Zonin lascia, cambia Vicenza. E vanno in pensione i minus
Martedi 14 Aprile 2015 alle 00:27 | 0 commenti

Distratti, forse, dal rosso miliardario di bilancio e dalla svalutazione del 23% del valore delle azioni i commentatori presenti all'assemblea di sabato 11 aprile hanno dimenticato di guardare oltre la Banca Popolare di Vicenza e i portafogli impoveriti del suoi 117.000 azionisti per capire e spiegare come cambierà il panorama del potere economico-finanziario e quindi politico, di Vicenza con l'annunciata fuoriuscita di Gianni Zonin, che dopo 19 anni di presidenza lascerá ad altri il suo ruolo nella BPVi spa.
A prescindere dall'apprezzamento per il gesto di Zonin, forse imposto più che dalla nuova configurazione societaria, come ha sostenuto il presidente, dai diktat di Bankitalia che altrettanto ha fatto per i vertici di Veneto Banca, l'altro istituto veneto costretto a riscrivere bilanci e prospettive aziendali dalle inclementi e "teutoniche" regole BCE, è un fatto assodato che la gestione della nuova Banca Popolare di Vicenza nell'arco di 12-18 mesi sarà affidata a nuovi amministratori e manager.
E a decidere saranno azionisti che formeranno le nuove maggioranze non sulla base del cancellando voto capitario, che finora ha consentito il controllo della banca a capitalisti vicentini senza capitali, ma sui soldi veri che investiranno per comprare le azioni, risollevando a quel punto l'umore degli attuali azionisti risparmiatori, che, se non recupereranno tutto il capitale investito, almeno trasformeranno carta in moneta: se in misura maggiore o minore dipenderà dalle redditività reali del futuro e dai premi di maggioranza che i nuovi soci saranno disposti a pagare.
E non dai giochi di potere che finora sono stati ideati, ""regolati" e disputati nella sala di controllo di Via Btg. Framarin.Â
Se alla sede centrale della banca di Zonin dovevano rivolgersi per trovare approvazioni e benedizioni alle loro piccole ambizioni e alle loro personali mire, che hanno reso tanto più piccola e provinciale Vicenza quanto più la sua banca diventava e appariva grande, gli ultimi presidenti di Confindustria, di Vicenza e del Veneto, sono stati sempre più costretti poi a dimostrare riconoscenza, magari anche maggiore di quella attesa dai loro capi, oggettivamente superiori a loro di molte spanne.
Se la loro lodevole, ma chissà da chi lodata, fedeltà è arrivata nei mesi scorsi fino al punto di difendere su alcuni altrettanto colpevoli media locali l'indifendibile, contribuendo a indurre in errore risparmiatori creduloni verso certi poteri, questo è augurabile e ancor più presumibile che non avverrà più quando a decidere sui vertici e sulla gestione della BPVi saranno proprietari interessati esclusivamente al suo sviluppo e non alla tessitura di piccole tele di potere locale.
E allora i giochi torneranno seri e anche ai vertici confindustriali dovranno tornare non più attori impareggiabili solo come comparse ma imprenditori di livello, capaci di avere visioni strategiche e non solo di fare da portavoce di chi elaborava disegni più grandi di loro.
Tra le tre Z che negli ultimi anni hanno gestito, o hanno pensato di gestire, il nostro territorio, quelle di Zonin, Zigliotto e Zuccato, l'unica indelebile nella storia di Vicenza rimarrà , comunque, solo la Z dell'unico presidente che si è costruito da solo il consenso, senza investiture altrui, e che dal podio più alto della banca ha diretto l'orchestra di Vicenza, in cui pochi sono stati solisti di valore.
Come, uno su tutti, Achille Variati, bravo nel seguire, e talvolta prevedere, i movimenti della bacchetta del direttore ma capace anche di concordarne, prima delle esecuzioni che lo coinvolgevano, alcuni gesti fondamentali.
Senza Zonin e sulla base di un ritrovata e non cortigiana meritocrazia spariranno di fatto le altre Z, comprese quelle contenute all'interno di cognomi da tempo in decadenza se non sui giornali di gossip e nei Cda clientelari locali, come quello di Matteo Marzotto.
Se Zonin ha fatto grande in 19 anni la Banca Popolare di Vicenza, pur con la forse inevitabile ultima crisi che è anche di crescita, il suo orgoglioso farsi da parte farà alla fine più grande Vicenza, costretta a diventare finalmente adulta cercando nuovi e più solidi equilibri intorno a una banca, che non potrá più limitarsi a scegliere i suoi bracci operativi sul territorio, dai presidenti confindustriali ai loro portavoce mediatici, ma sarà chiamata a crescere in efficienza, redditività e solidità .
Facendo crescere modernamente il territorio.
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