Untori di ieri e di oggi: una società alla fine
Lunedi 15 Agosto 2011 alle 20:02 | 0 commenti
Riceviamo da Italo Francesco Baldo, Presidente Impegno per Vicenza, e pubblichiamo
Nel capitolo 31 de "I promessi sposi" A. Manzoni ben evidenzia la figura dell'untore; un individuo sospetto che, durante il periodo in cui devastava la peste, cospargeva luoghi di una sostanza giallastra per contagiare le altre persone. In ogni epoca soprattutto di pestilenza, di crisi o di varie altre gravi situazioni si cerca sempre e comunque il responsabile, il nemico da individuare e quindi possibilmente eliminare. Questa modalità , fatta propria anche da Lenin (bisogna sempre individuare il nemico, meglio se interno al Paese) consente di sviare dai reali problemi, da quelli che dovrebbero interessare tutti.
La peste era diffusa da un batterio (Yersina pestis) e colpiva senza tante discriminazioni di sesso, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, era un problema che riguardava tutti e tutti insieme dovevano trovare la soluzione. Invece individuare i cosiddetti gli untori serviva a evitare di considerare anche le proprie responsabilità e soprattutto ad evitare di cambiare. E' quello che sta accadendo oggi non solo in Italia, ma particolarmente nella nostra repubblica. Gli untori, i responsabili sono i politici, che guadagnano troppo, che hanno privilegi, ecc. Si pensa che, eliminati, lo Stato diverrà migliore, anzi supererà la crisi, non toccando chiaramente quelli che sono i miei personali interessi e vantaggi. A ben riflettere quanti nella pubblica amministrazione percepiscono stipendi spesso superiori a quelli dei politici (il reddito dei magistrati è agganciato a quello dei deputati, i vari amministratori di ULSS, ASL, aziende di Stato o a partecipazione statale, ecc. ecc.), ma è di moda criticare i politici. Nessuno intende rinunciare, anzi appena si parla di una vera solidarietà economica, nonché politica, ecco che scatta il meccanismo: paga tu!, io non posso, ma soprattutto io non voglio. La politica in Italia si è ridotta, alla faccia dei predicatori del "Tutto è politica" ad una sola questione di denari. E' l'economia propria che deve valere, e accanto ad essa il vero batterio della società attuale: i diritti cui nessuno intende rinunciare. Essi non sono né diritti naturali, né diritti del fine buono della comunità e dello Stato, sono semplicemente il mio volere. Il cittadino intende godere non solo dei diritti che la Costituzione stabilisce, ma vuole che quanto egli desidera sia diritto e di fronte al proliferare dei diritti, si assiste in realtà alla morte del diritto. Il diritto non è quanto io desidero: ciò che voglio deve essere legge, ma avere come fine la giustizia che è riconoscibile da tutti ed essa mira al bene comune, che lo Stato, mediante le leggi, costruisce come bene civile. Ma, appena d'inizia a parlare del bene, ecco che esso è morto, perché il bene coincide anch'esso solo con il mio volere che quanto voglio sia bene è non perché lo sia, ma perché io lo ritengo bene. Il bene non si contrappone certo al male, anch'esso come realtà riconoscibile è morto. Non resta che la realtà del singolo che ha perduto il valore ed il dovere della comunità , rivendica diritti senza doveri e con ciò muore proprio il diritto, che consente il legame con reciproco vantaggio della società .
Le stesse rivolte con la chiara intenzione di appropriazione di beni " alla moda", non è l'assalto ai forni sempre di manzoniana memoria, è l'affermazione del mio diritto a disporre di quello che i ricchi possono avere. Sarebbe interessante verificare, come quando a Genova di assaltava un negozio di liquori, se costoro siano nella necessità . Certo no! Essi affermano solo il proprio singolare diritto ad avere qualcosa che vogliono e questo non solo nei liquori, ma in ogni modo o atteggiamento della vita. Sacrificio, lavoro, impegno, dovere sono parole vetuste, valgono solo i diritti. Se questi non hanno realizzazione, allora la colpa è di qualcun altro, con ciò sperando di risolvere i problemi.
E' invece la sconnessione delle nostre società statali al vero rapporto con il diritto e quindi con la valutazione morale del bene che è la causa principale di molte vicende umane attuali e di fronte a ciò tutti, non solo i politici, hanno colpe e quindi responsabilità . Non basteranno "le grida", i provvedimenti tampone a sbrogliare la situazione: Ciò che urge è un cambiamento autentico dei punti di riferimento, ma questi implicano sacrifico e magari rinunce ai propri voleri, detti " diritti", e pertanto non vi saranno cure, ma solo rimedi che allontanano momentaneamente i problemi. Cacciare i politici è come imprigionare gli untori, ma il bacillo della crisi della nostra società , non sarà sconfitto e temo che oggi si continuerà a non voler cambiare e semmai a far pagare ad altri.. Tornano di grande attualità le parole del poeta dell'unità Giacomo Zanella:" In Italia le piaghe si conoscono, manca la mano che vi applichi il farmaco o il ferro" e questo può essere compiuto solo dal concorso di tutti, ma non ci riconosciamo più come "tutti".
Italo Francesco Baldo
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