Sono 134.000 in più i sedicenni annoiati : hanno lasciato la scuola per diventare Neet
Domenica 5 Giugno 2011 alle 11:35 | 0 commenti
Il 18,8% di ragazzi in Italia lascia gli studi subito dopo gli anni dell´obbligo e non cerca lavoro. Ora sono 2,1 milioni
Tra i 16 e i 17 anni, la fascia d’età in cui i ragazzi cominciano a sentirsi grandi e troppo stretti fra le regole comportamentali, la scuola diventa per molti faticosa e, peggio, noiosa e lontana dalla realtà . Le frustrazioni demotivanti dei professori, che oltre che uno stipendio inadeguato devono tollerare un altrettanto inadeguato rispetto morale della società , e la chimera di un possibile lavoro a fine studi superiori non aiutano certo ad arrivare entusiasti in classe.
E aumentano così i casi di ragazzi che una mattina qualunque di un giorno altrettanto qualunque, ma devastante, decidono di non entrare più in quella classe e di lasciarci dentro cose brutte, come i libri pesanti e i voti opprimenti, ma anche cose belle come gli amici e lo sport. Il 18,8% dei giovani in Italia abbandona gli studi subito dopo la scuola dell´obbligo, e molti di loro nell´età adulta, poco dopo la maggiore età anagrafica, si sentono senza nulla in mano. Il diploma e la laurea contano sempre meno, ma non averli significa entrare a far parte dell´esercito crescente dei Neet, Not in Education, Employment or Training: oltre due milioni di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni, così denuncia il rapporto Istat 2011, che non lavorano, non studiano, non hanno formazione. In un anno oltre 134 mila giovani in più espulsi o autoespulsi dal mondo produttivo.
Ed ecco gli alienati davanti al computer, col mondo racchiuso nella loro camera e nei rapporti del tutto virtuali della Rete. Oppure i frequentatori dei centri commerciali, dove ammazzano il tempo guardando ma non spendendo, perché i pochi soldi che hanno sono tutti per il cellulare, un apparente mezzo di comunicazione sempre più disaggregante e asociale, per la cancellazione dei rapporti umani “fisici†a favore di quelli via onde.
Milena Santerini, docente di Pedagogia Generale all´università Cattolica di Milano, spiega: “la scuola ha perso completamente di significato, la spiegazione non si trova soltanto nei dati economici, nella mancanza di cultura delle famiglie d´origine, è che i giovani non capiscono più il senso di passare tanto tempo tra i banchi, tra professori che utilizzano un linguaggio anni luce lontano dal loro, in una società che anno dopo anno svaluta sempre di più il ruolo della culturaâ€. E i giovanissimi, i più fragili, crescono con la rassegnazione al precariato, aggiunge Milena Santerini, alla prima difficoltà lasciano “pensando magari di potercela fare con altri mezzi, in una visione irrealistica di sé e del mondo che li circonda».
Oltre ai potenziali Neet, però, tra coloro che abbandonano la scuola nelle regioni ricche, dove il lavoro, seppure più scarso, c´è ancora, ci sono i ragazzi del Nord Est che mollano e vanno a bottega, racconta lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, che ne ha seguiti diversi nelle industrie del bresciano e del vicentino. “Questi ragazzi non capivano proprio perché continuare a perdere tempo all´istituto tecnico, quando potevano entrare nell´aziendina di famiglia e farsi le ossa, avendo anche un po´ di soldi in tasca. Non ho visto alcuna nostalgia della scuola in loro, ma anzi l´orgoglio di chi ha abbandonato un luogo da ragazzi, con i compiti, i prof, per entrare prestissimo nel mondo adulto... Ma questi sono i ‘fuggitivi’ più fortunati. Chi lascia la scuola e non ha il paracadute del lavoro rischia grosso, rischia la deriva, il branco, rischia di deprimersi e chiudersi in se stessoâ€.
E allora, dice un pedagogista famoso, Benedetto Vertecchi,  - “ci meravigliamo se gli studenti se ne vanno. Apriamo le aule il pomeriggio, facciamoli suonare, fare teatro, laboratori, rendiamo la scuola un contenitore di vita e non soltanto di nozioni. I ragazzi non fuggiranno più. Ci hanno provato in Finlandia e il tasso di dispersione è drasticamente crollato. Perché non possiamo provarci noi?â€.
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