Sete di giustizia e verità
Giovedi 15 Marzo 2012 alle 23:14 | 0 commenti
Riceviamo da Sara Dal Zovo, membro del coordinamento provinciale di Sinistra Ecologia Libertà , e pubblichiamo
«Chi mette in discussione il reato di "concorso esterno" vorrebbe che i magistrati si occupassero solo di Riina e soci, mentre la forza di Cosa Nostra cresce con complicità politiche ed economiche».
Con queste parole, Gian Carlo Caselli esprime chiaramente quale sia il problema di fondo riguardo all'annullamento della condanna in secondo grado a 7 anni di carcere, a carico di Marcello Dell'Utri.
Vent'anni dopo la strage di Capaci e di via D'Amelio, la morte di tanti altri protagonisti della lotta alla mafia e a pochi giorni dal 21 marzo, XVII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, sentir pronunciare parole come " un reato indefinito quello di concorso esterno, al quale ormai non crede più nessuno" appare come uno schiaffo, l'inizio di un'opera di demolizione del lavoro della magistratuta iniziato dal pool antimafia Falcone e Borsellino. In un paese che è stretto nella morsa della criminalità organizzata e che è intriso di corruzione, la sete di verità , rispetto a quei fatti, e di giustizia, emerge e si fa sentire nelle parole di chi vuole un'altra Italia, di chi esprime la volontà di vivere in un paese più giusto, dove valga la pena lottare per ciò in cui si crede e dove i propri sforzi vengano ripagati, o almeno rispettati.
Pochi giorni dopo l'annullamento della condanna a carico di Dell'Utri, la Corte d'Assise di Firenze, nell'ambito del processo contro Francesco Tagliavia, riguardo alla trattativa tra Stato e Mafia nei primi anni '90, dice: «indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des. L'iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia».
Alla luce di due affermazioni tanto discordanti, da un lato quella del giudice Iacoviello, dall'altro quella dei giudici di Firenze, cosa dobbiamo pensare?
Marcello Dell'Utri, dagli anni '70 collaboratore di Silvio Berlusconi con il quale nel 1993 ha fondato Forza Italia, socio in Publitalia e dirigente di Fininvest e dal 2001 senatore della Repubblica Italiana, già condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, potrebbe aver preso parte alla collaborazione e alla trattativa Stato-Mafia, ma, secondo quanto già detto, tanto ormai non ci crede più nessuno!
La mafia da tempo non si rivela più attraverso uccisioni plateali e feroci violenze, ha elaborato strategie più subdole e ricatti non meno inauditi e ciò sotto gli occhi di tutti; attraverso intrighi di palazzo e giochi di potere, si affianca, collabora e si mescola con i "potenti", con coloro che, grazie alla loro posizione, possono godere "dell'impunità ".
Abbiamo un parlamento che richiede funerali di stato per Placido Rizzotto, sindacalista "scomodo", ucciso dalla mafia, parlamento di cui una parte è la stessa che esulta per l'annullamento della condanna di Dell'Utri, che ha salvato personaggi politici corrotti e collusi con la cirminalità , che punta il dito contro i giudici "faziosi" dopo essersi costruita una giustizia ad hoc.
Noi cittadini italiani non possiamo più chiudere gli occhi davanti a tutto questo, la nostra nazione merita di essere liberata, da un lato dalla criminalità organizzata, dall'altro da una certa classe politica che applaude, acclama come vincitori e protegge "nell'arena" del parlmanento uomini di mafia, non possiamo lasciare in mano a persone come queste la nostra Italia!
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