Testamento biologico o ideologico?
Venerdi 7 Maggio 2010 alle 00:07 | 0 commenti
di Sara Patuzzo (nella foto)*Â
Il 26 marzo il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico, intitolato "Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento".
Il disegno di legge è stato blindato dalla maggioranza, che non ha accolto nessun emendamento proposto dall'opposizione.
Il testo, poi trasmesso alla Camera dei Deputati il 31 marzo 2009, è tutt'oggi in fase di discussione parlamentare.
Una legge antidemocratica e incostituzionale
Il disegno di legge Calabrò è antidemocratico perché vìola le libertà dei cittadini. Infatti prevede che idratazione e nutrizione artificiali siano obbligatorie sempre, fino alla fine della vita, e che quindi non possano essere oggetto del proprio testamento biologico. Ma l'intera comunità scientifica internazionale ritiene che l'idratazione e la nutrizione artificiali siano atti sanitari e che come tali debbano rientrare all'interno del processo del consenso informato, previsto in Italia dall'art. 32 della Costituzione e dall'34 del Codice di Deontologia Medica. Infatti le norme sul consenso informato stabiliscono che nessuna terapia medica, nemmeno quelle "salva-vita", ovvero quelle senza le quali può sopraggiungere la morte, possa essere imposta senza il consenso (o, per contro, il rifiuto) del paziente, dopo che questo sia stato opportunamente informato circa la propria patologia, le terapie da intraprendere, i loro rischi e le loro eventuali conseguenze.
In altri termini, questo disegno di legge non tutela la libertà di cura, ma obbliga alla salute, obbliga a vivere indefinitamente, anche senza alcuna speranza di ripresa.
I suoi contenuti sono incostituzionali, dal momento che, oltre a contrastare con l'art. 32, come si è detto, contrastano anche con l'art. 13, che sancisce l'inviolabilità della libertà personale. I giuristi prevedono uno scenario in cui si moltiplicheranno i ricorsi alla magistratura da parte dei pazienti che non accetteranno di sottomettersi all'obbligo di subire determinati trattamenti. E, di certo, si opporranno anche molti medici di fronte ad una legge che li obbliga a non rispettare la volontà del malato. Non è casuale che da un sondaggio pubblicato su Univadis, quotidiano on line di informazione medico-scientifica, sia emerso che il 55% dei medici consideri pessimo il disegno di legge Calabrò, e così pure si è espresso il Presidente della Federazione degli Ordini dei Medici, Amedeo Bianco.
Una legge antistorica contro il testamento biologico
Questo disegno di legge è antistorico perché ci allontana ancora una volta dall'Europa, ovvero dal biodiritto comunitario e internazionale che sancisce il diritto all'autodeterminazione del paziente come prioritario rispetto al dovere del medico di curarlo. Nei paesi dell'Unione Europea le leggi sul testamento biologico ci sono già da tempo (Belgio, Olanda, Francia, Spagna, Germania, Inghilterra), e in tutte si ribadisce il diritto del paziente di acconsentire o di rifiutare le cure. Questo è il motivo che ha portato alcuni di noi a chiedere una legge sul testamento biologico anche in Italia: per non doversi più appellare al diritto sovranazionale e per dare, una volta per tutte, valore legale alle volontà anticipate di trattamento, quale atto di responsabilità personale. Chi avrebbe invece immaginato che l'esito sarebbe stato esattamente l'opposto? Il disegno di legge Calabrò non lascia margini di dubbio: il testamento biologico è solo un'orientamento che non è in alcun modo vincolante per il medico che ha in cura il paziente. Il medico potrà decidere "in scienza e coscienza" di disattenderlo, secondo la logica del paternalismo medico.
Il disegno di legge Calabrò non è una legge sul testamento biologico, ma un disegno di legge contro il testamento biologico. E' un manifesto ideologico che ha come finalità far sì che gli italiani non compilino la propria dichiarazione anticipata di trattamento perché, tanto, potrebbe sarebbe inutile.
Ma allora che senso ha ribadire nel testo il riconoscimento del consenso informato, se poi decide il medico e non il paziente? Che senso ha scrivere che si riconosce e si garantisce la dignità della persona in via prioritaria rispetto all'interesse della società e alle applicazioni della tecnologia e della scienza, se poi l'introduzione per via orale o chirurgica del sondino naso-gastrico e di conseguenza di farmaci, proteine, elettroliti, ecc., non li si può rifiutare? Senza considerare che per alcuni pazienti malati di tumore in stato terminale, l'idratazione comporta un aumento delle sofferenze e può addirittura accelerare la morte. Ma l'imperativo del disegno di legge è categorico: nutrire e idratare sempre, anche quando il corpo naturalmente rifiuta. Anche nei pazienti naturalmente incapaci di assorbire.
Il ritorno allo Stato etico
I Senatori sostengono di aver votato secondo coscienza. Ma con quale presunzione e con quanto autoritarismo un rappresentante del popolo (sovrano) può mettere ai voti la vita e la morte dei cittadini? La buona coscienza del politico chiamato a legiferare sulla bioetica è quella di rispettare il pluralismo morale e di proteggere la libertà di scelta, anche di coloro nei quali, su temi tanto delicati e personali, egli non si riconosce.
La politica italiana ha dimostrato di voler imporre a tutti una morale unica, quella che deriva dalla dottrina cattolica ufficiale. Non a caso il disegno di legge Calabrò si apre con la definizione della vita umana (non certo di quella della natura, degli animali, insomma dell'universo, che deve essere a nostra completa disposizione) quale diritto inviolabile e indisponibile.
Stiamo assistendo alla trasformazione dello stato democratico in uno stato etico, che impone per legge cosa è bene e cosa è male per le nostre anime ed i nostri corpi. Lo stato italiano potrà (dovrà ) sequestrare i pazienti per tenerli in vita artificialmente ad oltranza, attraverso l'introduzione forzata del sondino naso-gastrico e il mantenimento di cure e terapie non volute, contro la loro volontà . Come fosse questa la giusta condanna per tutti quelli che, considerando la propria vita disponibile si vorrebbero macchiare del peccato di lasciarla andare verso la naturale morte. Il letto di ospedale diventerà la giusta prigione per i pazienti dissidenti, che non si conformano alla visione unica, al Diktat del Vaticano, che infatti ha applaudito l'approvazione in Senato del disegno di legge Calabrò («Il governo mantiene le promesse», hanno sottolineato Avvenire e Radio Vaticana).
Eppure, sui temi della vita e della morte le posizioni interne alla Chiesa (che non esclude, all'art. 2267 del suo catechismo, il ricorso alla pena di morte) sono diverse.
Già nel 1970 Papa Paolo VI, in risposta ad un quesito postogli dal Cardinale Giovanni Villot, responsabile dei medici cattolici, scriveva che il dovere del medico doveva essere quello di calmare le sofferenze e non di prolungare il più possibile, con qualunque mezzo e a qualunque condizione, una vita ormai avviata verso la sua conclusione.
L'articolo 2278 del catechismo, riscritto da Ratzinger agli inizi degli anni Novanta per volontà di Papa Wojtyla, spiega come in certi casi sia legittima la volontà del paziente di interrompere le terapie, che possiamo chiamare accanimento terapeutico, allo scopo non di procurare la morte, ma di accettare di non poterla impedire.
Nel 1996 il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute ha pubblicato la Carta degli Operatori sanitari in cui si sostiene che alimentazione e idratazione debbano ritenersi cure come le altre e, in quanto tali, legittimamente rimovibili quando si rivelino gravose per il malato, tutelato nel diritto di rifiutare i trattamenti, come indicato nel punto 121 della stessa Carta.
Ancora, la Conferenza Episcopale tedesca ha emanato nel 1999 il documento "Disposizioni sanitarie del paziente cristiano", rivisto nel 2003 e sottoscritto anche dalle Chiese Evangeliche, nel quale si legittima la c.d. eutanasia passiva, ovvero l'interruzione di cure necessarie alla sopravvivenza.
Recentemente molti sacerdoti hanno firmato un appello nel quale si legge che, come credenti, si ritiene che chiunque possa decidere di morire in pace, quando non c'è speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana.
D'altra parte, l'ostilità , o comunque la diffidenza, della Chiesa nei confronti della scienza e della tecnologia è cosa nota. Le gerarchie ecclesiastiche hanno manifestato a gran voce il loro dissenso all'uso delle tecniche di fecondazione assistita quando qualche anno fa la Legge 40 era al vaglio del Parlamento. Tuttavia oggi le capacità tecniche che permettono di restare in vita mediante macchinari che sostituiscono le funzioni dei nostri organi, sono da considerarsi per la Chiesa irrinunciabili. Ma, come abbiamo visto, non per tutta la Chiesa, e nemmeno in tutte le sue emanazioni ufficiali. Di certo non per tutti i cattolici (si vedano le posizioni laiche su certi temi del Senatore cattolico Ignazio Marino o di Monsignor Casale).
Vita indisponibile o disponibile?
La mia vita è indisponibile da me, ordina oggi lo Stato Italiano, nel momento in cui desidero che la natura faccia il suo corso e mi conduca alla morte (esito, tra l'altro, al quale nessun essere vivente può sfuggire), ma pare molto ben disponibile da parte della politica, che mi trattiene a forza in ospedale contro la mia volontà , anche se espressa pubblicamente e magari convalidata da un notaio.
Certo, chi desidera essere tenuto in vita artificialmente va protetto e tutelato. Nessuno vuole "staccare la spina" a nessuno. Ma, allo stesso modo, chi, in coerenza con le sue personali convinzioni, non lo desidera, deve essere protetto e tutelato.
In questo nostro paese sempre più illiberale, la speranza è che la natura sia dolce con noi. La speranza è, se si desiderano dei figli, di riuscire ad averli senza problemi, perché per utilizzare le tecniche della fecondazione assistita occorre andare all'estero. La speranza è, se non si vuole essere tenuti in vita in modo artificiale, di morire "sul colpo", perché altrimenti si potrebbero passare decenni, e anche più, incatenati ad un letto di ospedale nella condizione che molti di noi ripudiano.
La speranza è che vecchi e nuovi politici si accorgano che la bioetica non è una materia come tutte le altre. Essa tocca l'intimo di noi, del nostro modo di sentire e vedere la vita, il mondo, la morte. L'auspicio è che comprendano che nessuno si può sostituire alla coscienza altrui, se davvero è democratico e laico il modello di stato nel quale vogliamo vivere.
Il principio della laicità è l'unico che garantisce il dialogo tra le diverse etiche e la necessaria separazione tra la morale e il diritto. La difesa del pluralismo etico e bioetico è lo specchio di una buona democrazia, dove si tutela la libertà di pensiero e di espressione, si stimola il confronto, si cercano principi comuni sui quali fondare l'agire politico, si sensibilizzano i cittadini ad essere attivi partecipatori dell'arena sociale, si tutelano i diritti fondamentali dell'uomo nella consapevolezza che nessuno, nel castello della vita, ha le chiavi che aprono la porta della verità .
*Sara Patuzzo
Coordinatrice Consulta di Bioetica - Sezione di Verona
Dottoranda di Ricerca in Bioetica - Università degli Studi di Torino
Presidente Comitato Etico Fisioterapisti
Formatrice ECM - Corsi di Formazione in Bioetica per Professionisti sanitari
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