Violenze e persecuzione da un vicino di casa, lettera di una donna al Capo della Polizia
Lunedi 7 Marzo 2016 alle 23:36 | 0 commenti
Irma Lovato ha scritto una lettera aperta al Capo della Polizia Alessandro Pansa
Gentile Capo della Polizia Signor Alessandro Pansa,
le scrivo per portare alla sua attenzione il mio vissuto: cinque anni che hanno segnato profondamente la mia vita. Quella passata ed anche, ne sono certa, quella futura. Sono stata vittima di una violenza di genere, di una persecuzione, di uno stillicidio di azioni messe in atto dal vicino di casa; eventi che fin dall' inizio non sono stati compresi nella loro gravità e nel loro insieme e che sono passati tra molte mani indifferenti, non preparate o quantomeno inadeguate.
E costoro hanno inferto su di me altra forma di violenza: quella di non essere compresa e aiutata.
L' intento che coltivo nel scriverle questa lettera, è quello di poter rendere la mia esperienza motivo di riflessione per chi si adopera a favore delle donne vittime di violenza.
Ho maturato la convinzione che la violenza di genere è un dramma sociale dalle molte sfaccettature, che meriterebbe costante attenzione da parte della società civile e anche da parte di quelle persone che rivestono ruoli strategici all' interno della Pubblica Sicurezza sul territorio, nei piccoli paesi. Persone preparate, pronte a cogliere da subito il dramma che si cela dietro un silenzio o a uno sguardo incapace di esprimersi, ma che un corpo e una mente sofferente non possono non svelare.
Avverto l' urgente necessità di una presa di coscienza collettiva affinché le donne violate nella e della loro libertà e spesso della loro vita, siano e vengano considerate figlie di questa società che relega il problema nell' ambito familiare, rimuovendo il senso di responsabilità che ogni cittadino/a e Istituzione dovrebbero sentire come proprio.
E' e sarà una battaglia e una conquista non facili ma per raggiungere la meta dovremmo avere il coraggio di guardare necessariamente alla realtà del e nel quotidiano.
Mi parrebbe buona e saggia cosa, e mi auspico possa diventare realtà , un suo interessamento e una visita presso l' Ufficio Squadra Mobile 2° sezione della Questura di Vicenza, per comprendere e considerare la situazione territoriale relativa al dramma della violenza di genere e per constatare da vicino la realtà di ciò che anch'io ho visto e vissuto: della dedizione e competenza che ho toccato con mano, nonostante le “poche forze e mezzi†a disposizione. E questo a 50 km da casa mia...
Ho conosciuto l' Ispettore Roberto Minervini (dopo due anni di giri a vuoto) ad una serata presso lo Sportello Donna di Malo (VI); l'intento dell' incontro era quello di sensibilizzare sul tema della violenza di genere e della violenza sui minori. Egli ci ha portato i saluti del Questore ma non era in servizio: questo suo agire gratuito è frutto indubbiamente di una sensibilità personale ma nasce anche, e ne sono convinta, dalla sua preparazione e dalla convinzione dell' importanza delle GIUSTE informazioni portate sul territorio e vicino alle persone. E portate al momento giusto.
Dunque mi chiedo e le chiedo: perché non far sì che l' esperienza positiva e concreta di un singolo ufficio non possa diventare un' esperienza da rafforzare e da divulgare?
Squarciare il velo dell' ipocrisia delle ben pubblicizzate task force, delle giornate pro-forma create per sensibilizzare ma che hanno oramai l' unico scopo di sfamare quel senso collettivo del dire “La mia parte l'ho fatta...†, che il ritrovarsi in piazza o in certe conferenze sazia alla perfezione.
Ma la realtà è ben diversa. E io l' ho conosciuta.
A distanza di cinque anni dalla prima aggressione, dalla quale ne sono uscita viva, la vicenda con il persecutore è giunta al suo epilogo poco più di mese fa, semplicemente perché egli è morto.
Il Processo sarebbe iniziato di lì a pochi giorni.
La mia fame e sete di giustizia non hanno trovato ristoro, cerco di dar loro ascolto e fiato: scrivendo e scrivendo...e ancora scrivendo.
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