Visco: non fu Bankitalia lo sponsor della Banca Popolare di Vicenza con l'Etruria
Domenica 31 Gennaio 2016 alle 13:25 | 1 commenti
Un'ampia, minuziosa ricostruzione della vicenda delle quattro banche locali andate in default e messe in risoluzione il 22 novembre scorso. Nel suo intervento al Forex, Ignazio Visco ha sottolineato, tra l'altro, che la decisione di porre una banca in amministrazione straordinaria non è mai una scelta che si fa a cuor leggero. Ma si compie, a valle di molti interventi, per cambiare la governance, verificare nuovi piani industriali, sollecitare il rafforzamento patrimoniale o la vendita di rami di attività «a fronte di ingenti perdite e gravi irregolarità , tali da compromettere il rispetto dei coefficienti patrimoniali, quando non è più possibile che gli amministratori delegati dalla proprietà assicurino un credibile programma di risanamento aziendale».
L'intera sequenza degli interventi, ha detto ieri il governatore «è stata posta in atto, nei quattro casi in esame come in tutti gli altri casi di crisi bancaria affrontata dalla Vigilanza (circa 100 negli ultimi 15 anni), con attenzione e tempestività , nel rispetto delle norme esistenti».
Scorrendo il lungo Q&A dell'approfondimento fornito da Bankitalia, poi, emergono alcune precisazioni importanti . La prima è che la Banca centrale italiana non ha mai "sponsorizzato" l'operazione di aggregazione della Banca popolare dell'Etruria con la Banca popolare di Vicenza.
«La Vigilanza è chiamata ad autorizzare richieste di aggregazioni fra banche sulla base dei criteri fissati dalla legge - si legge sul sito - i quali badano al fatto che la banca risultante dall'aggregazione possa essere gestita in modo sano e prudente. Nel caso Banca Popolare dell'Etruria-Banca Popolare di Vicenza, l'ipotesi di aggregazione fu autonomamente avanzata dalla banca vicentina. La Vigilanza, come da prassi, ascoltò le ragioni di entrambe le parti per formarsi tempestivamente un giudizio, ai fini dell'autorizzazione che potesse esserle infine richiesta. Ma il negoziato non proseguì perché le parti non si misero d'accordo e nessuna richiesta di autorizzazione fu mai formalmente avanzata».
In un altro documento pubblicato sul sito, la Banca d'Italia fa la cronistoria degli interventi di vigilanza sulle quattro banche che portarono ai commissariamenti e poi alla risoluzione. A proposito del cda di Banca Etruria insediatosi nel 2014, che vedeva alla presidenza Lorenzo Rosi e alla vice presidenza Pierluigi Boschi, si spiega che il cda in questione «non assicurò la richiesta discontinuità gestionale con motivazioni di difesa del territorio e di indipendenza della banca e rifiutò l'unica offerta ufficiale, autonomamente avanzata dalla Popolare di Vicenza». Via Nazionale già a dicembre 2013 aveva chiesto al precedente cda di integrare la banca con un partner più solido. L'approfondimento di Bankitalia si occupa anche della questione della forte svalutazione delle sofferenze decisa al momento della risoluzione delle 4 banche.
Non si potevano usare criteri meno penalizzanti? Si sono chiesti in molti. Secondo Palazzo Koch, per via dell'interpretazione fornita dalla Commissione Ue della direttiva Brrd e delle norme sugli stati, non c'era altra strada. La Commissione ha infatti chiaramente indicato la necessità di approssimare il valore teorico che le sofferenze avrebbero assunto se fossero state immediatamente cedute sul mercato. Di qui la stima del valore a meno del 18 per cento. Ma anche se la valutazione dei crediti inesigibili fosse stata meno severa, si spiega, secondo le norme europee ne avrebbe tratto vantaggio solo il Fondo di risoluzione, che avrebbe dovuto coprire un minore importo. «Data l'entità delle perdite - è la conclusione - nulla sarebbe invece cambiato per i detentori di azioni e di titoli subordinati».
Di Rossella Bocciarelli, da Il Sole 24 Ore
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