Scuole paritarie, i privilegi da abolire senza far danni agli ultimi
Domenica 16 Agosto 2015 alle 23:17 | 1 commenti
 
				
		La sentenza della Cassazione, che ha dato ragione al Comune di Livorno costringendo le scuole paritarie cattoliche a pagare l'imposta sulla casa che negli anni passati avevano eluso, apre uno scenario che può creare problemi. Infatti la reazione più diffusa è "così chiuderemo". E chi così reagisce crede che, siccome le paritarie sono un importante supporto/supplenza ad alcune carenze dello Stato in merito, deve per questo continuare ad esistere il privilegio.
Giustamente, tra famiglie che pagano l'Imu con notevoli sacrifici e  commercianti che pagano varie tasse e che spesso chiudono proprio per  questo, lo scenario non sembra il massimo della futuribile legalità. E  quindi? Le scuole religiose hanno più diritti di altri? Commercianti e  scuole fanno attività "pagate" e, più d'uno, potrebbe sostenere che  avere il macellaio sotto cosa abbia una certa valenza così come avere  l'asilo nido sempre sotto casa. Un ginepraio da cui se ne esce, a nostro  avviso, coi metodi della libertà, uguale per tutti e senza far male  agli ultimi, che in questo caso sono quelli che potrebbero avere  difficoltà per alcune scuole paritarie che potrebbero sparire.
Quindi,  invece di una struttura statale con le sue carenze che creano l'alibi  per la violazione delle paritarie, perché non passare il testimone  all'utente finale? Cioè che siano le famiglie a scegliere verso chi  indirizzare i propri pargoli? A differenza di quanto avviene oggi (chi  sceglie le paritarie paga di più di chi si limita alla scuola  dell'obbligo) siano premiate le strutture più scelte. Stiamo parlando di  una scuola dell'obbligo basata sul cosiddetto buono-scuola, un forfait a  disposizione delle famiglie che decidano dove mandare i figli a  studiare. Garantito comunque l'obbligo dell'istruzione, che siano gli  utenti a decidere. Nella nostra società c'è un mondo di globalità  culturale e di identità diffuse, con territori sempre più relativi, dove  le gabbie della cultura di Stato rappresentano un grosso limite alla  crescita di individui in grado di governarsi e governare il futuribile.
Quello  che scriviamo non è di immediata realizzazione. Ci vuole tempo e,  soprattutto, dibattito e confronti fra tutti gli attori. 
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