Venti di guerra
Lunedi 4 Settembre 2017 alle 09:45 | 0 commenti
Dalla Corea del Nord, uno degli ultimi stati comunisti per costituzione e per prassi totalitaria, giungono a noi venti di guerra e di guerra termonucleare. Si è già sparsa una grande paura e si paventa il peggio. Non sarà solo una questione d'oriente, ma, ben lo sappiamo da quanto hanno compiuto i totalitarismi del novecento, il mondo intero ne è coinvolto ora solo diplomaticamente, ma nulla di pacifico si profila all'orizzonte considerate le azioni di Kim Jong-un, guida suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea, Capo del partito del Lavoro, Presidente della Commissione per gli affari di Stato (dal 29 giugno 2016), presidente della Commissione militare centrale (dal 27 settembre 2010) e comandante supremo dell'Armata del popolo coreano. Certo si dice, che voglia solo provocare, che intenda ottenere la rimozione delle sanzioni, che, in fondo, nulla farà .
Ma questa è la ben nota politica dello struzzo che consentì a Adolf Hitler prima (1938) di occupare i Sudeti e poi, in unione con J. Stalin nel 1939, di spartirsi la Polonia e dare l'avvio a quel conflitto mondiale che culminò con lo sganciamento delle bombe nucleari sul Giappone. Da allora il problema di variabili impazzite ma soprattutto di errori di valutazione umana e politica sovrastano il mondo con la paura di lanci di bombe atomiche. Diverse volte, durante la guerra fredda si è rischiato: la questione dei missili sovietici a Cuba ci ammonisce ancora.
Il problema della pace dal 1945 in poi si è spesso identificato con la chiara e precisa ripulsa di ogni arma di distruzione di massa e particolarmente delle armi nucleari di cui ben conosciamo gli esiti anche a distanza di anni. Purtroppo il problema è stato spesso sfruttato a fini ideologici. In Italia pareva che l'unico a preoccuparsi del problema fosse il defunto Partito Comunista Italiano di fede sovietica e fedele esecutore delle direttive che provenivano da Mosca.
Per fortuna, però, vi erano anche altri movimenti per la pace, che, prescindendo da valenze ideologico-politiche, con sincera passione invitavano a cercare ad ogni costo la pace, che, come disse Erasmo da Rotterdam (Querela pacis undique profligata), può anche essere comperata. Ma questi movimenti non hanno avuto quell'impatto che si sperava e sono stati sostituiti da quel generico "pacifismo" che maschera in realtà posizioni ideologiche che in Italia si identificano con un antiamericanismo di maniera e a Vicenza ha trovato Achille Variati che li ha coagulati per ottenere i due mandati, per fortuna solo due, per, diciamo, fare il sindaco di una città dove proprio il Partito Democratico al governo con R. Prodi aveva dato il via alla costruzione della nuova base americana con tanto di commissario di parte che assegnava i lavori ai soliti noti.
Con costanza i vari movimenti si sono perfino serviti perfino di "via Crucis", fatte in qualche modo, pur di manifestare il loro antiamericanismo che prosegue quasi settimanalmente.
Qualcuno, fautore della pace e della concordia tra i popoli, vorrebbe però vedere questi stessi movimenti essere capaci, almeno con le parole di cui sono capaci, di intervenire per denunciare tutti coloro che nel mondo attualmente cercano di suscitare venti di guerra o opprimono, come in Venezuela, basandosi su una teoria totalitaria, il comunismo, il proprio popolo.
Mai, dicesi Mai, i movimenti pacifisti vicentini hanno espresso una qualche posizione contro e oggi, che il pericolo si fa ancora più grande, dire almeno una parolina contro il dittatore comunista della Corea. Preferiscono fare festival contro gli americani e si limitano a quelle posizioni che servono più a raccogliere voti in loco per il candidato che verrà loro indicato o per gestire, tramite opportune organizzazioni, l'erigendo parco della pace, che non ricorderà certo le vittime del totalitarismo comunista, ma solo quelle della parte avversa con tanto di condimento in salsa americana.
Forse Vicenza aspetta una autentica riflessione di pace lasciando da parte coloro che hanno sfruttato la pace per fini politicanti e in parte ideologici, aprendosi ad una vera cultura di pace che si imposta prima di tutto non cercando avversari/nemici, ma costruendo sentieri di amicizia e di impegno contro la possibilità stessa di guerre, lotte armate, terrorismo, inciviltà diffuse che suscitano avversioni anche tra gli abitanti di uno stesso condominio.
Un progetto di pace che dimentichiamo, perché la lotta, l'avversione piace a chi non conosce la guerra e non sa che essa è l'attività più empia che l'uomo possa fare, dalla quale è difficile uscire e che lascia sempre conseguenze gravissime. Una tensione che deve coinvolgere e non solo in una direzione, quella che ci fa più comodo politicamente, magari per piccole elezioni amministrative... a Vicenza.
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