Tiziano Cunico, ritratto di un vicepresidente tradito, da VicenzaPiù n. 202 in edicola
Sabato 20 Novembre 2010 alle 13:24 | 0 commenti
Escluso dal Cda e dal rapporto con i tifosi, è preoccupato da una trattativa di cessione troppo lunga e dai contorni confusi
di Giovanni Coviello e Enrico Soli
"I dirigenti sono come gli arbitri: i migliori sono quelli che non si vedono mai". Memore di questo insegnamento di Ivan Ruggeri, ex presidente dell'Atalanta, il vicentino Tiziano Cunico, classe '61, iniziava sei anni fa la sua avventura nel Vicenza Calcio. Ed è vero che in questo arco di tempo la sua presenza in società è stata sempre discreta, per lo più silenziosa.
Alla fine della scorsa stagione sportiva Cunico rassegnò le dimissioni: "Non ho capito perché vennero respinte - dice oggi - Fatto sta che mi fu affidato il delicato incarico di curare i rapporti con la tifoseria". Un ruolo dal quale è appena stato esautorato "senza un minimo di preavviso". Oggi, estromesso per motivi "ignoti" dal Consiglio di Amministrazione, giudica i suoi anni in biancorosso "meravigliosi, anche se non esaltanti per i risultati della squadra". Tanto è vero che se domani il nuovo proprietario del Vicenza gli chiedesse di rientrare, lui non ci penserebbe due volte: "Accetterei subito perché è inutile nasconderlo: era un ruolo impegnativo ma gratificante. Ringrazierò sempre Cassingena dell'opportunità offertami . Detto questo, penso che la gestione della mia uscita sia stata un po' sottovalutata. Forse tra amici ci si sarebbe potuti parlare un po' prima. In questo senso è stata una vicenda che umanamente mi ha amareggiato molto. Soprattutto mi è sembrata quasi una presa in giro nei confronti dei tifosi il fatto di aver potuto portare avanti il mio incarico per soli quattro mesi. Mi ha fatto piacere ricevere molti attestati di affetto dalla tifoseria, ma non solo".
Siamo partiti dalla fine, ma quale è la storia di Cunico imprenditore di successo e tifoso biancorosso?
"Vado allo stadio dall'età di sei anni. Per far capire il mio attaccamento al Vicenza, basti sapere che nel 1997 partii con alcuni amici alla volta di Donetsk, in Ucraina, per seguire la squadra impegnata in Coppa delle Coppe. Andammo fino a Mosca in aereo e poi continuammo il viaggio per 27 ore in treno. Per quanto riguarda gli studi, mi sono diplomato ragioniere, ma devo ammettere che non ho mai amato stare sui libri. Del resto mio padre non ha fatto neppure la terza media e poi ha creato un impero. Per molti anni ho seguito i suoi supermercati e poi sono stato tra i fondatori del Cedi Sisa Centro-Nord, con sede a Grisignano di Zocco, che si occupa di distribuzione. Sono diventato presidente della finanziaria di zona del gruppo Sisa, ruolo prestigioso al quale tengo tantissimo. Ma ho sempre avuto anche la passione per l'immobiliare".
E poi è arrivato anche il bingo: un successo clamoroso, no?
"Gestisco quattro sale: una in viale Crispi, una al Centro Palladio, una a Trento e una Modena. In effetti devo dire che vedo uno spostamento dell'interesse della gente verso cose futili: il bingo oggi va a mille e cresce di settimana in settimana. Tanto che stiamo pensando di aprire altre sale. Quindi da un lato sono contentissimo dell'investimento fatto ormai dieci anni fa, dall'altro sono amareggiato per la situazione economica generale".
Quando ha conosciuto Cassingena?
"Addirittura dal 1975. D'estate mio padre, per farmi fare le ossa, mi spediva al supermercato Berico, dove Cassingena lavorava come ragioniere".
Come lo vede il futuro del Vicenza Calcio?
"Mi auguro che le trattative in corso si concretizzino al più presto. Non perché chi c'è ora non sia all'altezza, ma perché, dopo sei anni, è giunto il momento di costruire qualcosa di più importante. Noi, con le nostre forze, abbiamo fatto ciò che potevamo. Nel tempo abbiamo lanciato tanti appelli per sensibilizzare l'imprenditoria vicentina, ma sono caduti tutti nel vuoto. Non essendo riusciti a trovare altri partner in città , è inevitabile che debba arrivare un soggetto motivato, che faccia gli investimenti necessari per puntare in alto, a quella categoria che per scaramanzia non nomino. Di questa trattativa comunque si sta parlando già da troppo tempo. Una trattativa dovrebbe essere pubblica solo quando è già stata conclusa".
Oggi si parla di due cordate: una "romana" che fa capo a Massone e una composta da Filippi assieme a investitori stranieri. Per chi fa il tifo?
"Filippi semplicemente perché è vicentino anche se non conosco i suoi soci stranieri. Così come non conosco Massone per cui non mi permetto di giudicarlo. Certo è che il controllo del Vicenza tornerebbe di fatto in mani non vicentine".
Per i vicentini è davvero così importante che il proprietario del club sia locale o basta che arrivino i risultati sportivi?
"Penso che gli inglesi, che pure avevano lavorato bene, abbiano poi pagato di fronte alla tifoseria il prezzo di essere succeduti ad un presidente amato dal pubblico come Dalle Carbonare. È anche vero però che nel 2004 gli inglesi hanno mollato completamente. ".
Adesso che non è più impegnato con il Vicenza, pensa di dedicarsi a qualche altra attività in ambito sportivo?
"Mi è stato già chiesto di entrare a far parte di un'altra società , ma non accetterò mai. Continuerò a seguire i biancorossi da tifoso, come ai vecchi tempi. Ultimamente vado di meno allo stadio ma ho appena fatto un regalo ai biancorossi: il tesseramento di Amidu Salifu, un talento ghanese che vale milioni".
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