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Servizi per l'impiego, cosa sono e fanno. E cosa succederà se le Province verranno abolite

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 29 Gennaio 2012 alle 22:01 | 0 commenti

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Quanti sono, cosa fanno e come funzionano i centri per l'impiego. E che cosa succederà se le Province verranno abolite? Proviamo a fare il punto insieme a chi opera in prima linea nel settore
Di Enrico Galantini

Nella piattaforma dei sindacati per il tavolo sul mercato del lavoro a palazzo Chigi, un capitolo è dedicato agli ammortizzatori sociali. Com'è noto i sindacati chiedono una riforma che ne garantisca per il futuro l'universalizzazione e il potenziamento. E insieme chiedono il rafforzamento delle "politiche attive finalizzate al reimpiego, con un rafforzamento dell'azione dei servizi per l'impiego e delle sinergie tra servizi pubblici e privati, nonché tra gli attori preposti alle politiche passive e quelli che sono responsabili di quelle attive, attraverso un miglior utilizzo delle risorse comunitarie".

Ma qual è la situazione attuale dei servizi all'impiego? E che cosa succederà di queste strutture, oggi di competenza provinciale, se davvero le province a breve verranno abolite? Abbiamo provato a fare il punto sentendo chi nel sindacato segue questa complessa materia ma anche chi opera in prima linea nel settore.
Uno studio dell'Upi. Il punto di partenza può essere uno studio recente, curato da Romano Benini e Samantha Palombo per l'Unione delle province italiane all'inizio di dicembre, che offre una fotografia abbastanza precisa del settore. E i numeri sono questi. "Le Province gestiscono oltre 550 centri per l'impiego, che svolgono in tutta Italia le funzioni di erogazione dei servizi per l'informazione, l'orientamento e l'inserimento al lavoro. Le Province svolgono il dodici per cento della preselezione e circa il 4 per cento (nel Centro Nord il 7 per cento) dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Le agenzie per il lavoro private intermediano una percentuale inferiore. Più di 300 centri per l'impiego svolgono anche interventi di assistenza e consulenza gratuiti per chi intende mettersi in proprio. Circa 2.400.000, tra cittadini e imprese, ogni anno si rivolgono ai centri per l'impiego per richiedere servizi che riguardano il lavoro e l'accesso agli incentivi. Oltre 10.000 tra dipendenti ed esperti delle Province si occupano dei servizi per il lavoro e per la formazione".
L'esperienza sul campo. Dall'interno di un centro per l'impiego ci parla la dottoressa Paola Bottaro, che dirige l'ufficio cui fanno capo i 26 centri della Provincia di Roma, tre dei quali hanno sede nelle università. Ci ricorda che da luglio è iniziata presso il centro Porta Futuro di Testaccio un'esperienza nuova, quella di fornire supporto nella preselezione. "Questa nostra attività - sottolinea - fa sì che ci sia un minimo di garanzie in più per chi cerca lavoro. Stiamo facendo passi molto positivi. Costa crociere, su 25 persone preselezionate da noi, ne ha assunte, dopo i colloqui, 18. E abbiamo lavorato anche con la Nuova trasporti ferroviari che, dopo corsi di formazione mirati e cofinanziati, ha assunto 180 giovani".
La realtà del Veneto. Tutto bene, dunque? A sentire i sindacalisti che operano su questo terreno non è proprio tutto roseo, anzi. Fabrizio Maritan, della Cgil Veneto, sottolinea come nella sua regione, dove i centri per l'impiego sono circa 40, la situazione non sia certo omogenea: "Alcuni centri per l'impiego fanno cose importanti, ma si investe poco su di essi. In Regione si punta tutto sul privato". Oltre ai centri pubblici, ricorda Maritan, ci sono le agenzie private di somministrazione e una pletora di enti che si sono accreditati per la formazione legata alla cassa integrazione in deroga (223, di cui 120 già presenti per la formazione professionale) sui quali la regione non ha fatto alcuna selezione, accreditando nei fatti anche molta ‘spazzatura'". Il sistema che si sta delineando, insomma, è "un sistema a tre gambe, dove quella più importante, il pubblico, viene colpevolmente trascurata".

I risultati in Toscana. Così vanno le cose nel Veneto leghista, insomma. E nella Toscana "rossa" cosa succede? Anche qui ci sono problemi sull'accreditamento. "La Regione è troppo larga di manica - dice Valter Bartolini, responsabile mercato del lavoro della Cgil regionale -: c'è un numero eccessivamente elevato di agenzie formative, non tutte in grado di fornire un adeguato livello di qualità". In Toscana non si può certo parlare di sottovalutazione del "pubblico", e l'attività svolta dai centri è tanta. L'inserimento delle procedure previste della cassa integrazione in deroga ha costituito un problema, sottolinea il dirigente sindacale: "Questa è diventata una delle attività principali dei centri per l'impiego, che sono stati chiamati a rispondere a un numero rilevantissimo di interventi di vario genere, programmati secondo la durata della sospensione e il numero delle volte in cui il lavoratore viene messo in cig in deroga. Questo ha condizionato molto i centri, offrendo però anche delle opportunità interessanti. Tra cui la decisione di fornire a tutti i lavoratori in cig in deroga il libretto formativo, operazione che a oggi ha riguardato circa 8.000 lavoratori".

Ultima annotazione, un problema sindacale interno ai centri. "C'è un livello di precarietà nel personale non proveniente dai vecchi uffici di collocamento - ammette Bertolini -. La necessità di corrispondere servizi sempre più complessi, con personale dalle qualifiche diverse rispetto a quelle del passato, ma in regime di blocco delle assunzioni, ha portato all'aberrazione per cui molti lavoratori dei centri per l'impiego hanno contratti non tipici".

In Puglia assenti le Province. E qual è la realtà pugliese? Ce ne parla Francesca Abbrescia, responsabile del settore mercato del lavoro per la Cgil regionale. "Ci sono anche alcune situazioni di eccellenza - dice -, sei-sette centri che funzionano molto bene. Però il giudizio complessivo è di larga insufficienza". E questo giudizio negativo è rivolto soprattutto "alla scarsa sensibilità delle amministrazioni provinciali. Se c'è una sottovalutazione del problema da parte di coloro ai quali per legge sono demandate le politiche attive del lavoro, non possono certo essere i singoli dipendenti o i singoli centri per l'impiego a rimediare e fare miracoli". E non basta nemmeno l'impegno della Regione, che, a giudizio della sindacalista, molto ha investito sui centri per l'impiego, dotandoli di personale proveniente dai centri storici della formazione.

L'opinione dello studioso. Ma come vede questa realtà uno statistico, chi manovra quotidianamente i numeri del mercato del lavoro? Secondo Bruno Anastasia, direttore dell'Osservatorio di Veneto lavoro, sulle politiche attive del lavoro e i risultati dell'attività dei servizi per l'impiego è difficile fare valutazioni "statisticamente difendibili". L'incontro tra domanda e offerta avviene nel mercato del lavoro in maniera largamente informale, in tutto il mondo e non solo da noi, per cui i numeri sono difficilmente comparabili. Per quanto riguarda l'attività di orientamento, "la domanda è consistente e le risposte si stanno strutturando", ma è tutt'altro che facile orientare al mercato del lavoro, dire a giovani e meno giovani quali sono gli sbocchi migliori per i prossimi anni. "Quando si deve parlare del futuro del mercato del lavoro - osserva Anastasia -, al di là di alcune cose ovvie, siamo tutti un po' afasici, a meno che uno non sia fuori di testa...". Qualche passo avanti in più è stato fatto sulla formazione e i suoi effetti: la Regione Veneto si è data strumenti di analisi del placement (l'esito occupazionale delle attività di formazione, ndr) più precisi e sofisticati. Ma anche qui, dice Anastasia, siamo all'inizio di un cammino di maggior analisi e maggior trasparenza.

Un quadro negativo. E torniamo al sindacato. Qui e là nel paese, insomma, ci sono realtà che funzionano, ma il quadro complessivo è abbastanza negativo, ci dice Claudio Treves, coordinatore del Dipartimento politiche attive del lavoro della Cgil nazionale. "Sì, la crisi è stata una cartina di tornasole - spiega - e nella crisi il paese ha mostrato purtroppo tutta la sua arretratezza in questo campo, l'inadeguatezza dell'operatore pubblico, ma anche di quelli privati, a essere strumento di una transizione al lavoro governata e intelligente. È ora di mettere mano a tutta questa materia, investendo in modo adeguato nel settore".

Come spendono gli altri. Un occhio a come funzionano le cose in Europa può aiutare. Ci viene in soccorso lo studio che abbiamo citato all'inizio, che esamina quanto e come si spende nell'Unione. Sul quanto, segnala che, mentre da noi si spende per le politiche del lavoro globalmente intese l'1,4 per cento rispetto al Pil, la Francia spende il 2,3 per cento, la Germania il 3,4 e l'Olanda il 3,7. Sul come, mentre da noi per i servizi all'impiego si spende il 4 per cento delle spese complessive per le politiche per il lavoro, in Francia si spende il 10 per cento, in Germania il 12 e nel Regno Unito ben il 60 per cento. Insomma, il problema non è solo nella quantità ma anche nella qualità della spesa.

Da Rassegna.it

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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