Può tornare Karl Marx? La Voce del Sileno anno 3
Venerdi 23 Marzo 2018 alle 10:32Sequestro conti correnti Lega Nord, Vicenza Capoluogo: "è solo la giusta conseguenza di un modo sbagliato di intendere la politica"
Lunedi 25 Settembre 2017 alle 21:13Queste riforme s'han da fare
Venerdi 9 Aprile 2010 alle 16:57Vinti, vincitori e ‘pareggianti' alle regionali ora intonano tutti l'inno alle ‘riforme condivise' da fare. Quali riforme e perché, se lo è chiesto anche il presidente Giorgio Napolitano invitando, una volta tanto, alla concretezza delle proposte per il Paese e non per singoli interessi.
Ci piace, quindi, riportare quanto scritto da Michele Serra su La Repubblica di mercoledì 7 aprile nella sua rubrica L'amaca
Michele Serra (La Repubblica)
Credo di aver udito la parola "riforme"già nella mia vita prenatale, nella pancia di mamma, insieme a "Que serà serà " di Doris Day e alle voci di Renato Rascel e Mario Riva. Sono nato, cresciuto, maturato, ormai quasi incanutito sentendo dire che erano in arrivo le riforme. Doris Day, Rascel e Riva nel frattempo sono trapassati, le riforme no, le riforme ancora incombono, ancora le aspettiamo, come in un eterno avvento.
Mi sono sempre chiesto che cosa significhi esattamente, riforme, ma non l'ho ancora capito. Se ogni nuova legge è la riforma di qualcosa di preesistente, allora le riforme si fanno ogni giorno, sono la routine della vita politica, e non si capisce perché se ne parla tanto. Ogni politico è, per definizione, riformista in quanto legislatore: pleonastico, dunque, parlare così solennemente. Se proprio si vuole dare l'idea di essere politicamente molto indaffarati, si trovi infine un neologismo realistico, tarato sul piccolo e medio cabotaggio che l'evo suggerisce. Non so, qualcosa come "leggi toste", "stra-leggi", "leggione". Ma riforme per piacere no, per pietà , danno un'idea di stantio e insieme di vuoto, vuoto come la retorica.