Quotidiano | Categorie: Lavoro

Situazione lavoro, dov'è l'aumento dell'occupazione?

Di Giorgio Langella Venerdi 16 Settembre 2016 alle 15:58 | 0 commenti

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Dai dati eurostat, come ben riportato anche da VicenzaPiù, si può vedere come oltre ad esserci un problema occupazionale e di sicurezza nei posti di lavoro, esiste anche (e si aggrava) un problema salariale. Il fatto che, nel nostro paese, il salario netti è costantemente in calo fotografa una situazione sempre più grave per chi vive del proprio lavoro. Nell'ultimo anno (secondo trimestre 2015 - secondo trimestre 2016) la situazione italiana è tra le peggiori tra i paesi della UE. In un anno non si registra mai un segno positivo. Nel secondo trimestre 2015 era pari a -02%, nel terzo trimestre 2015 era 0%, nel quarto trimestre era -0,2%, nel primo trimestre 2016 era -0,5%, nel secondo trimestre 2016 è -0,5%.

Una controtendenza rispetto alla media europea e ad altri paesi di riferimento (ad esempio, in Germania è stato rispettivamente di +3,3%, +2,7%, +2,5%, +2,7%, +1,1%; in Francia +1,6%, +1,5%, +1,7%, +1,6%, +1,4%; in Spagna +0,6%, +0,3%, +2,0%, +0,7%, +0,8%; nel regno Unito +2,6%, +3,7%, +4,3%, +0,3%, +2,7%) che evidenzia il fallimento delle misure adottate dalla cosiddetta "classe dirigente" italiana (sia governativa - cheimprenditoriale) e che è congruente con l'aumento della povertà registrato in questi ultimi anni nel nostro paese.

In questi giorni si possono leggere articoli entusiastici che, commentando i dati diffusi dall'ISTAT e relativi al secondo semestre 2016, ci raccontano di un notevole aumento dell'occupazione.

I principali giornali a diffusione nazionale, ormai ridotti a fogli di propaganda del governo, lanciano titoli dai quali si può evincere un aumento cdi centinaia di migliaia di nuovi lavoratori occupati stabilmente, un crollo del numero dei giovani inattivi, una diminuzione consistente della disoccupazione. È il trionfo del “jobs act”.

A girare nelle aziende, quelle dove si fatica, è difficile notare tutto questo. Anzi, troppo spesso si percepiscono situazioni difficili, poco lavoro, mancati pagamenti, un giro d'affari e una produzione sempre più gracile. Al massimo si nota un equilibrio alquanto precario e, anche dove c'è lavoro, un'orizzonte temporale produttivo di qualche settimana se non di qualche giorno. La sensazione è che ci sia molto poco di pianificato e di pianificabile. Molte ditte sono sull'orlo della chiusura, altre vengono vendute a imprese estere (spesso concorrenti) che garantiscono prospettive comunque difficile e di breve periodo.

Ma, allora, dov'è questo aumento dell'occupazione? E quale tipologia di lavoro è “cresciuta”?

Intanto è da ricordare sempre che i dati forniti dall'ISTAT sono stime calcolate su un numero, più o meno vasto, di campioni. Sono proiezioni che possono fornire, certamente, informazioni tendenziali ma che non sono quelle reali (e neppure realistiche). Si deve anche sapere che, tra gli occupati, rientrano tutti i cittadini che hanno lavorato almeno un'ora nella settimana di riferimento per le stime ISTAT. E allora qualcosa si può capire incrociando i dati trimestrali ISTAT sull'occupazione con i dati INPS sull'utilizzo dei voucher. Questa forma estrema di sfruttamento e di precarizzazione del lavoro è aumentata in maniera quasi esponenziale di anno in anno (dai 28.559.857 del primo semestre del 2014, ai 49.885.097 dello stesso periodo del 2015 fino ai 69.899.824 dei primi sei mesi del 2016). Così, con una semplice comparazione tra informazioni abitualmente disaggregate, si può pensare realisticamente che, anche se la quantità di lavoro può sembrare aumentata, la qualità del lavoro è certamente calata. Inoltre, se si leggono i dati INPS e i dati diffusi dal ministero del lavoro nelle comunicazioni obbligatorie, si fa presto a capire alcune cose. Le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato (che sono comunque contratti “a tutele crescenti” che non danno garanzie di stabilità visto che è stato cancellato, di fatto, l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) sono calate in maniera decisa e sono di parecchio inferiori rispetto alle cessazioni della stessa tipologia di contratto e nello stesso periodo. Secondo i dati forniti dal Ministero, le attivazioni totali di nuovi contratti di lavoro del secondo trimestre del 2016 sono il 12,1% in meno rispetto a quelle dello stesso periodo del 2015. Per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato, nello stesso periodo, il calo delle attivazioni è pari al 29,4%. I licenziamenti sono aumentati del 7,4%. Questo è avvenuto nello stesso trimestre considerato dalle stime ISTAT che tanto entusiasmo hanno suscitato negli ambienti governativi e tra gli organi di informazione “allineati”. Ma c'è anche un'altra considerazione che si può fare. L'ISTAT, poco prima di diffondere del trimestre aprile-giugno, ha reso pubbliche le stime dei dati mensili relativi a luglio e le serie storiche mensili. Ebbene, a luglio, la crescita stimata nel secondo trimestre del 2016, che ci viene propagandata come importante, viene di molto ridimensionata. Secondo l'ISTAT stesso, infatti, il calo dell'occupazione tra giugno e luglio è rilevante (circa 63.000 occupati in meno) e, anche se cala il tasso di disoccupazione (-0,1%), questo è dovuto all'aumento degli inattivi (+53.000 circa). Di chi, cioè, si è rassegnato a non poter lavorare anche se vorrebbe e non fa più parte della categoria dei disoccupati.

Comparando anche in maniera semplice e, forse, grezza i dati forniti dai vari istituti si ottiene una fotografia impietosa di una situazione che, se va bene, è bloccata ma che, realisticamente, è disastrosa. Il lavoro, quando c'è, è precario. Dimezzati gli incentivi statali alle imprese sono ripartiti i licenziamenti e le assunzioni sono sostanzialmente a fronte di contratti a tempo determinato e forme di lavoro estremamente precarie come sono quelle regolate dai voucher.

Questa è la realtà. Una situazione ben diversa dalla propaganda governativa. Bisogna ricominciare a pensare, a mettere in relazione dati e fonti diverse, a studiare e analizzare la situazione e non cadere nel tranello di credere ai titoli entusiastici dei giornali di regime o agli slogan ministeriali.

Ma soprattutto bisogna capire che, per sviluppare il lavoro, non possiamo continuare a privatizzare e credere che il “mercato” possa regolare alcunché. Il lavoro va distribuito tra chi vuole e deve lavorare. Significa che chi vive del proprio lavoro possa e sappia riprendere quella coscienza che è stata fatta a pezzi in decenni di conformismo e di adeguamento alle scelte padronali. Significa lottare (e non individualmente) per obbligare a scelte coraggiose e innovative (profondamente moderne) quali possono essere la diminuzione dell'orario di lavoro a retribuzione uguale, il ritorno dello Stato (e cioè di tutti noi) come produttore con regole ben precise e severe contro quei dirigenti e dipendenti pubblici che non fanno il loro dovere, tassare in maniera progressiva i grandi profitti, le grandi rendite, le speculazioni finanziarie, le immense ricchezze individuali che esistono nel nostro paese. Attuare, in poche parole, i dettami della Costituzione del '48. Quella che il governo Renzi (appoggiato da J.P. Morgan, Fitch Ratings, Stati Uniti, Confindustria, grandi banche nazionali e internazionali …) vuole cancellare con una “riforma” costituzionale orrenda nella forma e nei contenuti.

Leggi tutti gli articoli su: disoccupazione

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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