Storie e questioni: dalla Ferrovia Ferdinandea del 1846 alla Tav dei giorni nostri
Domenica 10 Giugno 2012 alle 09:24 | 0 commenti
di Guido Zentile
Il dibattito sul treno ad alta velocità , o meglio alta capacità , nella direttrice ovest - est, si è in riacceso proprio qui a Vicenza (Nella foto una locomotiva a vapore). Si continua ad insistere e premere sulla necessità che il nostro territorio debba sacrificarsi per lasciare spazio al progresso, allo sviluppo economico. Ed ecco quindi che ci vuole un'altra ferrovia. Ma è proprio necessario, per il raggiungimento di chissà quali obiettivi, separare il traffico veloce, di scorrimento, dal traffico regionale? In previsione di che?
La risposta è semplicemente indirizzata nel costruire un modello di politica industriale che innanzitutto vuole la mobilità territoriale, e poi, in secondo piano, la fabbrica, quella struttura che dovrebbe stare al centro di una dinamica che vede il coinvolgimento della persona e dell'ambiente. Delocalizzare, spostare le merci, e creare il deserto nel territorio che si vorrebbe attraversare con questa ennesima grande opera. E la politica (una classe politica assai vasta) acconsente, anzi si fa addirittura promotrice.
Un clima politico che seppur in ambiti e contesti diversi si riscontrava 160 - 170 anni fa, quando a Vicenza arrivò la ferrovia. La costruzione della "Ferrovia Ferdinandea" fu molto dibattuta. In effetti l'arrivo del treno, qual moderno mezzo di comunicazione, suscitava molta perplessità e contrarietà come oggi avviene per il TAV o il TAC
Il tratto tra Padova e Vicenza fu aperto all'esercizio nel 1846, contestualmente con l'apertura del ponte translagunare che collegava Venezia con la terra ferma. Considerando che la prima ferrovia in Italia (Napoli - Portici) entrò in esercizio nel 1839, possiamo senz'altro dire che la nostra ferrovia si porta alle spalle un bel po' di anni e di treni ne ha visti passare parecchi. Va innanzitutto evidenziato che la nascita delle ferrovie in Italia, durante il periodo risorgimentale, quindi prima dell'unificazione, non ebbe scopi prettamente di servizio pubblico (a quel tempo non si rilevava certo la necessità del trasporto di massa), ma scopi essenzialmente militari come per la nostra "Ferdinandea", e scopi che costituivano in talune situazioni, il capriccio di qualche sovrano (ricordate che a quel tempo l'Italia era ancora divisa in tanti staterelli), che per essere alla moda rispetto alla tecnologia dei paesi anglosassoni, non voleva essere di meno, lasciando magari i cittadini alla fame. A metà ottocento la rete ferroviaria italiana era divisa in più Società : la ferrovia Milano - Venezia era all'interno della S.F.A.I. (Strade Ferrate Alta Italia), poi diventata con la prima parte dell'unificazione dell'Italia, Rete Adriatica. L'effettiva nascita delle Ferrovie dello Stato, si ebbe nel 1905 (mentre la completa ... distruzione di un ente pubblico, quale le Ferrovie dello Stato, si manifestò nei primi anni del presente secolo).
Dopo questo periodo, rimasero in essere alcune società , fra le quali, una a noi ancora nota, la Società Veneta Ferrovie, che rimase tale fino a pochi anni fa quando né fu fatto uno spezzatino societario. La Società Veneta Ferrovie, negli anni di massimo sviluppo esercitò nella provincia di Vicenza il sistema ferroviario dell'Alto Vicentino, compresa la Vicenza - Schio.
La stazione di Vicenza, e tutte le ferrovie che si dirigevano verso il fronte orientale, ebbe negli anni a cavallo della Prima Guerra Mondiale, un ruolo di supporto di non poco conto. Finita la guerra, che ha visto ampliare i nostri confini nazionali, la stazione ha visto transitare gli eventi che incisero, sia sulla storia ferroviaria, sia politica, che tecnica: la nascita del fascismo, e l'entrata in servizio delle automotrici termiche (la littorina, derivazione del termine littorio). A seguire l'esplosione della Seconda Guerra Mondiale e gli avvenimenti legati alla Resistenza che coinvolsero anche il nostro territorio.
Gli anni che vanno dal settembre del '43, all'aprile del '45, sono stati anni veramente difficili per la nostre ferrovie e la nostra stazione. Utilizzate intensamente per il transito militare e civile furono prese di mira dai bombardamenti degli alleati, e dai partigiani guastatori, che avevano il comando a Vicenza, per impedire il movimento delle truppe tedesche.
La "Ferdinandea", in tutto il suo percorso fu seriamente danneggiata; il tratto Vicenza - Padova ne fu duramente colpito.
Nell'Italia del dopoguerra, in piena ristrutturazione post-bellica, la ferrovia fu risistemata e la stazione vide molti vicentini partire per altre mete, in cerca di un'occupazione di che sfamare la propria famiglia.
L'esercizio delle macchine a vapore proseguì fino alla completa elettrificazione della linea Milano - Venezia, avvenuta nel 1957.
Mi sono un po' dilungato per tracciare una breve storia delle ferrovia, utile per collegarci all'attualità . Abbiamo uno strumento, un mezzo di trasporto che prima di tutto deve essere valorizzato, le cui potenzialità affiancate dalla tecnologia, che non è certo quella di 150 anni fa, darebbe la possibilità di avere un servizio valido ed efficace, e soddisfare la categoria dei pendolari (la più importante), dei treni a lunga percorrenza, e delle merci. Invece il sistema ferroviario, oggi, dopo aver smantellato una struttura che creava dialogo, rete e comunicazione, ha polverizzato un intero settore creando dei disservizi che coinvolgono tutti, dai viaggiatori, alle merci.
Quindi, prima di discutere in forma assembleare, di una nuova ferrovia, di una nuova stazione a Vicenza, di inserire Vicenza al centro di un sistema di trasporto regionale, parole consumate nel recente dibattito che si è tenuto giovedì 30 maggio alla Camera di Commercio, sarebbe opportuno che i sindaci, prima di tutto, non ascoltassero a priori le richieste degli industriali, ma ascoltassero la gente, la loro gente, i loro elettori, la voce di chi vive le città , i paesi, quei pendolari che utilizzano quotidianamente la nostra rete ferroviaria. Chiedono semplicemente di poter viaggiare, di poter utilizzare il treno, di fruire delle nostre stazioni. Questo bisogna fare, ricreare e ricostruire quello che si è intenzionalmente perso. E ricreando e ricostruendo si trova lo spazio anche per le merci, per il servizio a carro, che arrivava in quasi tutte le stazioni, servizio che oggi non c'è ed ha lasciato spazio alle imprese ferroviarie che vogliono uno spazio tutto loro per consegnare e distribuire il frutto della delocalizzazione.
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