Tredici milioni di certificati inutili e lo Stato incassa 5 miliardi
Lunedi 11 Luglio 2011 alle 19:58 | 0 commenti
La legge Bassanini funziona, ma un altro 70% di certificati può essere eliminato: ormai a pretenderli al posto delle autocertificazioni sono soprattutto i soggetti privati (da VicenzaPiù e Ovest-Alto Vicentino n. 217 in distribuzione). Sono ben 13 i milioni di certificati di fatto inutili chiesti da banche, preti e notai, dall´estratto di nascita allo "stato libero". Ma si tratta anche di spese inutili per le amministrazioni che devono tenere aperti gli uffici, che dovrebbero per esigenze reali emettere 5 milioni 400 milardi certificati, mentre gli altri 12 milioni 600 mila potrebbero essere sostituiti dall´autocertificazione, oppure non servono e basta.
Sbaglia chi li richiede, cioè quasi sempre i privati: banche, assicurazioni, avvocati, notai, altri liberi professionisti, le casse mutue e chi emette libretti al risparmio. Ma assurdo nell'assurdo ci sono anche le amministrazioni che chiedono alle persone di documentare cose che dovrebbero verificare da sole. Un caso che vale per tutti è quello della Presidenza del consiglio dei ministri che nel maggio scorso, come ha "denunciato" lo scrittore Gavino Ledda, ha chiesto a tutti i beneficiari della legge Bacchelli (che prevede l'erogazione di un assegno straordinario vitalizio a quei cittadini che si sono distinti nel mondo della cultura, dell' arte, dello spettacolo e dello sport, ma che versano in situazioni di indigenza) di produrre ogni mese il proprio certificato di esistenza in vita. Mauro Parducci, presidente dell´associazione Demografici associati (DeA), condivide la stima dei certificati inutili con i responsabili delle anagrafi di molte grandi città italiane e anche con alcuni dirigenti del ministero della Funzione pubblica e conferma che: «A parte questa e altre eccezioni, ormai gli enti pubblici si comunicano tra loro i dati. Il problema sono i privati. Anche quando non avrebbero bisogno di un determinato documento, sembrano seguire il detto tutto italiano ‘fidarsi è bene, non fidarsi è meglio'». Altri esempi? La banca che apre un conto corrente con una semplice carta d´identità ma per un finanziamento chiede il certificato di residenza. Preti che non si accontentano delle pubblicazioni in Comune e chiedono lo stato libero a chi si vuole sposare. O i patronati che vogliono lo stato di famiglia per redigere il modulo Isee, un´autodichiarazione di cui è responsabile l´intestatario e non il patronato che la compila. Dulcis in fundo la richiesta ai cittadini di certificati anche in fotocopia ma - dice ancora Parducci- «se non hai bisogno dell´originale, allora significa che quel documento non serve». Alla promulgazione nel 1997 della legge Bassanini, che si applica alle pubbliche amministrazioni e "ai privati che vi consentono", in Italia si producevano 68 milioni di certificati anagrafici, scesi nel 2000 a 35 milioni. In tutto questo tempo pochi privati si sono organizzati per venire incontro al cittadino, a parte qualche banca convenzionata con l´anagrafe per evitare andirivieni inutili ai propri clienti. Al ministero, un dirigente esperto del settore commenta sconsolato: «Siamo convinti che si dovrebbero eliminare anche le autocertificazioni. Le anagrafi devono permettere l´accesso ai loro dati via web da parte di chi ne ha bisogno, privato o ente pubblico che sia». Anche perché il certificato inutile, oltre a essere una perdita di tempo, molto spesso diventa un esborso di denaro senza senso. La legge prevede un bollo di 14,62 euro (più 0,52 di diritti di segreteria) per tutti i documenti salvo quelli previsti in una lunga lista (per motivi previdenziali, sanitari, scolastici eccetera). Così, chi deve produrre un attestato che non serve, per esempio lo stato di famiglia per inserire un neonato in una cassa di assistenza integrativa, deve pagare. Non si sa quanto spendano gli italiani per i certificati inutili perché il bollo dell´anagrafe non è distinto dagli altri. Si conosce però il totale incassato dallo Stato con questa tassa: 5 miliardi di euro.
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