Su Il Fatto Quotidiano l’opulenza a Veneto Banca nel "regno" di Vincenzo Consoli: jet, quadri e 150 auto anche per... la Juventus?
Mercoledi 17 Agosto 2016 alle 10:01 | 0 commenti
Il jet privato da 10,7 milioni se ne sta lì a prendere polvere. Il ristorante per i manager chiuderà i battenti. Dopo aver lasciato migliaia di azionisti con un pezzo di carta in mano, aver annunciato 430 esuberi e la chiusura di 130 filiali, Veneto Banca è intenzionata a mettere fine a un’epoca di lussi sibaritici. Quando la banca sognava in grande, troppo in grande, e arrivando nella sede di Montebelluna ti pareva di essere sbarcato a Wall Street. Quello che era il simbolo del miracolo del Nord Est oggi diventa l’emblema della crisi. A cominciare proprio da quel jet parcheggiato in un hangar dell’aeroporto di Treviso, come ha raccontato la Tribuna di Treviso.
È soltanto uno dei tanti tesori di cui sta cercando di disfarsi il nuovo presidente dell’istituto, Beniamino Anselmi. “Cominciamo a eliminare lussi e sprechiâ€, ha detto appena insediato. Per trovarli non basta guardare negli uffici dei manager. Come quel lampadario di vetro di Murano da 60mila euro che illuminava le riunioni del consiglio di amministrazione. Non è nemmeno il più caro: nell’atrio della sede ce n’è un altro firmato da Seguso (che produce vetro dal 1397) grande tre volte tanto. Ha illuminato la gloria e il disastro della banca. Dalle acquisizioni fino ai tagli e alle drammatiche assemblee dell’ultimo anno.
Si respirava davvero opulenza a Montebelluna, con quell’ingresso dove erano stati piantati gli ulivi. E alle stanze dei top manager con quadri di pregio: c’è chi ricorda Consoli che nel suo ufficio mostrava orgoglioso il Rio dei mendicanti di Francesco Guardi, un’opera stimata 600mila euro. Ma c’era anche la Veduta del canale di Mazzorbo di Guglielmo Ciardi (300 mila euro). Uffici e corridoi che erano gallerie d’arte: quadri di Ippolito Caffi, Noè Bordignon, Emilio Vedova, Luigi Nono. Ma era tutta la sede che somigliava quasi a una cattedrale: giardini pensili, appunto, poi bagni in alabastro e addirittura quel ristorante con chef privato.
Un centro servizi futuristico, un gioiellino costato la bellezza di 24 milioni. Sul tetto, oltre i cristalli luccicanti, ecco un giardino pensile che doveva dare l’impressione di essere arrivati nell’Eden. Del resto in quei tempi non si badava a spese in fatto di immobili: c’era anche, racconta la Tribuna di Treviso, villa Loredan Gasparini di Venegazzù che è stata acquistata da Benetton per 18 milioni nel 2008. Appena prima della crisi. E che dire della sede milanese, proprio davanti alla Borsa, nell’esclusivissima piazza Affari. Poi le sedi estere comprate quando gli imprenditori veneti volavano tutti all’Est: Bucarest, Chisinau, Timisoara, Tirana e Zagabria.
Si sognava e si spendeva in grande a Montebelluna: 150 auto per i dirigenti. Dovevano servire per correre veloce al lavoro o magari allo Juventus Stadium di Torino dove Veneto Banca (che aveva sponsorizzato la squadra con un milione l’anno per un triennio) aveva una tribuna e tanti posti riservati. Si racconta che ogni domenica alla partita ci fosse la fila di imprenditori e dirigenti con l’accento di Treviso. Gli 87.502 soci – età media 60 anni – che avevano pagato fino a 40 euro le azioni poi crollate a pochi centesimi invece i gol se li ascoltavano alla radio.Â
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