Referendum autonomia Veneto, servirà il voto favorevole del Parlamento
Giovedi 23 Febbraio 2017 alle 08:28 | 0 commenti
Fa sapere il governatore della Lombardia Roberto Maroni che oggi sarà a Roma, per incontrare il ministro dell’Interno Marco Minniti: «Gli chiederò se il governo intende accogliere la richiesta di accorpare il referendum per l’autonomia con le elezioni amministrative - anticipa Maroni -. Se dice no, ne parlerò con Zaia e decideremo un data comune, certamente entro quest’anno». Difficile che il titolare del Viminale cambi rotta rispetto al suo predecessore, Angelino Alfano, nonostante l’apertura a Zaia («Ne parleremo» gli disse qualche tempo fa: da allora, più nulla), anche perché la linea del governo sui referendum autonomisti di Veneto e Lombardia resta sempre quella e cioè le Regioni si facciano le loro consultazioni, e se le paghino, poi si inizierà a ragionare secondo il dettato della Costituzione.
 Lo ribadisce, una volta di più, il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa: «Non so se impugneremo la nuova legge approvata dal consiglio regionale del Veneto, la questione è squisitamente tecnica e saranno i nostri uffici legislativi a dirci se ci sono o meno nuovi margini di incostituzionalità . In ogni caso, il referendum per noi non è un problema. Dovrebbe esserlo per i veneti, semmai, perché costerà 14 milioni e non servirà a nulla se non a fare campagna elettorale per Zaia. Come ho detto fino allo sfinimento - conclude il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio -, le condizioni per negoziare nuovi margini di autonomia, dopo la consultazione, saranno esattamente le stesse di oggi». La scelta del Pd di astenersi nell’ultimo passaggio consiliare? «Hanno evidenziato l’assoluta strumentalità dell’operazione, credo che a questo punto non vogliano ostacolare la chiamata al voto. Zaia vuol fare il referendum? Lo faccia». E una volta fatto, che accadrà ? Dando per scontato che i veneti vadano a votare in massa e che stravinca il Sì, cosa succederà il giorno dopo? La road map è già tracciata. Zaia si ripresenterà in consiglio e presenterà all’aula il programma di negoziati che intende condurre con lo Stato, unito al disegno di legge statale contenente «i percorsi e i contenuti per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia per la Regione». Attenzione: trattandosi di un disegno di legge statale, dovrà necessariamente passare il vaglio del parlamento ed essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione (è quindi alto il rischio che tutto finisca in un cassetto polveroso della capitale, come accadde nel 2007). Quanto ai contenuti del disegno di legge statale, sono già anticipati dalla delibera 315 del marzo 2016, spedita anche all’allora premier Matteo Renzi e al ministro degli Affari regionali Enrico Costa, che costituisce il canovaccio principale del testo a cui sta lavorando i tecnici del gruppo costituito nel novembre scorso. Tra le competenze oggi riservate in via esclusiva allo Stato si leggono l’istruzione (norme generali) e l’ambiente; tra quelle concorrenti sono invece elencate: la tutela della salute, l’istruzione, la ricerca scientifica, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni culturali, la promozione e l’organizzazione delle attività culturali, i rapporti internazionali e con l’Unione Europea, la protezione civile e il coordinamento della finanza pubblica. A queste competenze legislative dovrebbero far seguito le relative funzioni amministrative, le risorse umane e strumentali e soprattutto quelle finanziarie, sintetizzate così: «Spettano alla Regione, oltre alle singole devoluzioni di gettiti per specifiche funzioni e agli attuali tributi propri, le seguenti quote di compartecipazione ai tributi erariali riscossi nel territorio della Regione stessa: 1) nove decimi del gettito dell’Irpef; 2) nove decimi del gettito dell’Ires; 3) nove decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto». È il celeberrimo «modello Trento e Bolzano» di cui parla Zaia. Quante possibilità ha il Veneto di raggiungere un’intesa col governo e far poi approvare dal parlamento una proposta di tale portata? Secondo il Pd, nessuna. Secondo i leghisti, «moltissime perché dopo il plebiscito non potranno più mettersi di traverso». Altri, più cauti, ricordano che si deve sempre puntare alla luna, per sperare di arrivare alle stelle.
Di Marco Bonet, da Corriere del Veneto
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