Materie prime: la speculazione non può tenere in scacco l'economia reale e intere nazioni
Sabato 23 Aprile 2011 alle 09:13 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Assessore regionale Lega Nord - E' difficile valutare l'andamento dei mercati internazionali delle materie prima: il prezzo del petrolio non è aumentato come conseguenza di un aumento della domanda, la quale invece s'è raffreddata, bensì per i timori legati alla crisi del mondo islamico; l'aumento, in altre parole, è legato alla speculazione di chi punta ad una fase di forte instabilità geopolitica, tale da incidere profondamente nei livelli produttivi.
Il trend dell'oro, in quest'ottica, potrebbe essere una riprova di un timore molto più diffuso di quanto non si pensi, che spazia dai grandi operatori sino alle famiglie. Ma da un punto di vista strettamente economico, l'aumento del prezzo del petrolio che viaggia verso i massimi pre-crisi non ha senso. Altre materie prime lasciano molto perplessi: è vero che l'economia tedesca tira e che quella cinese, nonostante i rischi inflattivi, potrebbe crescere ancora del 9 per cento spinta anche dai consumi interni, mentre Brasile, Russia, India, Corea del Sud e Sud Africa continuano a marciare a pieno ritmo, ma c'è chi teme che l'aumento straordinario registrato da molte materie prime, ad iniziare da metalli quali il rame, debba indurre alla prudenza. Cosa accadrebbe se si avverassero le previsioni di chi già da tempo ammonisce sulle possibilità di uno "sboom made in China" cioè sulle possibilità di una implosione dell'economia cinese?
E' vero che molte analisi invitano a guardare al futuro con un certo ottimismo: la stessa Arabia Saudita, maggior produttore mondiale di greggio, stima una domanda mondiale pari a 1,4 barili al giorno, sintomo di una economia globale che viaggia.
Ma è anche vero che alcuni beni hanno raggiunto livelli di prezzi inquietanti, con eccessivi aumenti, dettati dalla speculazione, che lasciano presagire una fase di elevata vulnerabilità con possibili picchi di vendite e crolli improvvisi. In un contesto socio-economico complesso e complicato dalle crisi geopolitiche che scuotono i paesi più poveri (non solo quelli islamici o mediterranei) la speculazione può diventare l'epicentro di un terremoto disastroso: la grande lezione della recente crisi generata attorno alla finanza dei derivati e ai mutui subprime, crisi che si è scaricata poi nell'economia reale, non sembra essere stata del tutto compresa.
Gli speculatori, in altre parole, non possono tenere in scacco l'economia reale determinando la qualità della vita delle persone: caso limite, economicamente ma anche eticamente, è quello delle derrate alimentari: non è pensabile scommettere su riso, mais, patate e via dicendo e aumentare artificialmente i prezzi con il rischio di affamare milioni di poveri, destabilizzando intere aree del pianeta.
Per la prima volta nel 2009 i poveri al mondo sono stati stimati in oltre un miliardo di persone e quest'anno, a gennaio, il paniere Fao di beni che comprende tra l'altro cereali, semi oleosi, latte, carne e zucchero, ha superato i prezzi pre-crisi del 2008. Solo dall'estate dello scorso anno i poveri al mondo, secondo la Banca Mondiale, sono aumentati almeno di 44 milioni.
E' in questi ultimi dati, e in già nell'andamento del petrolio o dell'oro, che noi possiamo scoprire le ragioni delle tensioni che agitano oggi parte dei paesi del mediterraneo islamico, ma che covano come bombe innescate in vaste aree del mondo, dall'Africa all'Oriente. Bombe che potrebbero esplodere da un momento all'altro.
Ciò determina l'esigenza di nuove regole, nuovi atteggiamenti verso i paesi poveri e verso quelli che poveri non sono più e che non possono giocare con il dumping sociale e ambientale, dobbiamo arginare la forza degli speculatori, della finanza creativa che ancor oggi non demorde, delle agenzie di rating che in un modo o nell'altro condizionano la vita degli stati.
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