Spinea, la carica dei Seicento. In corteo per dire no alla discarica della Maltauro
Domenica 15 Maggio 2011 alle 15:54 | 0 commenti
Un fiume di persone scende in corteo per dire no alla discarica della Maltauro in uno dei più importanti centri del Veneziano. E mentre i comitati annunciano un ricorso al Tar che avrà il supporto degli enti locali, tra la gente si insinua il timore di una penetrazione in zona delle ecomafie
Qualche mese fa i comitati spontanei nemmeno ci avrebbero creduto. E invece nel volgere di qualche settimana sono riusciti a mettere insieme un movimento trasversale con un peso specifico molto elevato. E con un obiettivo chiaro in testa: fermare il raddoppio della discarica che a Spinea nel Veneziano è stato inizialmente autorizzato dalla regione Veneto.
La vicenda, come già ampiamente riportato su VicenzaPiù, ha una sua propaggine vicentina perché il progetto è caldeggiato niente di meno che dal gruppo Maltauro-Ecoveneta-Integra, una spa berica con caratura nazionale. Una società con solidi agganci nella politica veneta. Agganci che fanno riferimento in primis all'europarlamentare Lia Sartori e al ministro della cultura Giancarlo Galan entrambi del Pdl ed in secundis a quell'area dorotea del Pd che vede nel sindaco di Vicenza Achille Variati il volto più noto.
Il progetto però è contestato duramente. I residenti spiegano che quell'impianto è chiuso da dieci anni e che con la salute dei cittadini non si scherza. Quella parte della provincia lagunare per di più è stata toccata da una serie di veri e propri scandali ambientali: Cassiopea, Houdini, Nuova Esa, Marghera. La gente da quelle parti ricorda le terre di fonderia e di conceria «allungate» con terra buona oppure sversate in mezzo Veneto, in Toscana o Campania dopo avere alterato i documenti di trasporto di camion che arrivavano nottetempo «non si sa da dove per scaricare non si sa che o per depositare non si sa che cosa». E il fatto che il previsto impianto «avrà anche la funzione di area di riciclo - spiega Beppe Sifanno uno dei portavoce dei comitati - la dice lunga su che cosa potrebbe finire lì dentro, magari col rischio di far germinare da noi gli spettri di Marghera o di Marcon». Dello stesso avviso è Massimo De Pieri il quale affonda il colpo: «In regione ci spiegano che i nuovi conferimenti sono giustificati affinché Ecoveneta, ex gestore dell'impianto, possa raccogliere una cifra utile a mettere in sicurezza la discarica che è a rischio percolato. Ma la messa in sicurezza è un obbligo per il privato. È come se un ladro ti chiedesse di regalargli dei soldi così ti ripaga della merce che ti ha rubato. Mi sembra una presa per i fondelli».
Ed è in questo solco che si spiega l'evento di alcuni giorni orsono. Il 28 aprile infatti una imponente quanto pacifica fiaccolata di seicento o settecento persone ha attraversato con una marcia di due kilometri la frazione spinetense di Fornase fino a giungere a ridosso dell'ingresso della vecchia discarica. In quell'occasione i comitati hanno annunciato che sarà pronto per i primi di maggio un ricorso avanti il Tar veneto contro la decisione della regione Veneto. Il corteo peraltro, pur senza la minima insegna di partito, si è presentato sin dal principio molto variopinto anche sul piano sociale. C'erano attivisti dell'ultim'ora, "grillini", casalinghe leghiste preoccupate, pensionati in quota al centrodestra, un pezzetto del popolo della sinistra, eleganti signore in quota Pd, signore più fashion col jeans aderente con una nuance Pdl, ragazzi delle polisportive, semplici cittadini. Insomma una parte ampia e rappresentativa di Spinea e dei comuni del circondario della Riviera del Brenta a partire da Mira.
E ancora alla testa del corteo c'era il sindaco Silvano Checchin, una presenza non solo simbolica la sua, visto che la sua amministrazione, anche dopo i numerosi solleciti della popolazione, è scesa in campo ed ha impugnato il provvedimento assieme ai comitati davanti alla magistratura amministrativa veneta. «Nel comprensorio - spiega proprio Checchin - il sistema della raccolta dei rifiuti è in equilibrio. La gestione è tutta sotto controllo. Non si capisce a chi serva realmente quell'impianto. Non si capisce chi e da dove conferirà in quel sito. Il quale deve solo essere messo in sicurezza da possibili se non già avvenute perdite di percolato inquinante che intaccherebbero la falda». Gli fa eco Michele Carpinetti, primo cittadino di Mira che il 28 aprile aveva sfilato in primissima linea al fianco di Checchin: «Sarebbe inutile negarlo, qui la gente è preoccupata. La discarica di Fornase è situata proprio al confine con il nostro comune, il quale partecipa al ricorso. Io spero - sottolinea ancora Carpinetti che come Checchin fa riferimento all'area di centrosinistra - che in regione capiscano che questa strada ci porta in una direzione sbagliata».
Tuttavia la manifestazione del 28 non ha spazzato i timori di molta gente. Le 2.200 firme contro l'impianto indirizzate il mese scorso alla giunta regionale sono lì a ricordarlo. Un altre esempio di questi timori è un lungo dispaccio diramato dai "grillini" della Riviera del Brenta il giorno 30 aprile. La nota è redatta da Andrea Pesce, uno dei portavoce del gruppo: «I residenti ed i cittadini, hanno preso coscienza e recepito la gravità della situazione... Questa è stata una manifestazione che abbiamo voluto fortemente... Però i precedenti di Marghera e Marcon, parlano da soli. Le magagne penali ed i metodi dei manager del Gruppo Maltauro, sono un precedente da non sottovalutare.
Le recenti notizie sulle infiltrazioni dei clan e delle organizzazioni malavitose nel Veneto, sono un dato di fatto. Gli interessi che gravitano attorno al ciclo dei rifiuti, sono un triste primato tutto italiano.
La nostra è una consapevole preoccupazione che non deve assolutamente, sfociare in paura».
Tant'è che le parole dei "grillini" pesano come pietre. Soprattutto perché per la prima volta tra le lamentele della gente si insinua l'ombra delle ecomafie. Pesce non lo scrive in modo diretto ma la sua in realtà è la trasposizione di un leit motiv che a mezza bocca girava tra i manifestanti. Da qui è nato l'invito alle istituzioni a tenere alta la guardia. Per di più c'è un'altra voce che gira tra i corridoi della politica regionale. La struttura bis di Spinea potrebbe servire alle concerie vicentine del comprensorio di Arzignano come valvola di sfogo, visto che le discariche nell'Ovest della provincia berica potrebbero essere presto sature. In realtà anche la normativa europea a breve negherà il conferimento dei fanghi in discarica. Ma sono proprio i trucchi sulle bolle di accompagnamento dei camion porta rifiuti a rendere inquieti i sonni degli spinetensi e dei miresi.
Da VicenzaPiù e Ovest-Alto Vicentino n. 213 in distribuzione e scaricabile in pdf
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