Tutela del risparmio, arriva l'arbitro per i servizi di investimento
Lunedi 9 Gennaio 2017 alle 08:41 | 0 commenti
Da oggi, 9 gennaio, il risparmiatore italiano ha uno strumento di protezione in più. All’arbitro già funzionante presso la Banca d’Italia per le controversie sui servizi bancari, si aggiunge quello per i servizi di investimento, dunque per una materia che riguarda strettamente i profili di correttezza e di trasparenza che sono alla base della tutela degli investitori. Il momento non poteva essere più opportuno, visto che le recenti tormentate vicende delle banche italiane hanno aperto nuove ferite e soprattutto hanno fatto scricchiolare la fiducia in banche che avevano sventolato per anni la bandiera del localismo e dell’attenzione agli interessi del territorio. Alcuni aspetti incoraggianti vanno subito sottolineati.
La Consob ha fissato una soglia decisamente alta per le controversie: 500mila euro, cioè cinque volte l’importo previsto dall’Arbitro bancario; ha stabilito tempi rapidi (90 giorni dal completamento del fascicolo) e una procedura telematica che dovrebbe rendere più semplice la dialettica fra le parti e contenere i costi per i ricorrenti, ovviamente quelli diversi dalla pura procedura arbitrale, che è gratuita. Con queste premesse, non è difficile prevedere che il nuovo organismo dovrà affrontare una massa di lavoro cospicua e con tutta probabilità superiore a regime ai quasi 14mila ricorsi che nel 2015 sono piovuti sui tavoli dell’Arbitro bancario. Il principio fondamentale di questi organismi arbitrali, previsti da una direttiva europea del 2013, è di far sapere agli investitori che possono contare su un giudizio tecnico imparziale, rapido e relativamente poco costoso per risolvere le loro controversie con gli intermediari. C’è un giudice a Berlino, insomma, come diceva Brecht a proposito del mugnaio che vinse una controversia con l’imperatore. L’innovazione non va quindi interpretata come una sorta di riparazione alle recenti vicende delle banche entrate in crisi, anche se queste alimenteranno sicuramente una parte delle controversie non risolte dall’intervento di legge. Quanto è avvenuto in Italia è la dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, che è illusorio affidare la tutela del risparmiatore alla combinazione di una puntigliosa informazione su ogni possibile rischio futuro accompagnata dal rispetto delle norme di comportamento. La prima genera prospetti agili come un romanzo russo dell’Ottocento; la seconda produce formulari non meno complessi e quasi sempre visti come fastidiose incombenze burocratiche. Queste norme sono ovviamente il pilastro di ogni regolamentazione, ma per essere efficaci devono essere accompagnate da interventi diretti dell’autorità di vigilanza. In primo luogo, preventivi: titoli come i subordinati emessi dalle banche negli ultimi anni si addicono solo a investitori istituzionali, anche perché è sempre meglio acquistare un fondo comune specializzato in questo genere di titoli per sfruttare i vantaggi della diversificazione, piuttosto che puntare tutto su una singola banca. In secondo luogo, occorre un’azione di vigilanza nel continuo, cioè l’equivalente dell’azione di pattugliamento e di raccolta di informazioni in tempo reale che da sempre è una delle armi delle polizie efficienti. I mercati artificiali delle azioni delle popolari non quotate potevano essere portati ben prima alla luce del sole del mercato ufficiale senza bisogno dell’arma totale della trasformazione d’imperio della forma sociale. In altre parole, la funzione dell’arbitro va ben al di là del problema contingente dell’ultimo episodio dei rapporti controversi fra banche e risparmiatori, che ha vissuto molti momenti bui, ma lungo una strada che – va riconosciuto – ha portato alla valorizzazione del risparmio, che è una delle nostre risorse nazionali. Del resto, la scelta del termine «arbitro» non è casuale. Il nuovo organismo si pone come parte terza e imparziale nelle controversie, per giungere rapidamente a una soluzione che il ricorrente può sempre rifiutare per adire la magistratura ordinaria. È ovvio che le decisioni del nuovo organismo avranno un peso importante, vista l’autorevolezza tecnica del collegio giudicante e contribuiranno a formare una giurisprudenza omogenea che non solo rafforzerà la tutela del pubblico, ma che col tempo potrebbe indurre gli intermediari ad un’osservanza meno formale delle norme di settore. Uno dei difetti, forse il principale, della Mifid è quello di aver ridotto il nobile principio della tutela del risparmiatore alla gara a chi produce il formulario più complesso e più ricco di clausole protettive per l’intermediario, accentuando l’aspetto burocratico del rapporto fra banca e cliente e generando comunque costi amministrativi non indifferenti, per non parlare della fetta di foresta amazzonica che ci giochiamo per formulari, prospetti e documenti vari. Le decisioni dell’arbitro con l’andare del tempo possono contribuire a indurre gli intermediari a una compliance finalmente più attenta alla sostanza che alla forma. Sarebbe la prova definitiva di quanto sia importante aprire ai risparmiatori la strada di una risoluzione rapida ed efficiente delle controversie.
Di Marco Onado, da Il Sole 24 Ore
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