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Sine culpa e sine peccato: esiste l'inferno? La Voce del Sileno Anno 2, 5 agosto

Di Italo Francesco Baldo Sabato 5 Agosto 2017 alle 11:02 | 0 commenti

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Dopo il Concilio vaticano II si è diffusa, ma non si sa bene chi ne sia stato l'iniziatore, l'affermazione che "non esiste l'Inferno", ossia per quanto un uomo possa aver peccato, ossia compiuto il male e indipendentemente dal pentimento che può anche non esserci, egli sarà salvo, dato che il luogo della pena eterna non c'è. Tale indicazione ha un grande riscontro nella nostra epoca, dove si afferma che la vera libertà consiste nel "fare tutto quello che si vuole". Certo si mitiga ciò con una seconda affermazione, ossia che "la mia libertà cessa là dove inizia quella di un altro", ma quale sia il confine nemmeno la legge di uno Stato riesce a determinarlo.

L'uomo dunque è libero e dato che non esiste una possibile punizione secondo quanto afferma la Chiesa cattolica proprio nel Concilio citato (cfr. Lumen gentium n.48), non esiste nemmeno nello Stato e particolarmente in ogni singolo, che è arbitro assoluto delle sue azioni. Esse sono comprensibili e giustificabili, perché il buono e il cattivo sono determinati dal singolo. Infatti, ogni azione o è libertà del singolo che opera indipendentemente da qualsiasi circostanza di luogo e di tempo, o è condizionamento dovuto alla dimensione sociale e storica. In ambedue i casi vale solo la azione, essa è comprensibile perché dettata dalla volontà del singolo e quindi sempre da colui che la compie giustificabile e quindi non è mai male. Nel secondo

Le conseguenze di questa prospettiva sono chiarissime. Non vi è più né male né bene, queste sono categorie che non assumono alcun significato per il singolo e per la società esse sono causate dall'esterno e non provenendo dal singolo, il singolo non ne porta colpa.

Di fronte a ciò la legge di uno stato diventa impotente e essa può solo tentare di mitigare le conseguenze di un'azione, ma non può avere valenza punitiva, dato che l'azione è di per sé giustificata. L'intervento può essere di carcerazione, ma questa solo in casi estremi, ad esempio la possibilità della reiterazione dell'azione a danno di un altro singolo. Se non sussistono questi problemi, si debbono adottare forme "leggere" come la detenzione domiciliare e soprattutto si deve tendere a quella rieducazione di colui che ha compiuta un'azione negativa, in modo che non la compia più. Sul poco valore della rieducazione già si era espresso il grande penalista Giuseppe Bettiol, ma la sua indicazione è disattesa, perché non esiste un vero reato, ma solo un'azione non conforme a quanto ci si aspetta dalle azioni di ogni singolo. Non deve esistere, anzi non può esistere una pena comminata dallo Stato; il suo intervento è emergenziale e nulla più.

Non certo lo Stato ha mutuato dalla teologia morale che nega l'inferno questa sua prospettiva, dato che essa dipende dalla concezione del diritto positivo, che vede la legge, anche quella penale, solo in connessione con le circostanze di luogo e di tempo, per cui lo stesso reato in tempi e luoghi diversi può assumere valenza diversa e addirittura cambiarla da positiva in negativa e viceversa.

La crisi attuale della giustizia deriva proprio dalla negazione del male che si compie e per il quale non può esistere una vera pena. Questa è provvisoria e non mai definitiva.

Nella visione cristiana l'uomo compie per libertà il male, ossia non seguendo ed operando per il bene, inficia il più gran dono che Dio fece all'uomo (Dante Alighieri). Nell'Antico come nel Nuovo Testamento gli uomini che si rendono colpevoli e non ottengono il perdono da Dio sono destinati.

Nei testi ciò è chiaro direttamente: E interessante scoprire che ci sono più versetti biblici sull'inferno che sul paradiso. Ecco alcuni versetti nell'Antico Testamento sull'inferno. Daniele 12:2 afferma: "E molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni per la vita eterna, gli altri per l'obbrobrio, per una eterna infamia." Qui l'inferno viene descritto come eterno. Isaia 66:24 dichiara: "E quando gli adoratori usciranno, vedranno i cadaveri degli uomini che si son ribellati a me; poiché il loro verme non morrà, e il loro fuoco non si estinguerà; e saranno in orrore ad ogni carne." In questo brano l'inferno viene descritto come un luogo dove il fuoco non si spegne. Deuteronomio 32:22 dimostra l'inferno come un luogo dove Dio riversa la sua ira: "Poiché un fuoco s'è acceso, nella mia ira, e divamperà fino in fondo al soggiorno de' morti; divorerà la terra e i suoi prodotti, e infiammerà le fondamenta delle montagne." Salmo 55:15 illustra l'inferno come il regno dei malvagi: "Li sorprenda la morte! Scendano vivi nel soggiorno de' morti! poiché nelle lor dimore e dentro di loro non v'è che malvagità."

 

L'inferno esiste? Che cosa dice il Nuovo Testamento?

Esiste l'inferno? Se non bastassero i chiari insegnamenti dell'Antico Testamento, anche il Nuovo Testamento ha molto da dire. 2 Tessalonicesi 1:9 dice: "I quali saranno puniti di eterna distruzione, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza". Apocalisse 14:10-11, in riferimento all'anticristo, insegna: "(Egli) sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi angeli e nel cospetto dell'Agnello. E il fumo del loro tormento sale ne' secoli dei secoli; e non hanno requie né giorno né notte quelli che adorano la bestia e la sua immagine e chiunque prende il marchio del suo nome." L'inferno è un lago di fuoco descritto in Apocalisse 20:14-15: "E la morte e l'Ades furon gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè, lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco"

Gesù stesso ha insegnato in merito all'Inferno: Gesù ha insegnato in modo specifico sull'inferno molte volte nel suo ministero (Matteo 5:22, 25,41;25,46, 29-30; 10:28; 18:9; 23:15,33; Marco 9:43-47; Luca 12:6; 16:23).

Certo è difficile pensare che Colui che si dice Amore e che ama l'uomo possa destinarlo all'Inferno, ma non è Dio che destina l'uomo peccatore alla pena eterna, è l'uomo stesso, il quale anziché comprendere che la libertà è tale solo e soltanto quando si opera bene, se ne allontana e agisce in difformità al comandamento divino. Sant'Agostino ha illustrato molto bene questa mysterium iniquitatis, (il male) che ancora lascia attoniti. L'uomo che commette il male non è libero e se non ritornata nella Grazia di Dio, mediante la confessione (sacramento della riconciliazione) egli è lontano da Dio e questa condizione è eterna. L'inferno è la mancanza di libertà che si esprime, come hanno insegnato i grandi mistici tra cui Santa Teresa d'Avila, nel rispondere con amore all'amore di Dio.

Prospettiva questa cristiana, direi cattolica e ortodossa, dato che nel mondo protestante, in genere, vi è l'affermazione della non libertà dell'uomo (servo arbitrio), dato che egli è predestinato da Dio stesso sia alla salvezza sia alla dannazione. Da ciò ne consegue che la libertà non è assoluta, ossia l'uomo è arbitro della destinazione finale della sua vita verso la salvezza o verso la dannazione, queste sono prestabilite da Dio. La conseguenza di simile visione è molto chiara. Io compio tutto quello che voglio e non mi chiedo se esso sia bene o male, compio ciò che in quella circostanza di luogo e di tempo e sociale io intendo operare. Il destino finale, già stabilito, non può veramente interessarmi; l'unica salvaguardia è verso la relazione con altri, che non dovrei nuocere e se lo compie, permetto l'intervento repressivo, ma questo nulla ha a che vedere con il destino finale della mia vita.

 

Martin Lutero in grande polemica con l'umanista Erasmo da Rotterdam, sostenne il servo arbitrio, la mancanza di vera libertà per l'uomo ed è nota la sua espressione: "Se i turchi invadono - l'Europa - questa è la volontà di Dio cui non è lecito resistere.", appartiene a quanto predestinato. Di Contro Erasmo sullo stesso problema, scrisse invece Guerra ai turchi (in Pace e Guerra, Roma, Salerno 20004), lamentando che proprio il disaccordo tra i cristiani determinava la situazione, frutto della contingenza e non di Dio.

Ogni tanto però ritorna il dibattito e investe problemi molto importanti. Il teologo del secondo secolo dopo Cristo Origene sosteneva che le pene non sono eterne, ma temporanee, Infatti alla fine dei tempi tutta l'umanità si salverà in Cristo e avrà luogo la "restaurazione finale" (apokatastasis) di tutti gli essere umani e del cosmo. Tale salvezza coinvolgerà anche i condannati all'inferno e i demoni. Tale dottrina fu discussa da diversi Padri della chiesa come Gregorio di Nissa e per taluni anche il gesuita Teilhard de Chardin nel novecento sembra accondiscendere a tale impostazione. Nella Chiesa luterana il teologo Karl Barth.

In tempi recenti è stato il teologo della liberazione, il sudamericano Padre Leonardo Boff (Francescano), a riflettere sul problema dell'Inferno, ne parla in alcune sue opere. Egli sostiene che negare l'inferno è negare l'essere umano e quindi anche Dio, è non prendere sul serio la libertà umana: "L'uomo può tutto. Può essere un Giuda come può essere simile a Gesù di Nazareth. Può essere un Auschwitz, un Dachau, un Mostar. Può essere un santo e può essere un demonio. Dire cielo e dire inferno significa riferirsi a ciò di cui l'uomo è capace. Chi nega l'inferno non nega Dio e la sua giustizia, nega l'uomo o non lo prende sul serio. La libertà umana non è uno scherzo. È un rischio e un mistero, che implica l'assoluta frustrazione nell'odio o la radicale realizzazione nell'amore. Con la libertà tutto è possibile, il cielo ma anche l'inferno". (L. Boff, Vita oltre la morte, Cittadella Editrice, Assisi 1980, p. 83.12).

approfondendo la sua dottrina, arriva all'annuncio di un inferno vuoto. "Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui" (lGv 4, 8-9).

In Dio c'è solo amore, perdono e misericordia; è questa la sua natura, ma anche la sua sofferenza, il suo inferno, in quanto spesso tale amore non trova corrispondenza. "In Lui non c'è odio o vendetta. E, se non trova amore, continua ad amare e a soffrire. La mancanza di reciprocità nell'amore è riempita dal perdono. Allora Dio perdona e si mostra misericordioso nei confronti di chi Gli ha negato amore. E la sofferenza d'amore, come tutti gli innamorati sanno, è un inferno.

Dio ha il Suo inferno. Non è un inferno continuare ad amare chi non sente niente e non mostra amore? E per causa di ciò, soffrire e perdonare, senza ribellarsi, senza castigare e senza offendere come faremmo noi umani? L'amore-misericordia è l'inferno di Dio. Dio è condannato a questo amore infernale perché così è la Sua natura. La misericordia rivela un aspetto essenziale della natura divina: il lato femminile di Dio. Misericordia significa, etimologicamente, possedere un cuore (cor) che si conduole della miseria (miseri) dell'altro perché la sente profondamente come sua. In ebraico è ancora più forte, perché la parola misericordia -rahamim - significa avere viscere come una madre e possedere seni come una donna. È commuoversi davanti al male dell'altro perché ci si sente intimamente colpiti e per questo con la disposizione ad essere magnanimi, clementi e indulgenti nei suoi confronti" (13).

Ora nulla può offuscare e opporsi a questo amore - misericordia di Dio, neppure l'inferno. Infatti con tale amore Dio svuota l'inferno.

" È qui che entra la sua misericordia. La giustizia riempie l'inferno. È il bidone dell'immondizia dove Dio dovrebbe gettare tutto quello che non ha funzionato. Ma la misericordia lo svuota" (L. Boff, Il bidone dell'immondizia che Dio non ha e altri racconti, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1997, pp.45-46 e p. 48). 14).

Il teologo sudamericano, le notizie riporte sopra sulla sua visione sono tratte da uno scritto in web di don Luciano Scaccaglia (teologo e parroco di S. Cristina, S. Antonio Abate, S. M. Maddalena, S. Pietro d'Alcantara -Parma), non ha avuto il benestare della Chiesa Cattolica, è una sua riflessione, ma essa contrasta con la dottrina ufficiale sull'Inferno. Chiamato a Roma per chiarimenti in una intervista a Der Spiegel p. Boff così si esprime: "Ciò che importa è la verità che rende liberi". Che cos' è la verità? "Io credo nella Chiesa che sta dalla parte dei poveri. Noi teologi della liberazione crediamo che la verità della Chiesa dei poveri sia talmente radicata nel Vangelo che Roma non può non comprenderci". Si sente ancora compreso dopo la sua visita alla Congregazione della Fede di Roma? "Ciò che sento a Roma è la forza dell'Istituzione, assai più della forza della verità". Nel suo libro censurato a Roma, lei ha descritto la procedura davanti alla Congregazione per la Fede - prima ancora di averla vissuta - come un "processo kafkiano", ecc. Una posizione questa originale, ma nulla a che vedere con quella ufficiale.

Anche il teologo Ruiz de la Pena si associa alla visione di Boff, "la dottrina della morte eterna non appartiene al vangelo, che, nel suo significato letterale, è la ‘Buona Notizia', annuncio di salvezza e non di salvezza o di condanna" (J.L. RUIZ de la Pena, La otra dimensiòn. Escatologia cristiana, Sal Terrae, Santander 1986, p. 254. 44)

Certo ogni uomo ha libertà di pensiero, e la libertà della coscienza, come ha ben evidenziato il filosofo Danilo Castellano in diversi suoi saggi, ma chi è membro di una Chiesa può proporre i suoi pensieri, ma giammai considerarli come "la verità". Questo è il principale errore di molti eretici, ma non è qui l'occasione per parlarne.

San Tommaso d'Aquino, Santa Teresa d'Avila, ma anche Sant'Alfonso de' Liguori, Antonio Rosmini solo per citare alcuni tra i protagonisti della vita di fede nella chiesa hanno affermato l'esistenza della pena eterna.

Cambiare come qualcuno potrebbe desiderare, non sembra possibile; la dottrina è ben chiara ed è precisata nel Catechismo della Chiesa Cattolica art. 12, IV nn. 1033-1065.

Certo Deus vult omnes salutari, Dio vuole che tutti si salvino, e questo è un desiderio paterno e amorevole, ma la libertà di ogni uomo può a essere anche quella di negare la liberta stessa e perseguire azioni che non sono conformi al dettato evangelico. Esse sono anche comprensibili nella loro ideazione e svolgimento, ma non sono giustificabili. (cfr. Ma capire non significa giustificare, "Il tempo" 58(2001), n. 280, p.23). Ciò che sembra prevalere è che non debba esistere giudizio intorno alle azioni compiute dal singolo, come rifletteva Max Stirner, che si erge ad assoluto del mondo. Canta Vasco Rossi: "e non ci sarà' più dio..... perché' ci sono io!"

Così l'uomo, anzi il singolo trova da se stesso comprensione e giustificazione e non comprende nemmeno a livello sociale che vi possa essere il male. (cfr. il mio Il male è morto! Per ripensare alla morale, in AA.VV., Mysterium iniquitatis, a cura di G.L. BRENA, Gregoriana, Padova, 2000, pp. 331-344.) Ne segue che se non vi è il male, reato o peccato che sia) ovvero non lo si identifica, allora non solo non ha valore la legge degli uomini, ma nemmeno quella di Dio e quindi nemmeno la necessità di una società, di uno stato o di una Chiesa. L'uomo è solo un singolo ed è solo (cfr. La solitudine dell' "uomo". La fine della possibilità del diritto, "Acta Histriae",15 (2007),1, pp. 87-102) Da ciò deriva che non vi è una possibile legge ovvero comandamento, ma la mia volontà che si erge a sede decisionale.
Il male è morto, non perché non vi sia più, ma perché temiamo di denunciarlo e perfino nelle chiese si teme di ricordarlo, tanto che recitare il Confiteor prima di accedere alla celebrazione eucaristica sembra quasi vetusto. È un indice di come progredisce la stessa Chiesa, che non vorrebbe sentir parlare, alla moderna, di male e di peccato; meglio far finta di nulla e sperare che l'inferno non ci sia, è più comodo e sembra attirare di più...forse proprio quel male che si tende a occultare per non farsi considerare "all'antica".
Italo Francesco Baldo

Coordinatore de "La voce del Sileno" Italo Francesco Baldo
Si chiede a tutti coloro che leggono questo articolo di trasmetterlo ad amici e conoscenti.
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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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