Processo breve, slitta l'esame. Tempesta alla Camera
Giovedi 31 Marzo 2011 alle 19:31 | 0 commenti
Rassegna.it - La maggioranza chiede il rinvio al 5 aprile. Pd: "Resa indecorosa". I ministri accusano Fini di non averli fatti votare. Rosy Bindi ai manifestanti in piazza Montecitorio: "Non abbandonate il presidio, è molto importante".
La proposta di legge sul processo breve dovrà aspettare martedì 5 aprile. Dopo una mattinata colma di tensione, infatti, oggi, giovedì 31 marzo, l'aula della Camera ha approvato a larga maggioranza il rinvio dell'esame e del voto sul processo breve a martedì prossimo, così come chiesto dal Pdl.
Una "resa incondizionata", quella della maggioranza e del governo, ha detto in aula il capogruppo dei Democratici, Dario Franceschini. In effetti la maggioranza è stata battuta a inizio seduta, e la richiesta del Pd di rinviare il testo in commissione è stata bocciata con soli 2 voti di scarto: segnali sufficienti d'allarme, per i berluscones, che hanno preferito rinviare tutto a quando avranno più numeri per sostenere il contestato provvedimento.
La giornata si è infiammata subito. L'aula ha ripreso l'esame della controversa proposta di legge dopo che ieri, il 30 marzo, la maggioranza con un blitz l'aveva portata all'ordine del giorno, stravolgendo i lavori parlamentari e innescando polemiche furiose dentro e fuori al Parlamento.
Oggi si è ripreso sugli stessi toni. Ad apertura di seduta, maggioranza e governo sono andati sotto nel voto sul processo verbale della seduta di ieri (video). Le opposizioni, Pd, Udc e Idv, hanno contestato che nel processo verbale non ci fosse esplicito riferimento all'episodio che ha visto protagonista il ministro Ignazio La Russa ieri ("conigli" detto alle opposizioni, e "vaffanculo" gridato al presidente della Camera, Gianfranco Fini). La votazione ha visto un pareggio e dunque il processo è stato respinto, per essere approvato un paio d'ore dopo, con riferimenti più chiari al richiamo di Fini a La Russa.
Ma intanto la polemica si è innescata. Mancando i numeri nella maggioranza, il Consiglio dei ministri è stato interrotto per consentire ai deputati dell'Esecutivo di votare. Molti di loro (Mara Carfagna, Raffaele Fitto, Angelino Alfano), però, non hanno fatto in tempo a votare, contestando a Fini di non averglielo consentito.
Con un gesto di stizza, il guardasigilli Alfano ha gettato il proprio tesserino per le votazioni in aula verso i banchi delle opposizioni. Lo denuncia Antonio Di Pietro che chiede "le immediate dimissioni del ministro". Contemporaneamente, secondo quanto riferiscono alcuni deputati, dai banchi del centrodestra è stato lanciato un giornale contro il presidente della Camera. E Pdl e Lega hanno chiesto le dimissioni di Fini, accusandolo di non essere stato imparziale durante la votazione, chiudendola troppo in fretta per impedire ai ministri di votare.
Nel frattempo fuori dalla Camera, in piazza Montecitorio, prosegue la mobilitazione dell'opposizione, del Pd, del Popolo Viola e dell'Idv. Regolarmente dietro le transenne di piazza Montecitorio (diversamente da ieri) è in corso una manifestazione contro il governo. Campeggia uno striscione del Pd con scritto "la legge è uguale per tutti", mentre i manifestanti si fanno sentire ritmando 'a casa a casa' all'indirizzo del governo.
La presidente del Pd Rosy Bindy, che oggi in un'intervista a Repubblica ha chiesto al suo partito un cambio di rotta e l'abbandono dei lavori parlamentari, ha raggiunto i manifestanti in piazza e parlando da un megafono li ha invitati "a non abbandonare il presidio davanti alla Camera. E' molto importante- ha detto - che mentre noi facciamo la battaglia parlamentare in aula, non si fermino le manifestazioni in ogni piazza del paese". Il viola Gianfranco Mascia, le ha proposto una mobilitazione in tutto il paese tra l'8 e il 9 aprile. "Vediamo - ha risposto Bindi - queste cose dobbiamo deciderle insieme in un grande coordinamento di partiti e associazioni. Tutti insieme, saremo le sentinelle delle istituzioni e del paese".
Nel Pd, però, la linea di Bindi non convince tutti. "L'opposizione ha il dovere di restare in aula a fare le proprie battaglie, le giornate di ieri e di oggi lo dimostrano chiaramente". Così Dario Franceschini, capogruppo Pd alla Camera. "Finché io sarò capogruppo - dice - noi staremo qui a fare le nostre battaglie". "Di Aventino nella storia ce n'è già stato uno e visto com'è andato a finire direi che può bastare. Noi restiamo in aula a fare il nostro dovere".
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