Tra i makers di successo formato Arduino c'è la Dws di Zanè
Domenica 5 Ottobre 2014 alle 15:30 | 0 commenti
di Luca Salvioli
Sono piccole schede che costano 10, massimo 20 dollari. Messe nelle mani di chi vuole realizzare oggetti a partire dal software danno nuove risorse per raggiungere risultati più complessi, anche perché sono capaci di "parlare" con Arduino che in questo campo è un'istituzione (e italianissima, nata a Ivrea). Le nuove board - quattro già sul mercato, altre sei arriveranno a fine anno - le realizza StMicroelectronics, che da anni mette i suoi sensori (giroscopi, accelerometri e così via) all'interno dei più popolari smartphone e console di videogiochi.
Ora «abbiamo deciso di dare la nostra tecnologia non solo ai produttori ma anche al mercato di massa, che ha potenzialità devastanti», dice Andrea Onetti, capo di Mems e Analog di StMicroelectronics.
Ci sono tanti modi per chiamarli: maker, tecnici della strada, artigiani digitali. Hanno in comune la passione per la realizzazione pratica dei loro progetti: quello che oggi moltiplica il loro numero è la discesa dei prezzi e l'arrivo della scheda Arduino che ha reso terribilmente più facile costruire prototipi. Alla Maker Faire di Roma si sono visti quadricotteri, robottini, piante che dicono alla bottiglia quando hanno sete e una miriade di oggetti basati sullo stesso principio: trasmettere via internet dati rilevati da sensori. L'azienda italofrancese ha deciso di scendere in campo con un'offerta hardware, e cioè schede che possono montare componenti a blocchi, sul modello del Lego, e software, ovvero l'Sdk completo per gli sviluppatori per applicare le innovazioni a vari settori.
Il mondo dei maker e quello dell'internet of things sono strettamente correlati e hanno alcune peculiarità . Innanzitutto, sono fenomeni dove ha più impatto la produzione basata sulle esigenze delle comunità rispetto alle offerte standardizzate. «È vero che la tecnologia è globale ma le applicazioni sono e saranno essenzialmente locali - afferma Onetti -. Va quindi abbassata la soglia di ingresso per imprese, individui e nuovi sviluppatori indipendenti». Stessa impostazione per Massimo Banzi, fondatore di Arduino: «Pensate alla casa connessa. Siamo abituati a scenografiche presentazioni con case futuristiche dove c'è tutto tranne le persone che le abitano. Tutti fanno un consorzio, gli utenti sono considerati un prodotto».
Diverso il caso in cui le singole innovazioni domestiche nascono da esigenze specifiche, magari replicabili. Secondo punto: «L'apertura è fondamentale: le nostre schede sono compatibili con Arduino, che ne vende circa un milione all'anno - continua Onetti -, vince chi concede di più, bisogna superare la chiusura del passato, il nostro software è facilmente modificabile dagli sviluppatori».
Allo stesso modo si muovono Microsoft e Intel. Il gigante del software proprietario da qualche mese ha messo un kit di sviluppo per utilizzare Windows sulla piattaforma Intel Galileo, ora disponibile anche per la seconda generazione. Il core del sistema operativo è chiuso, ma le librerie di contorno, ovvero i pezzi di codice per connettersi all'hardware, sono open source.
«C'e' un aspetto particolarmente rilevante per il nostro Paese - sottolinea Onetti -: qui è nato l'artigianato e qui possiamo dare nuovi strumenti agli artigiani per inventare soluzioni e venderle». C'è da capire se si tratti di un fenomeno culturale capace di avere conseguenze economiche. «Negli Stati Uniti inizia a esserci una contabilità economica e in generale si può dire che gli inventori spesso possono poi portare dal loro garage alle loro aziende quello che imparano» conclude Onetti.
Per Stefano Micelli, professore di Economia a Venezia Ca' Foscari, gli aspetti da osservare sono due: «Da un lato ci sono innovazioni tecnologiche d'eccellenza dove iniziano a vedersi conseguenze sui fatturati, e poi una nuova dimensione di lavoro e artigianato resa possibile dall'arrivo di strumenti più flessibili che potrebbe avere conseguenze importanti».
Nel primo caso rientra, ad esempio, la Dws di Zanè, in provincia di Vicenza, che sta passando dall'uso di stampanti 3D in campo professionale a prodotti pensati per un mercato più ampio. Utilizza una trentina di materiali per stampare con applicazioni in campo dentistico e oggetti di precisione. Ha 25 dipendenti e un fatturato di 7 milioni di euro, in crescita del 30% anno su anno. Sempre in tema di stampa 3D, ShareBot ha lanciato la stampante di precisione Materia 101 (600 euro), progettata e sviluppata in Italia con Arduino: disegni, meccaniche e firmware saranno a disposizione della comunità .
La Pardon di Udine invece produce telecamere intelligenti con un rivestimento di design che si ispira ai volatili: hanno ordini in Italia, Stati Uniti ed Emirati Arabi. È diversa dalle altre sul mercato per la cura del dettaglio che permette un inserimento più armonico negli ambienti, facendosi in questo modo portavoce in modo nuovo dei tradizionali tratti del made in Italy nel mondo.
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