Ruth e Noemi: libretto che sovverte tradizione. Le nozze gay per Madre Maria Vittoria
Venerdi 24 Ottobre 2014 alle 23:25 | 0 commenti
Di Donata Rizzi
Dopo la questione delle teorie riparative - predicate anche al meeting dei Mariani a Schio e troppo spesso promosse da ambienti e associazioni che non senza protervia si autodefiniscono "religiosi" - la nostra ricerca sul cristianesimo e le sue declinazioni prosegue . Di pari passo, prosegue anche la ricerca di un'alternativa religiosa includente, che sia davvero coerente all'universale messaggio di amore contenuto nei Vangeli. Ed eccoci così a telefonare a Madre Maria Vittoria Longhitano, prima donna italiana ad esser ordinata in Italia presbitera della Chiesa Episcopale.
Le poche domande da noi preparate risultano superflue: Madre Maria Vittoria è un fiume in piena che con grande disponibilità e slancio ci spiega i fondamenti del suo credo, che sostanzialmente professa la Dottrina Cattolica riconosciuta tale da tutte le Chiese storiche, ma rifiuta di riconoscere l'infallibilità del Magistero papale e molti dei dettami da esso emanati.
A nostro parere, la vera svolta sta nella condotta che l'orientamento episcopale mantiene nei rapporti con i fratelli cristiani: esso infatti, seguendo un motto di San Vincenzo di Lerins, punta a mantenere «l'unità nelle cose fondamentali, la libertà dove c'è il dubbio, la carità in tutto». Di conseguenza, la posizione assunta nei confronti di alcuni temi scottanti tanto aborriti dal Vaticano risulta decisamente conciliante, oltre che basata sulle Sacre Scritture, lette alla luce del buonsenso.
Andiamo dritte al sodo ed il primo argomento trattato nella nostra conversazione telefonica riguarda l'atteggiamento della sua confessione religiosa nei confronti delle persone dello stesso sesso:
«La nostra posizione riguardo all'omosessualità è allineata a quella dell'OMS; il paradosso del Magistero sta nel fatto che dica che due persone si possono amare, purché non "pratichino l'omosessualità ", cioè non facciano sesso; il peccato nasce da quello che due persone fanno a letto. E allora come bisogna comportarsi? Si cade nel ridicolo, nel letteralismo biblico», dichiara la Madre. «Peraltro -prosegue- l'unico passo del Vangelo in cui si può scorgere un riferimento all'omosessualità è quello della guarigione del servo del centurione (Luca 7,1), in cui Gesù dimostra grande ammirazione per l'amore che lega i due uomini».
Incalziamo madre Maria Vittoria interrogandola relativamente alle nozze gay, riconosciute e celebrate della Chiesa Episcopale. Madre Vittoria ci spiega che nell'Antico Testamento le relazioni forti e durature tra persone sono regolate da patti per la vita (che possono essere di amicizia, di alleanza, di inclusione in un determinato popolo, di amore reciproco...); il principale modello cui si richiamano tutti questi è il patto tra Dio e l'uomo. Alla luce di tutto ciò, la Chiesa Episcopale accetta quindi il matrimonio tra omosessuali perché si tratta di un patto: il punto focale sta nella contrazione di un patto e nello scambio di promesse di rispetto e di reciproca protezione, non nell'identità di genere di chi le formula. Un matrimonio che vede l'amore e la libertà celebrate e che quindi non viola né la Bibbia né la dottrina né la morale.
Madre Vittoria aggiunge che la promessa biblica di Ruth a Noemi è - da alcune correnti dell'ebraismo - una delle formule matrimoniali più usate (e più belle, aggiungiamo noi, imbevute come siamo della cultura lesbo-pop che ci ha portato a conoscerla grazie alla citazione che ne è fatta nel film "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno"): «Dove andrai tu andrò anch'io, dove dimorerai tu, dimorerò anch'io, il tuo popolo sarà il mio popolo, il tuo Dio sarà il mio Dio; dove tu morirai morrò anch'io, e là voglio essere sepolta. Mi punisca Iddio, se altra cosa, all'infuori della morte, mi potrà separare da te!» (Ruth 1,16).
Scopriamo così che la storia delle due donne - rispettivamente nuora e suocera - può essere interpretata in modo diverso, non convenzionale. All'epoca la fisicità veniva considerata diversamente e la vicinanza fisica non era ritenuta peccaminosa: l'unica cosa da condannare era la masturbazione maschile, poiché provocava la dispersione del seme. E due donne che si accingevano ad attraversare il deserto assieme, seppur unendosi a qualche carovana, non potevano non condividere tutta una serie di gesti piccoli ma intimi e, perché no, romantici. Dopo aver fatto questo viaggio, le due donne (appartenenti a popoli avversi ed invisi tra loro) vanno a vivere assieme. La giovane Ruth fa la spigolatrice; condivide con Noemi il poco cibo ottenuto al lavoro e la mantiene, finché la suocera - per ragioni di convenienza - non la esorta ad accasarsi con un parente che esercitava su di loro diritto di riscatto. Ruth ha un figlio, che però viene allevato da Noemi, tanto da far dire alle vicine: «È nato un figlio a Noemi!».
La prospettiva fornitaci da Madre Vittoria è sì nuova, ma al tempo stesso semplice e calzante: l'amore verso i congiunti (leggi verso Noemi) fa affrontare a Ruth l'esilio e la miseria. Le famiglie sui generis, che si manifestano in molteplici forme e che si discostano dall'attuale concetto di "tradizione" sono sempre esistite, sin dalla notte dei tempi. Il libro per eccellenza, la Bibbia, testimonia che esistevano anche tremila anni fa, e le rende protagoniste di un piccolo libro di quattro capitoli in essa racchiuso: il libro di Ruth (e di Noemi, aggiungiamo noi).
Ora, la domanda che ci sorge spontanea è questa: a cosa fa riferimento e su cosa si basa il tanto declamato concetto di "famiglia tradizionale", se la tradizione biblica stessa comprova una realtà del tutto diversa?
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