Rom e sinti, la Caritas invita a continuare il cammino dell'inclusione
Martedi 5 Marzo 2013 alle 15:23 | 0 commenti
Don Giovanni Sandonà , direttore Caritas Vicenza - La cronaca recente evidenzia ancora problemi relativi alla presenza in città e fuori città degli erroneamente chiamati “nomadiâ€. A noi pare, fuori da ogni logica di contrapposizione o di sterile polemica, che sia opportuno qualche spunto di rimotivata riflessione. Innanzitutto l’inadeguatezza del linguaggio: si continua a parlare di “nomadi†quando sono, in realtà , persone stanziali munite di documenti adeguati.
Il nomadismo “residuo†non è una libera scelta dei Rom e dei Sinti: in passato è stato principalmente determinato dalle persecuzioni, ed oggi è determinato dagli allontanamenti e dal rifiuto delle Comunità Locali che non permette loro un luogo dove poter stanziare, potendo usufruire di acqua servizi igienici ed energia elettrica.
Ci pare che il percorso di integrazione debba continuare, ma camminando su due “gambeâ€. Riteniamo giustissimo che queste persone adempiano ai doveri richiesti ad ogni cittadino, come la scolarizzazione dei figli, il lavoro, il rispetto delle norme civiche di buona convivenza e della legalità in tutte le sue sfaccettature. Tuttavia riteniamo di poter dire che manca la seconda “gambaâ€, almeno per quelle persone che hanno occupato le cronache negli ultimi mesi: mentre si chiedono loro questi doveri ed impegni, non li si mette nella condizione di poterli rispettare.
Facciamo fatica a capire l’unilateralità delle richieste senza la reciprocità di opportunità vere. Ben altra sensibilità , constatiamo amaramente, c’è nella pubblica opinione circa l’opportunità di spazi definiti perfino per i nostri animali domestici.
Crediamo e tocchiamo con mano ogni giorno come queste persone, in particolare pensiamo ai loro bambini ed adolescenti, abbiano gli stessi sogni e le stesse paure dei nostri bambini e adolescenti. Bello sarebbe se volessimo, come già nel 2006 il vescovo Nosiglia invitava, purificare il nostro vivere da quegli qtteggiamenti che non consentono il dialogo, la conoscenza reciproca, la ricerca del bene. Impariamo a dare un nome alla nostra paura di fronte alla differenza tentando percorsi di conoscenza che facilitino la via dell'incontro. Favoriamo l'ascolto reciproco, accogliamo il buono che ogni storia umana porta con sé. E ciò magari partendo dai media locali. Possiamo almeno bilanciare la cronaca sul “diverso†con servizi che aiutino l’opinione pubblica a scoprire persone che, pur restando distinte da noi per percorsi di vita, restano “identiche†a noi per umanità , sogni, paure? Così come nella doverosa necessità di assumersi senza sconti la responsabilità del proprio agire. Per tutti è più facile accogliere condividere amare ciò che si conosce.
La nostra è una riflessione mirata a sostenere i molti percorsi, già intrapresi in Diocesi in quindici Comuni da almeno un decennio: Bassano del Grappa, Bolzano Vicentino, Breganze, Costabissara, Montecchio Maggiore, Montecchio Precalcino, Mason Vicentino, Malo, Quinto Vicentino, Sandrigo, Santorso, Sarcedo, Schio, Torri di Quartesolo, Vicenza. Sgorga da vissuti ormai decennali di prossimità al fianco dei Rom e dei Sinti tesa alla loro inclusione sociale, fino all'abitazione.
Certo, la strada non è in discesa. Ancora di più sappiamo di non poterci chiamare fuori da errori, stanchezze e talvolta sconforti. Tuttavia, proprio perché conosciamo queste persone e con loro abbiamo condiviso tante quotidianità , siamo sempre più convinti che il bene comune e la dignità di ogni persona motivino noi, le Comunità cristiane, le Istituzioni come la scuola e i Pubblici Amministratori, a costruire percorsi di convivenza dentro realtà sociali e culturali complesse. In tal senso ripetiamo l'invito di sette anni fa della Diocesi, nella Nota del suo Vescovo: Mi rivolgo alle istituzioni. E' un invito a continuare quella collaborazione che ci vede impegnati a cercare e trovare spazi abitativi senza i quali ogni progetto di promozione e di inclusione sociale si banalizza e si vanifica. Senza un pezzo di terra dove poggiare regolarmente una roulotte, un prefabbricato e una serie di servizi essenziali per vivere dignitosamente, nessun inserimento lavorativo, nessuna scolarizzazione dei minori è fattibile, nessuna socializzazione può accadere. Il rifiuto o l'allontanamento verso altri Comuni, non risolve i problemi di fondo anche se li sposta altrove.
E mi rivolgo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà : aiutiamoci a fare accoglienza, aiutiamoci a non subire passivamente le povertà dei fratelli che ci vivono accanto. (…) E' un metterci in gioco che prevede tempi lunghi, passione per l'uomo, progettualità , sinergie dentro e fuori la chiesa.
Non mancheranno fallimenti e crisi, che del resto abitano anche le nostre famiglie e il nostro credere. Ma non per questo ci si arrende.
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