Sofferenza psichica, incontro diocesano e i dati dell’attività di Caritas Vicentina
Giovedi 12 Maggio 2016 alle 16:56 | 0 commenti
Caritas Vicentina
La Caritas Vicentina e quanti si occupano di disagio psichico si interrogano sulla sofferenza. “Volti e risvolti della sofferenza: il dialogo che rompe il silenzio†è infatti il tema del secondo incontro diocesano di riflessione per volontari, gruppi, associazioni e cittadini interessati a costruire relazioni e percorsi di prossimità nella sofferenza psichica. Si terrà sabato 14 maggio all’Istituto dei Missionari Saveriani in viale Trento 119 a Vicenza dalle ore 9 alle ore 12 con l’obiettivo di condividere le esperienze sulla profondità delle perdite di senso, individuali e collettive, che vivono le nostre comunità .
Su questo interverranno tre consulenti filosofici - Elena Arreghini, Lavinia Furlani e Angelo Giusto, tutti e tre membri del Comitato Scientifico della Saficof di Vicenza - e il direttore della Caritas Vicentina - Don Giovanni Sandonà - che proporrà una breve riflessione di senso sull’esperienza della fragilità umana.
“Partendo dalla constatazione che il dolore è parte ineliminabile dell’esistenza di ognuno di noi - spiega Elena Arreghini - ci interrogheremo sulle caratteristiche proprie di ogni forma di dolore, per rintracciare possibili vie di senso nei confronti di ciò che è inevitabile e per prendere consapevolezza che il dolore non è solo una condanna da subire, ma può diventare anche un’opportunità e una risorsa per migliorare la nostra vitaâ€.Â
I numeri
L’incontro del 14 maggio diventa così l’occasione per un’analisi del disagio intercettato dalla Caritas attraverso i servizi presenti in questo ambito (dallo sportello psicologico ai numerosi gruppi di auto aiuto per rielaborare il lutto, dai gruppi Davide & Golia per sviluppare relazioni con le persone con disagio mentale all’accompagnamento pedagogico per padri e madri in difficoltà nel loro ruolo di genitori, dallo sportello per le dipendenze e la compulsività allo spazio di ascolto per coppie in difficoltà , fino al gruppo giovani di auto-mutuo-aiuto per persone con disabilità ).
L’identikit che emerge dai numeri evidenzia che la sofferenza che attraversa le nostre comunità è tendenzialmente trasversale per situazione familiare, titolo di studio e paese di rpovenienza . Dall’analisi degli ultimi tre anni di attività di questi servizi (da gennaio 2013 ad aprile 2016) nel corso dei quali sono state incontrate 578 persone, emerge infatti che il 57% è donna e il 92% sono italiani e la fascia di età più presente è quella 51-60 anni, quando talune solitudini diventano più gravose o si cronicizzano (ma fra i migranti si nota, invece, una prevalenza nelle richieste di aiuto per la fascia di età 31-40 anni).
“Dalle analisi dei profili socio-anagrafici – afferma Serena Bimbati, coordinatrice di questo ambito di intervento Caritas - non appaiono fattori di protezione: single o sposati, divorziati o vedovi, inseriti in contesti abitativi di solitudine o con altre persone, genitori unici o famiglie ‘smaglianti’, occupati o inattivi, studenti o pensionati, con una casa di proprietà o in situazioni di precarietà abitativa, tutti ugualmente soffronoâ€. Infatti per quel che riguarda lo stato civile, il 29% delle persone sono nubili o celibi (per i migranti la percentuale ammonta al 34%), il 25% sposati (per i migranti il 40%) e l’11% vedovi ( per i migranti il 4%); in totale il 20% vive con il proprio partner e i figli, il 19% da solo ed il 16% con la famiglia di origine. Quanto all’abitazione, l’87% delle persone ha un alloggio, il 44% degli italiani ha una casa di proprietà , a differenza dei migranti che rappresentano invece il 20%; al contrario, in affitto, il 39% sono migranti ed il 10% sono italiani; tutti gli altri vivono o in situazioni protette (strutture di accoglienza, albergaggi, ospitalità temporanee o permanenti)  o in condizioni precarie (in auto, per strada o altro).Â
Per quanto riguarda le problematiche si nota che per tutti (italiani o migranti, uomini o donne) al primo posto compaiono quelle riguardanti la famiglia (conflittualità di coppia o fra genitori e figli, separazioni e divorzi, difficoltà di accudimento dei figli, conflittualità con parenti e altro), al secondo le problematiche psicosociali, che intersecano difficoltà psicologiche a disagi di natura sociale e al terzo le problematiche economiche.
Uno sguardo più attento al servizio di sostegno psicologico (che da solo intercetta il 32% del bisogno che arriva in Caritas su questi temi e che negli otto anni di attività ha incontrato quasi 500 persone, grazie a un gruppi di volontari psicologi o psicoterapeuti), denota come siano più le donne a richiedere un aiuto psicologico, riuscendo così a manifestare con più facilità , rispetto al mondo maschile, disagi e malesseri.  Né il livello di istruzione, né la presenza di un lavoro né il possedere un’abitazione sembrano mettere al riparo dalla sofferenza, ma è altrettanto evidente che l’assenza di un reddito e di un luogo da poter chiamare casa aggravano situazioni già di per sé complicate. “La sofferenza – afferma Serena Bimbati - appartiene antropologicamente all’esistenza e, quindi, alla condizione dell’essere umano e delle relazioni che tesse; è intrecciata con il respiro stesso della vitaâ€.
Una riflessione
“I dati analizzati ci raccontano una sofferenza che chiede, quindi, di essere accompagnata e vissuta nella vicinanza di una comunità , nelle relazioni che appartengono all’uomo antico e a quello moderno, dal bambino all’adulto, dal migrante all’italiano, dalla coppia alla famiglia†sottolinea Serena Bimbati.
“Nel nostro contesto sociale e culturale - aggiunge Sandonà - la sofferenza, che è inevitabile nell’esperienza umana, rischia di diventare marginalizzante, perché spesso portata in solitudine o dentro a relazioni utilitaristiche, di facciata o vissute come una prestazione. Questo rende quanto più necessario ritrovare una qualità delle relazioni dentro a spazi comunitari e relazionali più veri e gratuiti, anche per evitare che il disagio si incancrenisca in una povertà non solo relazionale, ma anche sociale ed economica. In questo senso, è il dialogo a rompere il silenzio e come Caritas siamo chiamati a non tirarci mai indietro nell’educare alla prossimità , nell’ascolto e nella qualità dell’incontroâ€.
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