Problema medici di base, Crimì spiega la situazione
Mercoledi 26 Giugno 2013 alle 11:50 | 0 commenti
On. Filippo Crimì, PD - Una recente indagine ha rivelato un trend negativo nel numero di medici di base e di medici specialisti all'interno del nostro sistema sanitario. Questa previsione negativa è dovuta alla attuale strutturazione del percorso formativo del medico e non al numero chiuso, previsto a livello europeo per l'accesso a Medicina a garanzia della qualità degli studenti e della qualità della formazione.
Oggi per poter lavorare come medico nel Sistema Sanitario Nazionale occorre essere specializzati o formati come medici di medicina generale.
Già quest'anno accademico il numero dei laureati in medicina usciti dalle Università è stato di gran lunga superiore rispetto al numero delle borse messe a disposizione dal Ministero e dalle Regioni.
Per quanto riguarda la medicina generale i bandi sono predisposti e finanziati dalle Regioni ed anche in questo caso in numero assolutamente insufficiente.
Per far fronte al fabbisogno di specialisti e di medici di medicina generale è necessario, pertanto che lo Stato e le Regioni aumentino il numero dei relativi contratti.
Se ciò non accadrà molti dei nostri giovani medici saranno costretti ad emigrare all'estero per completare i loro studi con la conseguente perdita per lo Stato di risorse intellettuali ed economiche.
Ulteriore problema è dato dal mancato coordinamento del tempo di laurea con l'esame di Stato e la Specializzazione; infatti oggi un laureato in medicina dopo i 6 anni di Università deve attendere almeno un anno per sostenere l'esame di Stato ed affrontare gli esami di specialità . Se poi si tiene conto che la durata della Specializzazione in Italia e mediamente superiore di un anno rispetto a quella delle altre nazioni europee, significa che nel migliore dei casi un giovane medico italiano inizierà a lavorare nel SSN non prima dei 32 anni.
Si sta lavorando a livello nazionale con il Ministro Carrozza per rivedere la struttura della formazione medica per abbreviarne l'iter formativo, riducendo i tempi morti e riportando la durata della specializzazione ai tempi previsti dalla direttiva europea, con l'impegno del Ministero di reperire i fondi necessari a coprire un numero maggiore di contratti di formazione per i prossimi anni.
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