Sette anni di rifugiati
Martedi 23 Giugno 2009 alle 19:00 | 0 commenti
A Santa Bertilla un appartamento gestito dai gesuiti accoglie migranti che chiedono asilo per motivi politici o umanitari. Le storie di chi ci ha vissuto
ÂA Vicenza da sette anni esiste un progetto di accoglienza di rifugiati promosso e finanziato dai padri gesuiti del Centro Astalli di Roma. In questo arco di tempo sono stati una ventina i rifugiati che hanno trovato ospitalità per alcuni mesi in un piccolo appartamento a Santa Bertilla, e da qui hanno potuto perfezionare la lingua italiana, iniziare un lavoro, trovare una sistemazione abitativa stabile. Abbiamo fatto una "chiacchierata" con i responsabili del progetto, per capire chi sono le persone che cercano asilo, e da cosa fuggono. E per sentire l'opinione dei "tecnici" del settore, coloro che danno asilo, sulle ultime decisioni in tema di immigrazione prese dall'Italia.Â
Il "rifugio" di Santa Bertilla
La sfida del "Progetto Nord" del Centro romano Astalli era incoraggiare i rifugiati arrivati a Roma, dove avviene la prima accoglienza, a partire di nuovo e a cercare una sistemazione definitiva nel nord Italia. Lo scenario, rispetto all’epoca in cui il progetto fu avviato, è molto diverso e a volte scoraggiante. Oggi la crisi economica, che tocca pesantemente anche le nostre zone, non dà più le possibilità di inserimenti lavorativi veloci e sistemazioni definitive dei rifugiati e delle loro famiglie. La struttura vicentina era fino a poco tempo fa diretta da un sacerdote, padre Giovanni Fantola, recentemente mancato. La sua opera viene continuata da un gruppo di volontari i quali sottolineano che l'appartamento di Santa Bertilla, a dispetto della crisi, continua a dare frutti, «modesti ma significativi». «L'alloggio può ospitare fino a 4, 5 persone contemporaneamente, attualmente sono in due – spiega Annamaria Colombaro, una delle responsabili – : vengono accolti dagli otto ai dieci mesi, tempo ritenuto necessario a trovare lavoro e casa. Attualmente con la crisi il tempo dell'accoglienza può aumentare di qualche mese». Oggi i volontari che seguono il progetto intendono avviare un’opera di sensibilizzazione nei confronti della città , facendo conoscere la presenza della casa di accoglienza, e avvicinando i vicentini a una realtà importante ma scarsamente nota. Il primo appuntamento organizzato dal gruppo è in programma per sabato 20 Giugno 2009 – Giornata mondiale del Rifugiato - alle 20,30 alla chiesa di S. Bertilla: vi si svolgerà una veglia di preghiera in memoria di tutti coloro che sono morti alle frontiere dell’Europa.
L' "identikit" del rifugiato
«I rifugiati sono donne e uomini che lasciano il loro paese a malincuore perché in fuga da pericoli, torture, morte» spiega Colombaro. «Prevalentemente vengono dall'Africa e dall'Asia, scappano dai propri Paesi a causa di una situazione politica contro cui stanno lottando. Sono soggetti che spesso, per le proprie opinioni, sono stai perseguitati e a volte torturati. Abbiamo avuto casi molto gravi, a Vicenza. A un rifugiato che è stato accolto avevano ammazzato il figlio davanti agli occhi, e poi gli avevano strappato il cuore. Veniva da un Paese in cui c'era una guerra in atto». Ultimamente all’interno dell'appartamento di Santa Bertilla hanno vissuto un rifugiato proveniente dall'Afghanistan, uno della Striscia di Gaza, uno del Togo e uno del Camerun. «Quello del Togo era un rifugiato per motivi umanitari, tutti gli altri erano rifugiati politici – continua Colombaro -: vengono da posti diversi, ognuno con la propria religione e con culture differenti, ma all’interno dell'appartamento devono dividere i luoghi comuni: la prima integrazione quindi avviene proprio qua dentro. Si tratta sempre di soggetti molto motivati a lavorare e a cercarsi un'occupazione, vengono a Vicenza proprio per questo. Quelli che noi accogliamo vengono inviati da Roma, dove c’è la sede centrale dell’associazione: nella capitale i rifugiati seguono le prime lezioni di italiano, e vengono preparati da servizi specializzati della nostra associazione.Â
ÂLe violazioni della Convenzione di Ginevra da parte dell'Italia
Colombaro spiega anche quale è la procedura per l'ottenimento dello status di rifugiato: «Bisogna fare una richiesta ben precisa. La persona viene sentita da una commissione e vengono verificate le sue dichiarazioni: non basta partire da dove c’è la guerra, ci devono anche essere delle particolari situazioni di pericolo per il soggetto specifico, tali da far temere persecuzioni, o addirittura per la sua vita, nel caso rientri in Patria. Poi ci sono anche i rifugiati per motivi umanitari, un'altra categoria». Gli operatori vicentini esprimono anche una posizione, critica, ben precisa sulla politica governativa, avviata di recente, di respingere le navi cariche di migranti già al largo delle coste italiane, rispedendole in Africa. «Respingere i "barconi" è un fatto gravissimo – afferma Colombaro - La convenzione di Ginevra dice che le persone in difficoltà devono essere accolte, e l'Italia l'ha firmata. Quando queste persone vengono respinte, poi, vanno a finire in una nazione che non è collegata alla Convenzione, e non è tenuta a rispettarla. Di fatto diventa difficile sapere cosa succede là , ma si teme il peggio». Fra i migranti nei "barconi" inoltre ci sono spesso dei rifugiati politici, cui l'Italia secondo la Costituzione dovrebbe dare asilo: «La sede centrale della nostra associazione ci dice che questa percentuale è molto alta. Di recente – conclude la volontaria – assieme ad Amnesty International, Arci, altre associazioni religiose e organizzazioni che si occupano dei migranti abbiamo spedito una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e al presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Chiediamo che venga ripristinato il rispetto dei diritti internazionali, e che sia assicurata una prassi basata sul soccorso a queste persone».
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