Tommaso Moro: un politico che dovrebbe essere ben considerato a Vicenza
Sabato 23 Giugno 2012 alle 14:37 | 0 commenti
Di Italo Francesco Baldo
Ieri la Chiesa Cattolica ha ricordato san Tommaso Moro, il filosofo, lo statista inglese (1478-1535). Umanista, amico di Erasmo da Rotterdam, fu chiamato da Enrico VIII Tudor a svolgere compiti delicatissimi nel governo del Regno, soprattutto quando fu cancelliere dello Scacchiere, e poi anche Cancelliere. Seppe sempre coniugare la sua capacità di studio con gli affari del giorno, ma questi diresse con una visione ampia e etica.
Questa sua prospettiva egli la trasferì nella sua opera più celebre. Coniando un termine che non esisteva "utopia", egli volle significare non un luogo inesistente, ma un "buon luogo". Il nuovo termine diede nome all'opera, la celebre Utopia, dove, descrivendo un isola immaginaria, delinea la necessità per i politici di pensare ad altissimo livello, anche quando debbano occuparsi di piccole questioni. La vita associata è un buon luogo per gli uomini, se sanno condurla con forte istanza etica e non risolvendola nell'egoismo o nella ricerca del potere fine a se stesso. La sua opera è stata svilita da coloro che la pensano solo come una fantasia, un riflettere su un mondo che mai potrebbe esistere. Certo costoro pensano alla politica solo nel lato delle esigenze materiali, ma queste sono il risultato di un pensare nobile, come diceva anche il filosofo Platone. Il suo rigore morale e la sua costante attenzione ad una visione globale dell'uomo, della fede e della stessa politica, non scese mai a piccoli e interessati scopi. Ciò dimostro con la vita. Quando il suo sovrano, per esigenze politiche, volle piegare la Chiesa alle sue esigenze di regno e personali, il Cancelliere gli oppose un netto rifiuto. La questione era politicamente difficile. Enrico VIII intendeva avere un figlio maschio, dato che l'unica figlia, Maria, che poteva succedergli al trono e era legata per parte di madre alla dinastia spagnola e quindi a Carlo V d'Asburgo. La questione detta del divorzio, in realtà la richiesta era di annullamento, perché diceva Enrico VIII aveva sposato la vedova di suo fratello e questo non poteva essere fatto. Ma il re dimenticava che aveva avuto la dispensa per lo sposalizio di Caterina d'Aragona e quindi la sua richiesta era pretestuosa. Enrico VIII, che era stato pure considerato per un suo scritto contro Lutero Defensor fidei, si proclamò capo della chiesa inglese, e volle obbligare tutti a considerarlo tale. Tommaso Moro oppose il suo rifiuto, fu imprigionato e qui senza malvolere al sovrano accettò la condanna a morte.. Scrisse, sulla scia anche del De consolazione philosophiae di Severino Boezio, Il conforto nelle tribolazioni, un soliloquio nel quale si avverte tutta la fede e la grandezza di Tommaso Moro. Poco prima di morire invitò a pregare per Enrico VIII e "e dichiarò che moriva da suddito fedele al re, ma innanzitutto a Dio". Fu proclamato Santo da Pio XI nel 1935 e non sfugga a nessuno il valore di quella data, e Giovanni Paolo II lo dichiarò patrono degli statisti e dei politici.
La fedeltà a principi superiori a quelli della amministrazione politica, ciò il valore della dottrina, del matrimonio, della famiglia diremo oggi, gli costò la vita. Al mercante lucchese Antonio Bonvisi, che operava a Londra scrisse: "Amico mio, più di ogni altro fedelissimo e dilettissimo ... Cristo conservi sana la tua famiglia". Tommaso Moro fornisce una chiaro esempio anche ai politici nostrani che utilizzano magari anche la fede per i loro scopi politici, aggiustando la dottrina a seconda degli scopi elettorali.
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