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Riforma bluff delle Popolari: Banca d'Italia venga allo scoperto

Di Rassegna Stampa Lunedi 19 Gennaio 2015 alle 21:18 | 0 commenti

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di Gaia Pileddu

Il Sole 24 Ore dà per cosa fatta la riforma della banche popolari. L' abolizione dell'art.30 del del Testo Unico Bancario sarebbe la chiave di volta per por fine agli oltre 150 anni di storia delle banche popolari italiane. Tutte dovrebbero essere trasformate ex lege in società per azioni ed i soci verrebbero quindi chiamati a votare nelle assemblee in base a quante azioni possiedono anziché secondo la regola del voto capitario, one man one vote.

Vi è qualche motivo per dubitare che l'impresa possa riuscire o, per lo meno, che possa riuscire nei termini che sono stati descritti dal quotidiano della Confindustria. Non soltanto è immaginabile che la potente lobby delle banche popolari interverrà efficacemente sul Parlamento per impantanare, per l'ennesima volta, qualsiasi riforma ma, soprattutto, non si vede, come una legge possa modificare un atto tra privati quale è lo statuto di società senza incorrere in prevedibili censure di costituzionalità. Abolito che fosse infatti l'art.30, rimarrebbe l'art.29 che pur prevede che le banche popolari siano comunque costituite in forma di società cooperative e quindi di società dove si vota per testa e non in base al numero delle azioni. Abolito che fosse l'articolo 29 rimarrebbero comunque gli statuti che, nei paesi di cultura giuridica liberale, possono essere modificati dai soci e non da decreti.
L'idea che il modello delle banche popolari rappresenti un pericolo pubblico per cui il legislatore deve intervenire per proibirlo imponendo l'immediata trasformazione in società per azioni ha connotati bizzarri. Si tratta di un modello che funziona egregiamente da oltre 150 anni e che è stato magnificato da diversi Governatori della Banca d'Italia oltre che da corti immense di studiosi, più o meno interessati. Due dei primi cinque gruppi bancari italiani sono costituiti in forma di banca popolare e a tali dimensioni sono arrivati perché la Banca d'Italia li ha sempre autorizzati ad acquisire talvolta anche con un processo inverso che è passato dalla incorporazione di società per azioni in banche popolari.
Sono invece alcune banche popolari che non funzionano al meglio e possono divenire pericolose per il sistema. E' pur vero che tra le banche di altro tipo quelle potenzialmente pericolose per il sistema sono anche più numerose visto che Carige e Monte Paschi o Banca Marche e Carife sono tutte società per azioni. Se poi si guarda alle perdite che hanno afflitto tutti i maggiori gruppi bancari italiani ben si vede come le cose siano andate male per tutti senza che i problemi possano essere associati alla forma giuridica. D'altra parte Bipop e Antonveneta, le due popolari che si trasformarono in società per azioni non pare siano state storie di particolare successo.
E' vero invece che le banche popolari hanno dei problemi che sono caratteristici della categoria anche se non pare che per risolverli sia necessario abolire la categoria.
Se Gianfranco Gasparotto era notoriamente il padre- padrone della Banca Popolare di Marostica, la Vigilanza ha avuto mille modi e molto tempo per intervenire se questa condizione era pregiudizievole per la sana e prudente gestione. Un pudore diffuso deve essere stato all'origine della decisione di quei soci che hanno bloccato l'azione di responsabilità contro un Gasparotto ormai in disgrazia dopo che per molti anni tutte le assemblea lo avevano celebrato senza timore di eccedere nelle lodi: non si imputa agli altri quel che si è concorso a compiere, vale per i soci e vale per la Banca d'Italia. Quest'ultima , ha approvato per decenni statuti in cui tutto - dalle regole di autentica delle deleghe assembleari, alle liste prestampate - era fatto perché gli outsider nelle banche popolari dovessero rimanere eternamente tali. Sono state autorizzate acquisizioni a prezzi che mai avrebbero consentito la remunerazione del capitale investito di cui adesso proprio le banche medie e piccole stanno pagando le conseguenze maggiori. La Banca Popolare dell'Etruria acquisì da Unicredit una trentina di sportelli per un prezzo che è oggi - dopo due aumenti di capitale - ben superiore al valore di mercato dell'intera banca ma il suo storico presidente (un altro!) se ne è andato dalla banca nel 2009 ad 87 anni con una pingue liquidazione dopo 35 anni di onorato e continuativo servizio!
Nel Veneto le due grandi popolari non quotate sono cresciute passando di acquisizione in acquisizione. Per riuscirci hanno emesso un numero enorme di azioni il cui "valore" - secondo i soci delle due banche che ne stabiliscono il prezzo in assemblea - non è mai sceso nonostante la Lehman Brothers e nonostante nel frattempo le altre banche quotate abbiano perso anche più del 90% del valore precrisi. La storia delle due banche è molto simile ma la Banca d'Italia aveva "suggerito" ad una di fondersi con l'altra che doveva assumere le vesti della salvatrice. Gli stress test della BCE hanno dato un quadro un po' diverso: quella che doveva essere salvata stava forse un po' meglio della salvatrice. Quel che è certo è che il prezzo delle azioni stabilito dalle assemblee ha continuato a prescindere dalla realtà di mercato con effetti distorsivi sempre più evidenti senza che via sia stata nessun efficace azione correttiva: anche qui è però il problema non è il tipo di società ma il coraggio con cui gli amministratori affrontano le situazioni e la tempestività con cui la Vigilanza corregge le omissioni.
Nelle popolari una cosa davvero non piace: molti amministratori non ci mettono che pochi spiccioli nelle azioni delle loro banche e quindi sarebbe giusto che ogni anno con il bilancio si rendesse pubblico quante azioni ha ciascun amministratore e quante ne ha comprate e vendute nel corso dell'esercizio. Non vi è motivo perchè sia proibito amministrare soldi che non sono propri ma la trasparenza su quanto ci si crede quella sì parrebbe giusta.
Conclusione: il problema non sono le banche popolari ma il sistema bancario italiano e come è stato vigilato. Anziché modificare per legge gli statuti delle società, a questo punto si nazionalizzino le banche. La Banca d'Italia da tempo chiede di poter rimuovere gli amministratori come se fino ad oggi si fosse potuto amministrare una Banca senza essere graditi in via Nazionale. Adesso sta arrivando anche questo potere così che non vi saranno più dubbi su chi decida la gestione delle banche. Altro che società per azioni o società cooperativa! Si portino le cose allora alle loro conseguenze: se comanda la Banca d'Italia nella gestione, se per legge si cambiano gli statuti, si riconosca che il sistema bancario non può più essere lasciato alla libera impresa. Almeno quando tutti i nodi saranno venuti al pettine a rispondere saranno gli attori ma non senza il regista.

*Da Venezie Post


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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