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Violenza contro le donne, una cittadina: le parole per non parlarne

Di Citizen Writers Mercoledi 13 Aprile 2016 alle 18:26 | 0 commenti

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Riceviamo da Irma Lovato e pubblichiamo

La violenza contro le donne continua: più o meno vicino a noi, più o meno efferata. Ogni storia sembra avere un perché, un movente, un luogo, una mano assassina, diecimila o giù di lì scusanti (per lui), e una vittima: sempre certa che non ha più modo di vivere e quindi di difendersi. Non sono argomenti facili, me ne rendo conto, ma mi pare sia giunto il momento che i mezzi di informazione e le persone che per essi scrivono, facciano un salto di reale qualità.

Il riempire pagine con particolari, indiscrezioni, fughe di notizie e supposte fantasie non aiuta nessuno a riflettere, non aiuta la società a prendere in seria considerazione l' argomento; e soprattutto non aiuta le donne che vivono dentro ad una situazione di violenza e le pone in quel limbo di sentirsi loro stesse causa e non vittima: ma è giusto ricordare che dove c'è una vittima, lì esiste un reato.

Spesso, troppo spesso, leggo di “santi uomini” che in un momento di “non presenza” hanno ucciso; e di donne, già morte purtroppo, a cui gli si fanno i conti in tasca: mettendo in fila su un' improbabile pallottoliere, le loro amicizie maschili e femminili. Che caspita!

Peggio ancora quando la mano violenta è straniera: allora emerge il peggior razzista; mentre se la mano è nostrana ognuno sta composto nel proprio scranno.

Poi ci sono le interminabili statistiche dove i soggetti vengono meticolosamente suddivisi tra ceto, grado di studio, età, regione e nazionalità.

Altrettanto spesso alcuni giornalisti cadono nel fango del patetico e delle facile emozioni strappalacrime, falsa e meschina modalità di raccontare senza volerne parlare: così si catturano i lettori come mosche ma, non si contribuisce minimamente a far sì che la società prenda coscienza del dramma di cui sto parlando. Anzi, credo che l' anteporre l' emozione al ragionamento faccia sì che la prima diventi un' ostacolo ad ogni possibile riflessione.

Certo, mi si dirà che i giornali son fatti per vendere; a costoro non posso che rispondere che le donne son nate per vivere: mettiamo sulla bilancia gli argomenti e valutiamo dove si sposta l' ago della bilancia. E agiamo di conseguenza.

Ma se le parole pensate e scritte non ci aiutano a comprendere le ragioni che stanno dietro i femminicidi, alla violenza di genere e allo stalking, cosa rimane del lavoro del giornalista? Se il suo scrivere non svolge il servizio di informare è egli certo che sta facendo giornalismo a servizio e in favore della collettività?

Ci sono argomenti che non si possono più banalizzare: anch' essi parlano del grado di civiltà della nostra società. E a ben guardare non c'è da stare allegri.

Torno a dire che non sono argomenti né facili né semplici da trattare, però nessuno è obbligato a scriverne se non ha le competenze per farlo: meglio la cruda notizia. O il silenzio.

A volte penso che non vogliamo nemmeno comprendere le ragioni insite in questi gesti violenti; forse vogliamo tenerli lontani per non porci domande che minerebbero la falsa quiete in cui viviamo; forse non vogliamo renderci conto della banalità del male, che è così vicino a noi da non riuscire, o non volere, nemmeno metterlo a fuoco: presbiopia culturale.

O forse il soffermarsi a riflettere sulle ragioni della violenza contro le donne è motivo di inquietudine per ciascuno di noi: perchè parla dell' imperscrutabilità dell' animo umano? Destabilizza i più: di questo ne sono certa!

Serve coraggio e intransigenza per parlare di questa forma di violenza, mi appare il modo giusto per affrontarla: non ci sono alternative o scorciatoie. La dobbiamo guardare in faccia.

Come dobbiamo osare a guardare una donna negli occhi dopo che è stata vittima di violenza: quando il suo corpo e la sua psiche sono andate in frantumi...

Solo allora possiamo prendere la penna in mano. E scrivere.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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