Saluto del sindaco Achille Variati per il 25 aprile
Domenica 25 Aprile 2010 alle 15:31 | 0 commenti
Care concittadine e cari concittadini
che avete voluto essere presenti questa mattina nella nostra piazza per ricordare, per onorare e per rinnovare un impegno collettivo per la libertà . A voi il mio saluto grato e affettuoso.
Saluto il signor prefetto, le autorità religiose, militari, le autorità civili, parlamentari, regionali, provinciali, il presidente del consiglio comunale, gli assessori e i consiglieri comunali, che con me condividono l'impegno amministrativo per Vicenza. Un affettuoso saluto alle associazioni combattentistiche e d'arma, all'associazione delle vittime civili di guerra, che non mancano mai di essere presenti con le loro bandiere e i loro labari, simboli di storia, di sofferenze e di onore.
E in questo giorno, 25 aprile, sessantacinquesimo anniversario della Liberazione dalla dittatura nazifascista, ci stringiamo in un abbraccio ideale con l'associazione nazionale partigiani d'Italia e con l'associazione ex internati e reduci dalla prigionia, qui rappresentate dal commendator Crosara. E vorrei che questa piazza a loro e a ciò che rappresentano dedicasse un grande applauso.
Saluto la rappresentanza delle forze armate americane, che entrarono il 28 aprile 1945 nella Vicenza liberata e il cui alto e generoso contributo di sangue fu determinante per la caduta della dittatura.
Tra le bandiere presenti stamattina vi è anche quella del Liceo ginnasio Pigafetta, con una delegazione di docenti e studenti, in rappresentanza delle scuole cittadine, guidata dalla professoressa Francesca Gottin. Il liceo Pigafetta ha avuto tra gli ex allievi giovani caduti nel secondo Conflitto, giovani partigiani nella Resistenza, deportati nei campi di concentramento nazisti. Tra gli altri voglio ricordare il capitano Antonio Giuriolo e quell'ultima drammatica azione della brigata Matteotti insieme alla Decima Divisione Americana di montagna, e l'eroico gesto con cui salvò, sacrificandosi, il più giovane dei suoi compagni, il diciassettenne Pierino Galiani. Memoria a cui è legata anche la figura di Ferruccio Pilla, morto quest'anno, cognato del presidente Ciampi. Ma tornando ai giovani liceali di ieri, ricordo l'allora giovanissimo partigiano Meneghello, che immortalerà poi nei suoi scritti in modo così emozionante le esperienze della Resistenza. Il giovane Franco Fraccon, che superò la maturità nel '43 e che dopo pochi mesi era nel carcere di S. Biagio con la madre, il padre Torquato, due sorelle, per poi essere deportato a Mathausen e morirvici. Voglio ricordare il caro Gino Massignan, deportato, uno dei quattro che tornarono vivi su ottantatre deportati nei campi di concentramento. Quattro su ottantatre. Nomi, testimonianze lontane per la nostra democrazia pigra. Nomi di giovani di allora rappresentati anche da questa bandiera del Liceo, portata dai giovani di oggi. Nomi che ci fa bene pronunciare e ricordare.
Altissimo fu il contributo di sacrificio e di sangue della nostra terra per un'Italia libera. In tutta la nostra provincia su circa 10 mila fra partigiani e patrioti riconosciuti, ben 2607 sono caduti in combattimento, oppure fucilati o impiccati, 1504 deportati e internati nei campi di sterminio. Nella sola città di Vicenza furono 144 i partigiani caduti in combattimento, e 64 i decorati al valor militare. Tra cui le medaglie d'oro Carli e Chilesotti, fucilati il 27 aprile '45, perché si continuò a morire anche dopo il 25 aprile.
Sono gli eroi della nostra città .
Ma il loro eroismo non fu individuale, o isolato. Non fu l'eroismo di pochi. Fu l'eroismo di una città , di una comunità di uomini e donne che attivamente parteciparono alla Resistenza. La seconda medaglia d'oro al valor militare conquistata dalla città di Vicenza fu conquistata collettivamente, con le azioni e il sacrificio di molti.
La Resistenza fu il risveglio collettivo della coscienza, di una nazione e di un popolo.
Lo disse bene Piero Calamandrei, storico intellettuale antifascista, in un discorso del 1954 in cui rifletteva sulla Resistenza e il suo significato, e in cui rievocava
"... questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore... Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini".
Voglio ripetere le ultime parole, perché si imprimano su questa giornata: "Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini".
Non è privo di significato che l'oratore ufficiale della manifestazione di oggi sia Massimo Cacciari. Amico, filosofo, studioso, pensatore tra i più importanti d'Europa, uomo politico, e fino a poche settimane fa sindaco di Venezia, Cacciari è una delle pochissime figure dei nostri giorni che possiamo chiamare, senza esitazione, di "intellettuale". Un intellettuale libero e vero in un tempo dominato da sedicenti intellettuali sciocchi e servili, proni ai desideri e alle richieste del Potere. In un'epoca dominata dalla confusione e dalla manipolazione della verità e della stessa storia, un'epoca in cui anche una grande festa nazionale e di popolo come il 25 aprile diventa terreno di battaglia ideologica, e viene messa sotto assedio.
Sì, il 25 aprile è oggi sotto assedio.
Il 25 aprile è rifiutato da chi ne disconosce il significato storico, e sminuisce volgarmente la portata della Resistenza identificandola falsamente come un fenomeno di parte.
Il 25 aprile è offeso da chi a parole cerca la "pacificazione" e nei fatti vuole l'oblio, la cancellazione della memoria e della verità . La riconciliazione parte necessariamente dalla memoria e non può prescindere dal riconoscimento delle verità e delle responsabilità .
Il 25 aprile è persino cancellato da intraprendenti amministratori e politici che sperano di guadagnarsi l'attenzione del Potere, eliminando ciò che non si può piegare ai bisogni di una propaganda mistificante.
Che arrivano a cancellare o vietare una canzone come "Bella ciao", quasi fosse una minaccia al Potere.
No, in questa piazza noi celebriamo il 25 aprile! E in questa piazza, alla fine, suoneremo e canteremo "Bella ciao"!
Ma cosa teme chi attacca il 25 aprile?
Teme la libertà ? Teme la memoria? Teme che ricordiamo come e a quale prezzo quella libertà fu conquistata? Teme che ricordiamo contro cosa si combatté perché la libertà tornasse nella nostra Italia, contro quale regime, contro quale dittatura?
Durante la guerra civile americana, il presidente Lincoln pronunciò uno storico discorso a Gettysburg. Lì, dove si era combattuta una feroce battaglia, veniva inaugurato un cimitero militare. Lincoln disse:
"In un certo senso, noi non possiamo inaugurare, non possiamo consacrare, non possiamo santificare questo suolo. I coraggiosi uomini, vivi e morti, che qui combatterono, lo hanno consacrato al di là del nostro piccolo potere di aggiungere o detrarre. Sta a noi viventi, piuttosto, dedicarci qui al gran compito che ci è di fronte: che da questi morti onorati ci venga un'accresciuta devozione a quella causa per la quale essi diedero l'ultima piena misura della devozione; che noi qui solennemente si prometta che questi morti non sono morti invano; che questa nazione abbia una rinascita di libertà ; e che l'idea di un governo di popolo, dal popolo, per il popolo, non abbia mai a scomparire dalla terra".
Difendendo e rivivendo il 25 aprile noi difendiamo noi stessi. La nostra memoria. La nostra storia. Difendendo e rivivendo il 25 aprile noi ripetiamo il nostro giuramento e il nostro impegno: che quella storia non si ripeta mai più, che la dittatura sia abolita per sempre, che la libertà prevalga.
A chi dice che non fu la Resistenza a far cadere la dittatura fascista, a ottenere la Liberazione italiana, e lo dice non per amore di verità storica ma solo per sminuire, per dividere, per deridere una memoria, rispondo così: fu grazie alla Resistenza che riguadagnammo la dignità di uomini liberi.
Si può essere liberi anche se sconfitti, anche se in catene, se si è liberi nella mente e nel cuore. Questa è l'eredità della Resistenza. Questo è il significato della festa della Liberazione.
Da questo stesso palco, un anno fa, celebravamo il 25 aprile. Avevo concluso il mio saluto con queste parole, che voglio ripetere anche oggi:
"La libertà muore se non viene usata".
Non basta celebrare la libertà e la liberazione una volta l'anno, come un atto dovuto, come una festa comandata. La libertà la dobbiamo vivere ogni giorno, riconquistare ogni giorno.
E voglio chiudere nello stesso spirito anche quest'anno, con un'altra brevissima citazione da quella grande figura di intellettuale antifascista, Piero Calamandrei: "La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare".
Facciamo in modo che la libertà , come l'aria, non ci manchi più, non ci manchi mai. Cari concittadini, cari amici, respiriamo a fondo il profumo della libertà . Gustiamola come l'assetato gusta la prima sorsata d'acqua. Con la stessa devozione, la stessa gioia, la stessa gratitudine. E continuiamo a respirarla, la nostra amata libertà , a pieni polmoni.
Evviva, dunque, la Festa della Liberazione! Evviva la libertà ! Evviva Vicenza!
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