Rebecca: Monti smantella il commercio, le liberalizzazioni attese sono ben altre
Lunedi 19 Dicembre 2011 alle 16:10 | non commentabile
Sergio Rebecca, Confcommercio di Vicenza - Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza, interviene sulle misure del provvedimento oggi votato alla Camera: "Stiamo ancora pagando gli effetti della mancanza di regole sul mercato finanziario e ora ricadiamo nello stesso, grave, errore"
«Le liberalizzazioni del Governo Monti sono solo "fumo negli occhi", perché non incidono sui veri privilegi e sulle corporazioni e si accaniscono invece contro un settore, quello del commercio, che da questa nefasta deregulation ne uscirà totalmente destrutturato.».
Continua Rebecca: «E' facile prevedere che, senza limiti su orari, chiusure e distanze tra esercizi commerciali, alla fine "lasceremo sul campo" migliaia di aziende con conseguenze gravissime sul fronte occupazionale, in un settore che dà lavoro, per citare i soli dipendenti, ad oltre un milione di persone». Bastano queste parole per evidenziare la forte preoccupazione del presidente della Confcommercio di Vicenza Sergio Rebecca sui provvedimenti della manovra Monti, che riguardano gli esercizi commerciali e la liberalizzazione delle attività economiche.
Per far sentire ancor più forte la propria voce, Confcommercio ha pubblicato nella giornata di ieri (18 dicembre), su "Il Giornale di Vicenza" e sui principali quotidiani italiani una lettera aperta indirizzata al Presidente Monti il cui messaggio, "Liberalizzazione sì, ma per tutti. Concorrenza sì, ma come in Europa", riassume la posizione della più grande associazione nazionale di rappresentanza.
"Altro che Salvare l'Italia - rincara il presidente Rebecca - qui si vuole smantellare il commercio con l'unico obiettivo di accondiscendere alla voce grossa e potente dei poteri forti, che hanno ottenuto ciò che volevano, ovvero mano libera sulla rete commerciale e il suo futuro. Senza valutarne le conseguenze disastrose sul commercio di vicinato, sul servizio di prossimità , di fatto vanificando gli sforzi di tutti coloro, in primis delle associazioni come la nostra, di rivitalizzare i centri storici ed i quartieri. Con questo favore ad alcune grandi strutture di vendita, che di fatto ottengono di poter aprire 24 ore su 24, festivi compresi, si obbliga la piccola e media distribuzione commerciale ad una condizione insostenibile, a un surplus di costi e di lavoro che metterà queste imprese in ginocchio. Come tutto ciò possa centrare con le strategie per "salvare l'Italia", francamente non lo capiamo, anzi, ci preoccupa molto. Ad oggi, l'unica spiegazione che ci è chiara - continua il presidente Rebecca - è che le liberalizzazioni toccano solo gli orari dei negozi e, fra qualche mese, la programmazione in materia di commercio, mentre non si parla minimamente di introdurre alcuna reale concorrenza e nemmeno di togliere rendite di posizione in altri settori, nei quali è prioritario introdurre assetti di mercato realmente competitivi, ovvero ferrovie, gestioni autostradali e aeroportuali, governance bancaria e assicurativa, settore energetico, ordini professionali. Queste sarebbero le vere liberalizzazioni che possono agevolare la ripresa e di cui i cittadini sentirebbero davvero beneficio!".
In effetti, la manovra del governo Monti, che sta per essere approvata definitivamente dal Parlamento, per il settore commercio stabilisce la libertà totale degli orari dei negozi e quella di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio, senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali. In pratica: una rivoluzione che sicuramente andrà a modificare l'attuale asset della rete commerciale esistente.
"Togliere le regole, lasciare che sia il mercato ad autodeterminarsi - spiega Rebecca - lo abbiamo visto cosa significa. Tutti stiamo pagando infatti le conseguenze di aver lasciato liberi i mercati finanziari, con la nascita delle varie "distorsioni" che oggi chiamiamo con il nome "derivati", "sub-prime" e altri fittizi prodotti della logica del profitto a tutti i costi. Perdere il controllo sullo sviluppo e sulle reali conseguenze di un determinato settore, nel nostro caso il commercio - rincara il presidente -, far sì che il territorio diventi terra di nessuno e di tutti, dove chiunque può decidere di insediare un punto vendita di grandi dimensioni senza tener conto degli equilibri estremamente precari in cui, di fatto si trovano ad operare migliaia di imprenditori commerciali, significa lasciare che a prevalere siano i più forti, con buona pace per chi, come noi, da sempre si batte per far coesistere piccola, media e grande distribuzione, per offrire ai consumatori un servizio di vendita capillare, che resti il motore della rivitalizzazione dei centri storici e dei quartieri".
Tornando a parlare di aperture dei negozi, il presidente Sergio Rebecca rileva che "in tutti i paesi dell'Unione europea gli orari sono regolamentati, sia pure con estensioni diverse legate anche alle condizioni climatiche ed ai costumi locali, e in nessun paese vi è libertà di apertura per 365 giorni l'anno o per tutte le domeniche o tutti giorni festivi, come dovrebbe avvenire in Italia. Se dobbiamo guardare all'Europa, recepiamo almeno le indicazioni in modo corretto! La via della completa liberalizzazione degli orari, anche nelle giornate domenicali e festive, non lo si fa né in Francia, né in Germania. Ovunque poi, anche quando sono previste eccezioni, si stabiliscono obblighi di chiusura per le più importanti festività religiose o nazionali. Ricordiamoci che fin dalla riforma Bersani del '98 i negozi e i supermercati in Italia possono stare aperti 13 ore nell'arco della giornata, dalle ore 7 alle 22.00 e nelle zone turistiche o nei comuni ad economia turistica, anche la domenica. A chiunque è chiara l'agenda delle priorità d'azione, tra le quali certamente non compare
l'ennesima "liberalizzazione" di facciata del settore più concorrenziale che ci sia oggi in Italia, appunto il commercio".