Rifondazione: "Più diritti per rom e sinti" . Ma l'integrazione non si fa coi campi-ghetto
Mercoledi 18 Novembre 2009 alle 18:20 | non commentabile
Riceviamo e pubblichiamoÂ
Gentilissimo Mannino,
Leggo sul settimanale Vicenzapiù n.171 a p. 10 un suo articolo "Campi nomadi? Ecco perché no". Non comprendo perché tanta ostinazione contro questi cittadini che non sono nomadi o zingari, ma sinti e rom, al fatto che possono vivere tranquillamente ed educare i propri figli in un ambiente sereno e igienicamente adatto ad ogni essere umano. Non capisco perché invece di racchiuderli in "campi di concentramento", non possiamo seguire le linee civili designate in Europa e in altre città italiane, dando loro la possibilità di avere delle aree dove risiedere unicamente con la loro famiglia. Una famiglia che seguendo la loro tradizione che fino a qualche tempo fa era anche la nostra, è allargata. Ha ragione a dire che dei cittadini non possono usufruire solamente dei diritti, ma hanno anche dei doveri e mi sembra che anche questi cittadini ne siano a conoscenza, tanto che fino ad ora a loro è stato solo chiesto, ma le amministrazioni comunali, non hanno mai fatto nulla per loro. Anzi da anni cercano di avere colloqui con gli amministratori per rivendicare che il campo dove li hanno insediati non è a norma igienico sanitaria, che hanno gli estintori fuori uso, che esistono due bagni per 90 persone, ma tutti sono sempre stati sordi. Quando finalmente è sembrata arrivare una soluzione ai loro problemi ecco che i soliti cittadini maggioritari impauriti dagli stereotipi mediatici, bloccano tutto. Dove sono quindi i loro diritti di cittadini?
A me sembra che siano stati nuovamente calpestati. Per quanto riguarda l'integrazione debbo affermare che questi cittadini, pur mantenendo le loro tradizioni si sono integrate benissimo, essendo - almeno per quanto riguarda i sinti - da millenni cittadini italiani e da generazioni cittadini vicentini. Alcuni di loro infatti, hanno fatto richiesta di unità abitative comunali e altri invece proprio per loro cultura preferiscono vivere nelle "campine". Certo non pretendo che qualcuno di noi maggioritari borghesi, abituati a vivere comodamente nelle nostre quattro mura possa comprendere questo modo di vivere, ma certo potrebbe proprio per una interazione, anzi integrazione con queste comunità , accettarlo. La invito comunque a fare un giro con me al campo di Viale Cricoli e a conoscere queste famiglie per comprendere quanto non siano diverse dalle nostre e forse potrebbe ricredersi su alcuni costrutti che spesso ci costruiamo.
Irene Rui
Resp. dipartimento per le politiche migratorie ed etniche
Rifondazione Comunista - Federazione di Vicenza
Cara signora Rui,
le rispondo con ordine. A chiarire per primo che è sbagliato chiamarli nomadi sono stato io nell'articolo. Proprio per questo, e cioè per il fatto che sono stanziali e molti di loro cittadini regolari a tutti gli effetti, secondo me la soluzione non può essere quella prospettata dall'assessore John Giuliari e caldeggiata da lei e, deduco, dal suo partito. Perché, invece di avere due grandi "campi di concentramento", come li chiama lei, ne avremo cinque, solo più piccoli. E' proprio la logica del ghetto, anzi dell'autoghettizzazione che ho contestato e che contesto (e che mi compiaccio di vedere abbandonata dalla giunta di centrosinistra, che ha proceduto allo stralcio dal Pat delle micro-aree osteggiate da parte del Pd e criticatissime dal Pdl). Alcuni di loro hanno fatto richiesta per case popolari? Benissimo: questa è la strada giusta. Quella, ribadisco, per cui il Comune deve sì farsi carico di questa minoranza, ma a patto di metterla sullo stesso piano di parità col resto della popolazione bisognosa. Nessuna ostinazione o pregiudizio da parte mia, come vede, semmai il contrario. L'ultima questione, che poi è quella di fondo, è l'accettazione di uno stile di vita diverso dal modo di vivere della maggioranza, che nel caso dei rom e sinti s'identifica con la "famiglia allargata", con il clan. Ora, poniamo che io volessi vivere in una comune hippie, e che perciò necessiti di uno spazio sufficientemente grande e separato per impiantarci la mia comunità di fricchettoni. Dovrei comprarmi un terreno, dopodiché sarei libero di invitarci dentro chi mi pare e realizzare la mia società alternativa. Non sarebbe anche questo un "modo di vivere" da rispettare? Eppure non potrei avanzare nessun diritto particolare all'amministrazione pubblica, se non quello di lasciarmi in pace. So bene che qui stiamo parlando di una parte di popolazione con caratteristiche etniche e culturali sue proprie, ma insomma, parliamoci chiaro: non si può pensare all'integrazione "a pezzi", un po' sì e un po' no, cinque campetti al prezzo di due, evitando di affrontare i nodi essenziali che sono un'abitazione come tutte le altre e un lavoro che li inserisca nel tessuto sociale. Oppure niente, si dica pure no al dogma dell'integrazione a tutti i costi, qua mica siamo fissati. E allora essi stessi per primi, gli eredi dei gloriosi nomadi, tornino ai loro antichi, nobilissimi, errabondi costumi.
Alessio Mannino