Tobias Piller del Frankfurter: manca cultura aziendale nei sindacati italiani
Mercoledi 28 Agosto 2013 alle 00:11 | 0 commenti
Tobias Piller del Franfurter Allgemeine Zeitung e presidente dell'Associazione della stampa estera stasera a "In onda" su La 7 ha ricordato che in Germania la Grosse Koalition nacque su 150 pagine di accordo discusse, sottoscritte e rispettate ad anni di distanza e che le certezze tedesche per gli imprenditori e il sistema Paese hanno generato una crescita costante mentre l'Italia dal 2007 ad oggi ha visto scendere del 25% la sua produzione industriale anche per la fuga degli investimenti che gli imprenditori del Belpaese da tempo indirizzano fuori confine.
Ma il famoso giornalista tedesco ha, tra i primi se non il primo e trovandoci concordi per quello che osserviamo da tempo nel Vicentino, puntato il dito verso i sindacati italiani o, meglio, verso la loro mancanza di cultura aziendale nell'analizzare il mondo economico e produttivo per poi attivarsi al meglio a reale tutela degli interessi dei lavoratori: «in Germania i sindacati sono molto più preparati nel trattare i numeri, conoscere i reali andamenti aziendali e accompagnarne da vicino le decisioni ...».
Anche se bisogna sottolineare le diverse strutture di controllo della gestione aziendale in Germana, conquistate, però, grazie a politiche sindacali di largo respiro e non solo legate alla gestione del presente cercando di conservare il passato senza guardare abbastanza al futuro, come si può dar torto a Tobias Spiller?
Il giornalista tedesco senza giri di parole ha messo a nudo la debolezza programmatica e gestionale di un esercito di 700.000 sindacalisti che in Italia di fatto, lo ha detto anni fa con altrettanta lucidità il collega Stefano Livadiotti, proteggono prima di tutto se stessi se non addirittura, lo abbiamo spesso evidenziato anche qui nel Vicentino, gli interessi di certi imprenditori con cui il loro conflitto è solo di facciata.Â
Tra "distacchi" aziendali protetti e protettivi e lunghi incarichi che li qualificano, nei casi migliori, come funzionari burocratici delle trattative, burocraticamente in ritardo sui tempi e sull'evoluzione di aziende e mondo del lavoro. Il tutto condito da finanziamenti di fatto ricevuti dallo stato, che può richiamarli all'ordine sociale riducendone le prebende per la gestione anomala dei Caf, e dalla tendenza tutta italiana a usare il sindacato come trampolino di lancio localmente per incarichi, magari una volta in pensione, in vari Cda e a livello nazionale per sfolgoranti carriere politiche. Nomi.  Tanti, da Del Turco, Cofferati, Polverini ed aepifsni fino al nostro Santini.
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