione: «Al di là che cerchino di farmi star fuori dal Consiglio Comunale la prossima volta cercherò di entrarci con forza facendo il sindaco. La candidatura non me la toglie nessuno se sarò in salute e ci sarò ancora» (La Domenica di Vicenza, 26 luglio 2008). Ora, uno si chiede: ma perché mai la Dal Lago, conquistato lo scranno parlamentare con una posizione di rango (capogruppo), vicina alla potente ala obbediente al ministro Bobo Maroni, proiettata insomma sui fasti di Roma un tempo ladrona - perché dovrebbe puntare ad un posticino tutto sommato provinciale e senza gloria come quello di Palazzo Trissino? E perché, per giunta, dovrebbe sbandierarlo con ben quattro anni di anticipo? Le ipotesi sono due. E in realtà convergenti. La prima è che abbia voluto lanciare un avvertimento, soprattutto ai suoi e agli alleati del PdL: occhio ragazzi, perché anche se sono affaccendata nella capitale, intendo continuare a occuparmi delle cose vicentine. Cioè: non lascio il campo alla rivale Lia Sartori, agli avversari interni alla Lega (Stefani, Filippi, Schneck) o a chicchessia. Resto punto di riferimento di quella rete di poteri costruiti in dieci anni di presidenza a Palazzo Nievo e di combattiva presenza nel consiglio del capoluogo. Ovvero, quella "maggioranza occulta" che si estendeva da lei a pezzi del centrosinistra (Ubaldo Alifuoco, Marino Quaresimin) e della fu Forza Italia (Marco Zocca), che durante i due mandati di Enrico Hullweck, specialmente nel secondo, emerse più volte mettendo in seria difficoltà quest'ultimo. Ad ogni modo, la rivendicazione a distanza siderale della candidatura a sindaco poteva essere interpretata, l'anno scorso, come un segnale contingente. Della serie: "ci sono ancora".
I trasversalisti
Tuttavia la mossa tradisce un secondo scopo più profondo. Manuela, se non riuscirà a ottenere l'ascesa nel cursus honorum romano (ad esempio, un bel posto da sottosegretario), giustamente mette le mani avanti e si prepara ad essere protagonista qui, piuttosto che comprimaria là , nei trafficati palazzi capitolini. Meglio la prima fila nella piccola e ininfluente Vicenza, piuttosto che la seconda fila nella Roma dei grandi capi. Il piano che avrebbe in mente è sempre lo stesso. Dovrà solo aggiornarlo. E prevede lei candidata con l'arma di una lista civica, nella quale si convoglierebbe la variopinta schiera dei "trasversalisti" berici. Stiamo parlando del gruppo di pressione formato dalle tre associazioni Vicenza Riformista, Impegno per Vicenza, Cittadinanza Attiva. La prima è la creatura dell'ex consigliere diessino Alifuoco, leader della frangia del Pd nemica di Variati. La seconda è formata soprattutto da ex forzisti di ascendenza socialista, ed è capitanata dal già presidente della Biblioteca Bertoliana, Mario Giulianati. La terza è guidata dal medico Franco Figoli, una specie di associazione noprofit politicamente moderata. Sono gli autori del Patto per Vicenza, strombazzato documento sul Dal Molin con cui, complice il direttore del Giornale di Vicenza Giulio Antonacci, si sono accaparrati la ribalta mediatica pur avendo un seguito non quantificabile. Proprio cavalcando il Patto, costoro stanno preparando il terreno in modo da trovarsi pronti, nel 2013, ad accogliere la salvifica discesa in campo della Dal Lago. Che si autorappresenta sì come leghista di provata fede, ma che al contempo ha sempre tenuto una condotta aperta e dialogante con questi settori, facendosi passare come politica "moderna, riformista, pragmatica, non ideologica".
La resistenza di Achille
Dopo cinque di governo Variati, democristianissimo ma fermo sulla linea del Piave contro la terza via inciucista, la dama di ferro della Lega conta di chiamare a raccolta gli scontenti più moderati della maggioranza variatiana. E, salvo sorprese (che per la verità in politica non mancano mai), è sicura di non avere concorrenti nel centrodestra. Dopo l'umiliante batosta presa dalla Sartori, il PdL avrà poche carte da giocare. Così, con Pdl, Lega e lista trasformista di supporto, Manuela potrà dare l'assalto a Palazzo Trissino con uno schieramento sulla carta invincibile. E se per caso dovesse perdurare la guerra fra Pdl e Lega, tanto meglio: Manuela, arcinemica di Galan, metterebbe i fratelli-coltelli berlusconiani alle strette, perchè elettoralmente parlando il suo nome peserà sempre di più di qualsiasi altro fra i pidiellini. Per contrastare il disegno, Variati dovrà essere bravo a contentare a sufficienza i poteri forti (costruttori, immobiliaristi, industriali oggi in minoranza in Confindustria) che sicuramente investirebbero sulla Dal Lago in quanto più disponibile ad assecondarli. Detto meglio: dovrà resistere alla tentazione di dar loro troppa corda in questi anni che gli rimangono, e al contempo consolidare e se possibile ampliare il consenso genuino della popolazione. La seconda strada sarebbe senz'altro preferibile. Achille ha un patrimonio di credibilità che, benché sia stato scalfito da qualche crepa (certi pasticci urbanistici come la Torre Girardi, la parziale politicizzazione del vertice Aim con l'inserimento di Quaresimin, una malcelata exit strategy sulla Ederle 2), tiene ancora botta. Non ha fatto nessuna grossa porcata, per capirci. Questo perché, a dirla tutta, non ha fatto tanto, in termini concreti. Ma qualche buon risultato l'ha messo a segno: la risollevazione, ancorchè parziale e con qualche ombra, di Aim; una certa rivitalizzazione del centro (Campo Marzo in particolare); un maggior rigore nel bilancio. Resta da capire come sarà realmente il Pat, o se ci regalerà (speriamo di no) rovinose cadute di stile come imbarcare in giunta un Cicero per tutti i gusti e tutte le stagioni. Essendo seduto in bilico su quei 500 voti di scarto rispetto alla Sartori, il sindaco Pd sa perfettamente che la rielezione deve sudarsela giorno per giorno. Per questo sta attentissimo agli umori popolari e si profonde in una comunicazione maniacalmente studiata. La paura di essere disarcionato dal fantasma della Dal Lago gli darà la forza di erigere un muro anti-inciucio? E' l'interrogativo con la "i" maiuscola della politica vicentina.
Alessio Mannino
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